IL MATTINO
Impegno
17.08.2021 - 17:10
“Persone, non schiave” è il progetto lanciato dal Cestrim‒Centro Studi e Ricerche sulle Realtà Meridionali — associazione di volontariato con sede a Potenza e operante dal 1995 — e candidato nell’ambito di un bando della Presidenza del Consiglio dei Ministri‒Dipartimento per le Pari Opportunità. Il Cestrim ha portato in campo un’azione di contrasto alla violenza e allo sfruttamento delle donne già nel 2000, quando ancora era lontana la possibilità di concretizzare l’aiuto nella accoglienza in case famiglia. “Persone, non schiave” pone al centro la donna in quanto vittima della tratta e di tutto ciò che ne consegue, dalla violenza sessuale allo sfruttamento lavorativo. Il Mattino ha raccolto la testimonianza di chi da anni combatte il fenomeno sul territorio regionale, occupandosi del coordinamento dell’area emersione, Rosaria Lamorte.
Vittime di tratta. Chi sono?
«Donne, minori, donne in gravidanza e donne con minori. I soggetti inseriti nei progetti seguono un programma di protezione e di reinserimento sociale di solito della durata di diciotto mesi, a meno che non subentrino motivazioni tali da richiedere un prolungamento. Le donne sono accolte e seguite a tutto tondo, dal punto di vista legale fino alla sfera sanitaria. Si interviene su eventuali costi di formazione, si favorisce l’inserimento scolastico dei bambini. A seconda delle possibilità e necessità si prevedono tirocini formativi prima del termine del percorso e si tengono corsi di vario tipo: lingua italiana, cucito, cucina. Vivono in semi autonomia, ma è assicurata sempre la reperibilità dell’operatore». Un lavoro che si protrae, purtroppo, negli anni in attesa di una risoluzione che tarda ad arrivare e che forse si fa più distante, in vista di un incremento dell’impoverimento causato dal Covid-19. In Piccoli schiavi invisibili, rapporto di Save the Children si legge: “Secondo i dati ufficiali del Dipartimento per le Pari Opportunità presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri, processati nell’ambito del Sistema Informatizzato per la Raccolta delle Informazioni sulla Tratta (Sirit), nel 2020 risultano in carico del sistema anti-tratta 2040 vittime. Donne e ragazze si confermano la componente maggioritaria (1668 vittime, pari al 81.8 per cento), ma risultano in aumento rispetto al 2019 sia la componente maschile (330 uomini e ragazzi, pari al 16.2 per cento) sia le persone transgender (42 vittime, pari al 2.1 per cento). I minori sono 105, il 5.1 per cento del totale delle persone assistite nel 2020. Sono 716, invece, le sole nuove prese in carico nel 2020”. Restando in materia di dati è importante riportare che il Cestrim ha aperto le porte all’accoglienza maschile e che negli anni ha soccorso circa 165 persone, fra donne e bambini — il 18 giugno 2007 il Cestrim è stato iscritto con numero C/159/2007/PZ alla seconda sezione del registro delle associazioni e degli enti che svolgono attività a favore degli immigrati.
Come si intercettate le vittime di tratta?
«Ci serviamo dell’unità di strada, un’unità mobile che si muove sull’intero territorio — siamo referenti per la Regione Basilicata — andando incontro alle esigenze delle persone e svolgendo, quindi, un lavoro di prossimità. Seguono la bassa soglia, primissimo contatto residenziale e successivamente le case di prima e seconda accoglienza. Siamo conosciuti sul territorio e tra le vittime di tratta per sfruttamento sessuale si è innescato un passaparola proficuo».
Come i lucani reagiscono al fenomeno e come e dove questo si manifesta con maggiore insistenza?
«Rispetto alle altre regioni il numero di vittime di tratta in Basilicata non può dirsi elevato; è necessario, però, sottolineare che non è stata ben riconosciuta la vittima di tratta: le vittime non sono molto presenti in strada, ma nelle case sì. In strada si registra una maggiore concentrazione di ragazze nigeriane, nelle case molte ragazze dell’Est. Oltre allo sfruttamento sessuale ci occupiamo anche dello sfruttamento lavorativo e, quindi, ci muoviamo anche nelle zone dove si svolge il lavoro agricolo ed è più presente la manodopera di extracomunitari. Attualmente gli agricoltori si lamentano per la carenza di manodopera e ricercano lavoratori. La presenza di questi ragazzi — africani, rumeni, bulgari — è maggiore nell’Alto Bradano e sulla costa ionica. Molte donne nel Metapontino sono impegnate nella raccolta delle fragole, perché c’è bisogno di mani piccole. Attraversano le diverse regioni, sostando lì dove c’è necessità». Importante aprire gli occhi di fronte ad una problematica di natura complessa, poco tangibile in Basilicata, ma che è doveroso non ignorare poiché nascosta nei campi o fra le mura di case non sospette e mantenere alta l’attenzione su un’azione di sensibilizzazione nel contesto territoriale.
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