IL MATTINO
Cultura
21.12.2022 - 18:11
Eduardo De Filippo
Ultimamente Eduardo, la sua storia, o meglio la storia dei De Filippo, e del loro teatro sono tornati prepotentemente d'attualità, complici i film di Mario Martone e di Sergio Rubini, quelli di Eduardo De Angelis (il riadattamento di “Sabato, domenica, lunedì” e di “Natale in casa Cupiello”) e la “Filumena Marturano” di Francesco Amato. Eppure Carolina Rosi, moglie del defunto Luca De Filippo, con la sua compagnia, continua a mettere in scena il teatro di Eduardo, per come è arrivato a noi da Eduardo stesso, senza che il pubblico se ne lamenti, e allora perché c’è questo bisogno di trasporre Eduardo e di condurlo altrove, spesso in maniera artefatta?
Per rispondere a questa domanda ci viene in aiuto un testo di Giovanni Marino, docente universitario, studioso di diritto e anche di Eduardo, autore che ha scandagliato talmente tanto bene da avere individuato in lui la presenza e la nascita di un diritto sentimentale, quel diritto sentimentale che contiene il teatro tutto dell'attore partenopeo, così da renderlo nuovo, contemporaneo, cosa questa che rende l'opera di Eduardo ancora da scoprire, al punto da ingenerare il bisogno di rimetterlo in scena in maniera altra, operazione per altro difficile perché gli echi del teatro di Eduardo sono ancora troppo recenti per non essere un rumore bianco, rumore bianco costante, alla visione delle sue opere, opere messe in scena in maniera più carica e molto poco essenziale.
La nascita con Eduardo di un diritto sentimentale è la giusta conseguenza di una vita che pose i figli mai riconosciuti, ma certi, di Eduardo Scarpetta e di Luisa De Filippo, in perenne bilico affettivo, un bilico che poteva essere ricomposto solo sulla scena, l'unico luogo dove i De Filippo incontravano sentimenti ed emozioni, e dove il loro essere figli d'arte era talmente palese da mettere a tacere ansie e desideri di riconoscimento.
Che poi nella vita i fratelli De Filippo fossero scarsamente empatici tra di loro poco importava, almeno in apparenza, nei fatti non fu mai così, e la prova ce la da non solo quello che attraverso il mestiere rappresentavano, ma anche ciò che attraverso i carteggi e i libri che riguardano la loro vita, libri che Peppino e Titina, grazie al figlio nel suo caso, diedero alle stampe, mai Eduardo .
Eppure a un’analisi più attenta è proprio Eduardo il più fedele e razionale difensore della loro famiglia, di fatto Eduardo riscrive “la famiglia”, riscrive Scarpetta, liberandolo, e in virtù di uno sguardo ben affilato ed estraneo da tutte le beghe gli dà profondità, una profondità che lo aiuta a dare un altro passo alla sua vita, e a quella della sua famiglia, quella dei De Filippo, e gli permette di farsi ponte del teatro di Scarpetta, che era in ogni caso suo padre, un padre che lui aveva interiorizzato e “vomitato” sulle scene già da piccolo.
E quindi la Napoli di Eduardo è la Napoli distrutta dalla guerra sì ma non solo, la sua Napoli era viva e capace di sopperire a tutte le mancanze e a tutte le difficoltà proprio in virtù del cuore, cuore che altri non è che il diritto sentimentale di cui il professor Marino si occupa, diritto che è l’unico pilastro su cui Eduardo traghetta il teatro del padre rendendolo attuale, carnale, perché è questo l'unico diritto capace di placare ogni affanno, l’unico diritto che il teatro di Scarpetta non conosce perché è lui a rinnegarlo, ma è grazie a questo diritto che il teatro dei De Filippo continua ad appassionare, oggi come ieri.
Che poi in mezzo a tutto questo vi fossero vite reali difficili non rende lo sforzo e la propensione all'ottimismo di Eduardo vano.
Del resto Eduardo a questo diritto sentimentale si aggrappa in maniera particolare con Peppino, come si può leggere in questa lettera del 7 luglio 1942, lettera di risposta al fratello.
“Caro Peppino,
Ti pare che dopo quanto è accaduto fra me e te, dopo anni di veleno amarissimo... un semplice colpo di spugna può cancellare dal mio animo l’offesa e il risentimento? Tu dici: “Siamo fratelli”. Certo. E chi più di me ha saputo affrontare e comprendere questo sentimento? Credi che tu da estraneo avresti potuto infliggermi le torture morali che sistematicamente, minuto per minuto, mi infliggevi? L’amore fraterno è un sentimento da asilo infantile, credi a me. Fratelli si diventa dopo di avere guardato nell’animo di una persona come in uno specchio di acqua limpida... Scusami, ma io guardando nel tuo animo, il fondo non lo scorgo. La tua lettera è troppo ingenua. lo voglio tenderti la mano, ma con un chiarimento esauriente, onesto, sincero. Se tu mi vuoi bene come ai primi tempi della nostra miseria, vuol dire che nulla puoi rimproverarmi... mentre io, e questo è il mio più grande dolore, non ti voglio bene come allora: ti temo... Scusami se ti ho parlato così, ma è la maniera migliore per far diventare uomini due fratelli, e fratelli due uomini. Parto domani per un periodo di riposo. Puoi trovarmi al Parco Grifeo 53. Il portiere ti potrà dire dove sono. Ti vedrei volentieri.
Eduardo”
A rileggerla adesso questa lettera se ne coglie più che mai la dolorosa coerenza, il difficile equilibrio tra intelletto e passione e anche l'impossibilità nostra di volere i De Filippo pacificati, mentre la loro storia ci restituisce il talento e la difficoltà di rapporti familiari che solo il teatro poteva ricomporre, nel segno di Eduardo Scarpetta e dei suoi figli legittimi e naturali.
E perciò ognuno vorrebbe rifare Eduardo, ma è possibile rifarlo senza avere le sue doti di traghettatore, e due secoli di teatro vero sulle spalle?
Probabilmente no, ma se si pensa all’esistenza di un diritto sentimentale nel suo teatro allora, forse, qualcosa è possibile, una qualsiasi operazione di recupero del teatro di Eduardo è possibile, purché sia un'operazione che tenda a recuperare il sentimento che nel teatro di Eduardo abbonda. Sentimento che è legge per lui, al punto che talvolta si riesce anche a riviverlo come è accaduto con la "Filumena Marturano", televisiva, di Francesco Amato, dove Vanessa Scalera, che non è né Titina, né Regina Bianchi, e nemmeno Sophia, ma che è attrice di talento e di teatro riesce a rappresentare il mistero della femmina, mistero che in Eduardo mai è scollegato dalla maternità, un mistero che tutte le attrici nominate sono state capaci di afferrare. Grazie a questo mistero interpretato con le viscere, come Eduardo vuole, e per un attimo, tutte le Filumena Marturano esistite sono tornate a recitare a teatro, provocando quella leggera e salutare scossa di inebetidimento negli spettatori, quella stessa scossa che i piccoli De Filippo provavano ogni volta che assistevano alle recite pubbliche, e private, del padre, e del padre e della madre, tanto da ripeterne i gesti sul palco per gioco e poi per davvero, così da fare diventare il teatro, il loro, una religione, e quel sentimento che coglievano la loro dottrina e l'unico diritto, unico diritto per loro inappellabile.
Chi vuole ripetere questa magia, la loro magia, vi si deve attenere, pena la morte del diritto sentimentale e quindi del teatro di Eduardo e dei De Filippo.
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