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Cathay Hotel. Una storia del Novecento tra Cina ed Europa

Cathay Hotel. Una storia del Novecento tra Cina ed Europa

Ho incontrato Massimo Terni, la prima volta, più di trenta anni fa, era vestito di bianco, bianco panna. Indossava un completo giacca pantalone, e come sottogiaccia aveva un dolce vita che virava nel ruggine, mi ricordo anche come ero vestita io, indossavo un cappotto panna dal taglio impeccabile, così mi disse, e così era.
Questo fatto è importante perché credo che questa cosa, l’essere entrambi giustamente rappresentati dagli abiti, ha fatto sì che il nostro rapporto prima tra professore e allieva, Massimo Terni è stato mio professore all'Università, si trasformasse poi in un'amicizia, a vita, sincera.
Le amicizie sono anche un fatto estetico, e nel caso di entrambi l'estetica è importante, forse perché sappiamo che senza estetica non esiste etica e di conseguenza non possono esistere rapporti di uguaglianza tra gli esseri umani.
La premessa è necessaria perché mi sto accingendo a raccontarvi “Cathay Hotel”, il romanzo autobiografico di Massimo Terni, romanzo edito da Ponte di Sisto, ( e acquistabile solo on-line, la casa editrice, piccola, non vuole essere fagocitata dalla grande distribuzione, un problema enorme del mercato librario in questo paese, problema cui è difficile porre rimedio), un libro estetico che narra la vita dell’autore, il suo essere figlio di due mondi lontani, l'Occidente e l'Oriente - suo padre era un avvocato italiano e sua madre una signora cinese, una donna di rara bellezza - e della difficoltà di farli coincidere questi mondi attraverso di loro, e attraverso la Storia.
Un'operazione complessa e ardita che ha richiesto una notevole dose di coraggio perché ciò che il romanzo narra è vero, non verosimile, e perché le pagine dense sono un enorme vortice, vortice in cui ognuno di noi può essere risucchiato, senza che possa farvi resistenza.
I romanzi, quelli difficili da mettere in piedi a tavolino, richiedono sempre un ampio respiro, ma che è anche data dalla consapevolezza che scrivendo serve avere chiaro chi si è, e come sia necessario usare con lucidità la parola per rappresentarsi al meglio.
Una scelta identitaria dunque e una scelta estetica, tanto per rimanere in tema, e in questo caso l'estetica dei protagonisti, il loro essere parte di mondi e di famiglie non comuni fa la differenza in termini narrativi, poi c’è il mestiere, quello dello storico, mestiere che Massimo Terni esercita in maniera permanente. Il suo abito per ogni stagione, un abito che consente al libro di essere tutto ciò che un libro rivolto a chiunque deve avere, e cioè un perfetto accordo di generi, una continua messa in scena di storie e di situazioni che impongono all'autore e al lettore di farsi parte e comunità.
Le persone e i luoghi che si snodano tra le pagine del romanzo sono talmente varii che potrebbero essere descritti, singolarmente, in centinaia di altri libri francobollo, e cioè in libri che scelgono un personaggio/protagonista, un luogo, e ne vanno a indagare la vita e i misfatti, in maniera narcisistica e ossessiva, ma servirebbe un'operazione di macelleria letteraria esasperante e inutile, inutile almeno per l'autore. Perché la domanda prima di Massimo Terni, e di ognuno di noi, è sempre la stessa, ed è identitaria e cioè è: chi sono mio padre e mia madre, e io chi sono, una domanda su cui si avvitano in molti, tanto da perdersi e che invece lui risolve, proprio perché comprende che è lui la risposta a questa domanda, così da rendere inutile la costruzione di microlibri su microstorie.
Una risposta questa che va anche a ricercare in quel Cathay Hotel di Shanghai che dà il titolo al libro, e che è l'unica casa che abbia mai vissuto insieme a suo padre e a sua madre, tanto che il Cathay conserva, nei registri e nella memoria di chi ancora vi lavora, quando lui l'ha abitato, il loro essere stati famiglia in quel luogo.
In mezzo a tutto questo c’è la costruzione del nostro mondo, quello in cui viviamo, il mondo che cerca di mettere insieme Occidente ed Oriente attraverso la democrazia e il capitale.
Ci sono poi tutti i miti classici che ci accompagnano dell’alba dell'umanità: la bellezza, il potere, l’alta borghesia che mai diventa diversa da sé, la decadenza dello status sociale, decadenza che passa attraverso l’alcolismo, i rotocalchi, il provincialismo mondiale e la pacificazione di una vita, quella dell’autore, dopo un lunghissimo, e feroce, vagabondaggio umano e geografico.
Insomma questo libro è un romanzo di quelli impossibili a scriversi senza una vita a supporto, una vita pubblica e privata, alla maniera dei grandi russi, e per questo il libro ha incontrato nel suo cammino delle difficoltà.
Massimo Terni scrive però senza nessuna necessità di farne un lavoro, né scrive per fama, e queste motivazioni pongono il libro in una prospettiva di più ampia libertà, che è poi la prospettiva più giusta per chiunque scriva, la prospettiva in cui dovrebbe mettersi anche il lettore, quando sceglie di abbandonarsi a un altro per galleggiare con voluttà, e senza paura, in mare aperto.
 
« LONDRA ANNI SETTANTA
È passato quasi mezzo secolo dalla morte di Piero Terni. Un uomo sventurato, avventuriero per vocazione o debolezza. A questo punto della vita, superata la soglia che separa l’età adulta dalla vecchiaia, anche io mi sento vicino a un traguardo che nella giovinezza si tende a non considerare. È venuto il momento di raccontare una vicenda che mi ha sempre turbato, suscitando interrogativi inquietanti rimasti senza risposta. In realtà, era ed è, una storia immersa in un mistero. Vorrei dire di più, azzardando un’ipotesi presuntuosa ed egocentrica: il suo destino, in parte drammatico e in parte miserabile, pur nel suo piccolo, non appartiene solo a me, suo figlio Max jr, ma alla grande narrazione, quella del Novecento. Comincerò da un episodio che a suo tempo mi sconvolse lasciando una traccia indelebile »     
Questo è l'incipit Il resto lo trovate in “Cathay Hotel” di Massimo Terni, Edizioni Ponte Sisto.
Buona lettura.

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