IL MATTINO
terremoto irpinia e basilicata
23.11.2020 - 11:07
Sono trascorsi quarant'anni dalla scossa del 1980 che dalle 19.30 con il suo carico di distruzione travolse i territori dell'Irpinia e della Basilicata. In un contesto drammatico, abbiamo approfondito gli “anni difficili” con l'allora sindaco di Potenza, Gaetano Fierro, nome storico legato al capoluogo lucano che ha gestito nel decennio 1980-1990 sia la prima fase post sismica legata all'emergenza abitativa, sia parte della successiva ricostruzione e parte degli strumenti posti in essere con la nota legge 219.
“Fate presto” è la storica prima pagina de il “Mattino di Napoli.” E' il 24 novembre 1980. Cosa successe nelle ore immediatamente successive alla prima scossa delle e durante il successivo sciame sismico?
«Il terremoto è per ovvie ragioni una forza distruttrice imprevedibile. Era domenica ed i ritmi della città, in virtù del giorno festivo, scorrevano più lentamente. Io mi ero insediato alcuni mesi prima del terremoto e mai avrei immaginato quello che di lì a poco sarebbe accaduto, non solo per quanto riguarda la mia azione amministrativa ma soprattutto per quanto riguarda la città di Potenza e la mia comunità. In qualità di amministratore mi sono, con non poche difficoltà, recato immediatamente presso la sede municipale di piazza Matteotti. Il palazzo era gravemente danneggiato, per cui mi sono trovato doppiamente in difficoltà: organizzare la primissima macchina organizzativa senza un luogo operativo. Giunto nel cuore del centro storico lo scenario era drammatico, tra confusione e macerie la città era irriconoscibile. Mi raggiunsero nei minuti successivi altri amministratori e l'ingegnere capo Riviello, il quale disse che non era assolutamente opportuno sia entrare nel palazzo del municipio, sia sostare nelle vicinanze. Emotivamente è stata una situazione molto dura soprattutto quando iniziarono a filtrare le notizie delle prime vittime. Il rigido inverno potentino era alle porte. Io, la mia giunta ed il consiglio facemmo ricorso a tanta forza d'animo in quanto non conoscevamo come gestire un evento così drammatico e come indirizzare le prime azioni amministrative. Dopo il primo momento di smarrimento, di buon grado ci mettemmo a lavoro, predisponendo le prime iniziative per gestire l'emergenza. Il comune era danneggiato e noi facevamo le giunte in luoghi di fortuna, presso dei locali della chiesa di Betlemme o nei locali del Consorzio idrico Alto Basento. Mi ricollego alla domanda iniziale: abbiamo cercato di fare presto, ma ovviamente il titolo della testata giornalistica si riferiva anche e soprattutto alla politica romana. La Democrazia Cristiana allora guidata da Flaminio Piccoli lanciò lo slogan "Ricostruzione e Sviluppo." Oltre a dare una risposta all'emergenza abitativa, il sisma del 1980 poteva essere l'occasione per intervenire concretamente a vantaggio di un Mezzogiorno mortificato dalla storia»
Sulla legge 219 si è detto molto da un punto di vista tecnico, giudiziario ed ovviamente politico. A distanza di quarant’anni le aspettative sono state disattese?
«La legge 219 è stata una legge consociativa approvata dalla maggioranza del governo ma con l'astensione del partito comunista, il quale ha sempre sostenuto gli interventi legislativi ma in fase di votazione, per ragioni di opportunità politica si asteneva per marcare una sorta di differenza. Con questa legge si puntava al recupero delle abitazioni e degli edifici pubblici e privati e contestualmente ha puntato sull'industrializzazione. La competenza delle attività produttive era regionale previo accordo con lo Stato, mentre ai comuni era stata decentrata tutta la materia ricostruttiva legata al recupero del patrimonio immobiliare pubblico e privato. Ovviamente bisogna premettere che la ricostruzione di alcuni immobili era affidata anche alla provincia. La legge 219 attraverso alcuni emendamenti prevedeva tre aree: quella del cratere, quella gravemente danneggiata e quella danneggiata o lievemente danneggiata. Tale legge ha avuto lo spirito di demandare, attraverso numerose deleghe, le responsabilità alle amministrazioni territoriali e questa è stata una grande intuizione del commissario Zamberletti, al quale mi lega un ricordo molto profondo ed un rapporto di affetto e di stima: la 219 è stata approvata nel 1981 ma è diventata operativa nel 1984 perciò è stato Zamberletti a metterci in condizione di poter lavorare con l'ordinanza del 1980 e provvedere rapidamente alla gestione dell'emergenza mettendoci in condizione di non essere degli improvvisatori. A potenza dopo il natale del 1980 le scuole elementari erano già funzionali e fu un segnale importantissimo per la vitalità della comunità che lentamente poteva tornare ad una quotidianità, nonostante le numerose difficoltà. Sulla 219 sicuramente ci sono state delle ombre ma a distanza di quarant'anni vedo anche tante luci con un notevole dinamismo. Questo denaro diede ossigeno e favorì la ripresa dell'economia meridionale nonostante i problemi delle zone industriali e della gestione romana già ampiamente dibattuta e nonostante un’ordinanza dell’allora ministro Scotti avesse sancito che il cinquanta per cento degli appalti doveva essere destinato alle imprese locali. Non dimentichiamo, infine, l'istituzione dell'Università degli Studi della Basilicata. L’opera di ammodernamento della Basilicata avvenuta in quegli anni convinse la Fiat guidata da Cesare Romiti a preparare gli investimenti nel polo di Melfi. Certamente un progetto che poco aveva a che fare con il sisma del 1980 ma che rientrava negli obiettivi di sviluppo della Basilicata. L’”Azienda Italia” ha portato tecnologia, strategie e management ma poca occupazione a causa di un habitat che non c’è».
