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Il poderoso "Atlante della Fine del Mondo" di Davide Morganti, uno scrittore incredibile

Il poderoso "Atlante della Fine del Mondo" di Davide Morganti, uno scrittore incredibile

Davide Morganti

«Storia di uno scrittore incredibile. Sono sempre stato un fan di Davide Morganti. Un fan silenzioso. Da tempo cullavo il sogno di poter pubblicare un suo volume. Tutti mi dicevano è pazzo, Davide è ingestibile. Un giorno mi faccio anima e coraggio e gli mando un messaggio su Facebook. Lui mi risponde più o meno così: "Ho scritto 250 racconti, li vuoi pubblicare?". [...] Rispondo: “Sì”. Ho comprato 250 racconti di Davide Morganti, ma soprattutto ho scoperto uno scrittore. [...] Uno che in ogni pezzo che scrive, ogni pezzo, ti stupisce con una trovata letteraria, con una genialata, con qualcosa che ti lascia di stucco. Mi sono emozionato davanti all'opera di Davide, davanti ai suoi titoli, alla sua libertà, alla sua lingua senza un pelo. [...] Non voglio svelarvi altro. Vi dico solo che un'opera del genere in Italia non esiste, che è una roba che passerà alla storia, è una roba per cui vale la pena fare l'editore e investire tempo e risorse. [...] Un giorno potrò dire di aver pubblicato l'opera più importante di Davide Morganti»
Rosario Esposito La Rossa
“Atlante della Fine del Mondo: il giro del mondo in 250 racconti”, Cafiero&Marotta editore, è l'ultimo libro di Davide Morganti, anche se sarebbe più esatto scrivere che è il suo primo libro, perché è un'opera che rende giustizia al suo talento, e alla sua capacità di osservare e raccontare la realtà, una realtà che Davide Morganti afferra e assorbe in maniera totalizzante, senza farsi avvolgere da nevrosi e da criticità, al punto da essere distante da tutto ciò che creerebbe un corto circuito tra lui e la scrittura.
Davide Morganti lo si incontra nei suoi libri, ed è lì che lui dà il massimo. Fuori dai libri c’è l'uomo, e l'uomo vive a prescindere da ciò che scrive, anzi si diverte a osservare lo scrittore mentre "inciampa" tra finzione e realtà, e se la ride, senza che la cosa abbia risvolti esasperati da narcisismo pubblicitario.
Tutto questo fa sì che Davide Morganti mantenga la propria capacità di scrittura alta, e proprio la capacità di godersela, come se scrivere fosse un fatto segreto, e per questo una dote da preservare con grande cura, rende Davide Morganti scrittore assoluto.
La sua tenuta di scrittura, che è tenuta di sé, fa sì che per 250 racconti lui non abbia nessun bisogno una baraonda di protagonisti, ne basta uno, un po' sghembo, Casimiro Boboski, per tenere in piedi mondi, paesaggi, storie, confini, come nella tradizione della narrazione classica perché se il protagonista incespica nella vita, la vita si riflette in maniera nitida in tutte le sue iperboliche sfaccettature.
In pratica con il suo atlante e con il suo protagonista, Davide Morganti ci restituisce la capacità, tutta umana, di poter vivere a sensi accesi, e in una dimensione comunitaria, dimensione comunitaria che è anche religiosa, e in più ci dice che questa capacità non è un fatto squisitamente intellettuale ma è appannaggio di chiunque, al netto di qualsiasi violenza, e di qualsiasi accidente, e che la capacità di narrare, e di affabulare, niente hanno a che fare con lo status del narrante, se mai queste capacità sono legate alla possibilità di scrivere con libertà.
E se da una parte il sottotesto di questa opera leggera e complicata è che: scrive chi sa vivere per sé, dall'altra parte c’è tutta la fatica di riuscire a centrarsi, senza dimenticare il passato, per non dovere partire con una narrazione della realtà preconfezionata.
Eppure di fronte a questo libro, in linea totale con l'attività di scrittura del suo autore, c’è chi se ne stupisce, bonariamente , vedi il Ceo di "Cafiero&Marotta" citato in apertura del pezzo, come se fosse un’impresa impossibile mettere insieme un impianto narrativo sì fatto.
In fondo Davide Morganti attraverso Casimiro Boboski, e le sue avventure nei cinque continenti, si pone l’eterna domanda che ognuno di noi si fa, o dovrebbe porsi, di fronte all’imprevisto, che assurge a fenomeno collettivo, e cioè si chiede: “Come avrei affrontato questa situazione se fossi stato lì ?” Da qui la presenza del povero Casimiro in luoghi e situazioni note, un dono dell’ubiquità che non è solo del Padreterno ma che è proprio della scrittura, scrittura che per evitare che il mondo scompaia deve continuamente rubare margini alla vita, ridefinendone i confini.
E non è un caso che Casimiro si occupi di disegnare bandiere nella realtà, un modo per mantenere i piedi per terra, vista la sua tendenza alla sottomissione e alla bonarietà, e quindi la sua difficoltà a stare nei suoi di margini.
Come tutti gli atlanti anche questo di Davide Morganti pesca nell'attualità e nella storia, riconoscendo alla geografia un posto tutt'altro che secondario, per la capacità della geografia di rendere uguali le situazioni, al di là della latitudine e della longitudine, e quindi di livellare il contingente e i continenti.
E poi c’è il linguaggio, l'abilità di Davide Morganti di cambiare registro, una cosa che solo chi sa scrivere per davvero riesce a fare, perché il vero scrittore è onnivoro, e così come legge di tutto, allo stesso modo riscrive, senza paura di non essere compreso e capito.
Un fatto questo dei cambiamenti di stile e di registro che è contro tutte le regole del mercato librario, soprattutto di quello vigente, che necessariamente deve dare a ogni autore una patente di genere, perché oggi, più di ieri, la possibile moltitudine delle voci della scrittura sembra essere un impedimento alla lettura, al punto da essere stata abolita.
Ma Davide Morganti fa come gli pare, e perché non dovrebbe, la faccia è la sua, ed è lui per primo che deve riconoscersi in ciò che scrive.
Al di là della storie che l’atlante contiene, e della capacità di Casimiro di percorrere il noto e l'ignoto del mondo e del vivere, quello che resta di questa opera è l'integrità del lavoro di Davide Morganti, il suo essere totalmente a servizio del mestiere di scrivere, senza reticenze e senza concessioni leziose, soprattutto senza la paura della fine.
«Il mondo, girando, si usura, si consuma, come strusciasse contro qualcosa, la fine è nelle cose, in fondo morire è solo tornare all’Origine, e rientrare a casa dopo tanto tempo fa sempre paura perché intanto sei cambiato »

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