IL MATTINO
Il caso
12.09.2020 - 17:38
«Il dramma di Elisa ed Ottavia ci ha insegnato che non si può non prendere posizione: chi sa parli!»
Il 12 settembre 1993 una adolescente viene brutalmente assassinata, nel totale silenzio di chi sapeva ed ha taciuto. Ventisette anni dopo, due giovani ragazze, due bambine di quindici e sedici anni vengono violentate ad una festa, da un branco di “uomini” a Marconia di Pisticci. Ancora una volta due bambine, come Elisa e come Ottavia. Ferite nel corpo, uccise nell’animo, decidono di denunciare subito dopo qualche ora: un vero e proprio atto di coraggio che deve far riflettere. Una violenza questa che giunge a pochi giorni di distanza da quella che ha colpito e travolto Willy, giovane 21enne, salutato oggi per l’ultima volta anche dal Presidente del Consiglio Conte. Cristiana Coviello è una avvocatessa, conosciuta in tutta la regione per il suo impegno a sostegno delle donne e membro inoltre dell’Osservatorio per l’infanzia e l’adolescenza. Una delle sue pubblicazioni è dedicata alla storia di Elisa “Elisa, tra cielo e terra” scritta a quattro mani con la psicologa Assunta Basentini, racconta e analizza, attraverso la voce di Elisa Claps uccisa a soli 16 anni, le varie personalità che hanno delineato il percorso delle cosiddette “verità negate”. La redazione de Il Mattino l’ha contattata per realizzare una disamina della sconcertante vicenda di Marconia.
Marconia, due minorenni straniere vengono brutalmente stuprate da un gruppo. Qual è il suo commento?
«La vicenda colpisce chiunque si avvicini a questa storia. Una vicenda dolorosa e molto brutta per tutte le donne che si sentono sicuramente vicine a queste due bambine. A quell’età iniziano le prime attenzioni con i ragazzi, ma questa non può essere una di quelle. Mi ha colpito l’efferatezza, la brutalità e l’organizzazione pianificata della violenza. Il branco prima ha agito su una e poi sull’altra ragazza, due bambine straniere che forse conoscevano poche parole in italiano. L’attacco del branco, un branco di bestie, ha causato danni fisici e psicologici gravissimi».
Da anni Lei si dedica alla difesa di donne che hanno subito violenze. Cosa emerge da questo caso in particolare, qual è lo spaccato che possiamo disegnare nella nostra terra?
«Da questo caso emerge purtroppo la logica del branco. Abbiamo letto come il branco si muova anche nella cronaca nazionale, è di pochi giorni fa la notizia della morte di Willy infatti. La logica del branco ci deve molto spaventare, questi ragazzi probabilmente non hanno interessi, non hanno sicuramente una scala di valori. Leggevo su Repubblica che alcuni di essi probabilmente avevano legami con trapper le cui canzoni inneggiavano alla violenza sulle donne. La nostra regione non è esente dalla violenza, questo lo sappiamo bene».
Oggi è infatti 12 settembre, giorno indimenticabile per Potenza e per la Basilicata tutta.
«Questa intervista arriva proprio oggi, una giornata per me molto importante. Un altro anno che passa senza conoscere la verità su Elisa. Elisa si è sottratta, o cercava di sottrarsi, ad una violenza sicuramente per questo è stata ammazza. Quello che resta è l’omertà di alcuni che continuano a nascondere. Faccio tanti complimenti alla sindaca di Pisticci, che non a caso è una donna, che ha preso posizione con la sua città e ci ha messo la faccia chiedendo di far emergere la verità e punire i colpevoli. Quello che chiedo è rivolto soprattutto ai presenti, invitati a questa festa, di farsi avanti e di raccontare quello che hanno visto. Vorrei che la storia di Elisa abbia insegnato che non si può non prendere posizione. Non si può inoltre essere sempre dalla parte dei propri figli anche quando sbagliano così, vorrei che le famiglie chiedessero scusa. Un altro interrogativo è questo: come società, come adulti cosa non abbiamo fatto per prevenire tutto ciò? Avremmo potuto fare di più nelle scuole, nelle associazioni, nella vita quotidiana?».
Le ragazze hanno subito denunciato, un segno di grande coraggio.
«Tutte siamo state ad una festa, tutte abbiamo bevuto un bicchiere di troppo, tutte abbiamo scambiato due parole con un ragazzo. Siamo tutte queste ragazze. Quello che vorrei dire loro è che ci hanno insegnato tanto, hanno denunciato subito. Il non vergognarsi, il non sentirsi responsabili, la forza di denunciare in un Paese straniero, ci dà un chiaro segnale. Chi sa parli, questo mi sento di dire in conclusione. Chi sa deve parlare».
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