Bucaletto fu la migliore risposta all'emergenza abitativa?
«La cittadella di Bucaletto con i suoi 750 prefabbricati è stata l'operazione migliore che potessimo predisporre per gli sfollati. Prima del terremoto, non molti hanno memoria, le amministrazioni precedenti alla mia sono state oggetto di numerose pressioni da parte di chi non aveva una casa. A Potenza c'era un profondo disagio abitativo, erano frequenti le occupazioni degli edifici come avvenne, ad esempio, nello stabile dove attualmente vi è la sede del comune a Sant'Antonio la Macchia: ben prima del terremoto c'era l'emergenza abitativa nella città di Potenza. Bucaletto è costata 25 miliardi ed è stata una grande operazione realizzata da un ufficio tecnico fortemente rimaneggiato: un ingegnere e quattro geometri. Ha ospitato novemila famiglie, i primi 750 nuclei familiari erano tutti terremotati. Oltre a Bucaletto sono stati costruiti numerosi alloggi nella zona di Malvaccaro, in via Iorio, a Macchia Romana e a Macchia Giocoli per un totale di circa mille alloggi. Abbiamo cercato di soddisfare l'esigenza abitativa e dare delle risposte. Inoltre, non appena la legge 219 è diventata operativa, durante il mio secondo mandato (1985-1990) abbiamo recuperato il Teatro Stabile, gli impianti sportivi, il Conservatorio di musica, Palazzo Loffredo ed il nostro centro storico che - torno a ripetere - ben prima del terremoto viveva una situazione allarmante con la mancanza dei servizi essenziali. Il prof. Lugli, eccelso architetto e progettista, fece un ottimo lavoro: non abbiamo predisposto un piano di recupero bensì un piano particolareggiato dividendo il centro storico in otto comparti tutelando la pietra, i portoni e le facciate. Tutelando sostanzialmente la cultura del centro storico potentino. Ad oggi credo sia sotto gli occhi di tutti un centro storico dignitoso e accogliente. La macchina amministrativa è stata spedita ed abbiamo ottenuto dei risultati positivi».
Ci può raccontare qualche aneddoto o qualche momento particolarmente significativo?
«Quasi casualmente mi sono ritrovato nell'ascensore dell'ospedale San Carlo con il Santo Padre Woytila diretti al secondo piano con il presidente Verrastro. Eravamo in silenzio ed io ero molto emozionato, con un gesto quasi fraterno mi mise una mano sulla spalla. Fu un dialogo gestuale molto profondo. Non posso non dimenticare la visita di Nilde Iotti, presidente della Camera, nella cittadella di Bucaletto, la quale rimase impressionata per la qualità e la funzionalità dell'opera. Zamberletti è stata una persona straordinaria, umile e preparata. Con lui ho avuto un rapporto molto profondo che infastidiva anche alcuni parlamentari locali. Le visite di Bettino Craxi, Arnaldo Forlani, Flaminio Piccoli ed il Presidente della Repubblica Sandro Pertini che si precipitò immediatamente nelle zone terremotate creando anche dei problemi ai soccorritori. Sono stati momenti molto significativi ed hanno sottolineato le attenzioni dello Stato nei riguardi delle comunità disastrate. Al Palazzo di città, quotidianamente vedevamo arrivare corrieri di aiuti da tutte le parti d'Italia e d'Europa. Dal Veneto alla Cecoslovacchia con credenziali vistate dall'Ufficio Speciale della Ricostruzione con sede a Napoli».
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