IL MATTINO
Il Caso
10.09.2020 - 09:49
Il Professor Marco Vona è uno dei docenti più conosciuti dai ragazzi iscritti all’Unibas, volto noto della Scuola di Ingegneria e delegato allo sport dell’Università degli studi della Basilicata. Il professore oltre alla sua attività di ricerca si dedica da oltre 44 anni allo sport e da circa 35 al Judo, in qualità di atleta, insegnante e dirigente, prova da sempre una profonda contrarietà nel sentir accomunare tanti sportivi veri a persone violente, ed alla loro come egli stesso afferma "indecente pratica", le Mma, impropriamente definita sport. In questi giorni così convulsi che hanno visto la morte di un giovane 21enne, Willy, per mano, probabilmente, di quattro ragazzi, per i quali è stato confermato l’arresto, il professore ha sentito di esprimere le sue considerazioni in un post su Facebook:
«Vivo in un paese in cui gli immigrati sono portatori di un virus che "non esiste" ma qualcuno trova il modo di giustificare dei balordi, delinquenti, liberi di uccidere in modo spietato un bravo ragazzo che potrebbe essere mio figlio. Questi criminali, con i loro precedenti di violenza, non dovrebbero essere sulle nostre strade ma ben rinchiusi, in attesa di un lungo (e improbabile) recupero. Chi usa tanta violenza gratuita non ha diritto di vivere in mezzo agli altri. P.S. Le Mma non sono né arte né sport ma solo violenza gratuita, insegnata a sub umani la cui mente non è in grado di concepire altro se non violenza vile e cattiveria».
La redazione del Mattino lo ha contattato per avere maggiori informazioni sulla disciplina e sulle sue considerazioni in merito alla vicenda.
Le Mma, mixed martial arts, cosa sono?
«Le Mma sono senza dubbio marziali, muovendo dal senso più profondo e terribile, riconducibile a visioni ancestrali di pratica delle arti della guerra, da applicare sui di battaglia, seminando morte, paura e terrore, con ogni strumento di distruzione, per giungere ai moderni confronti (in vere e proprie gabbie!) fondati sulla violenza più becera, procurando ferite, lesioni, danni (spesso permanenti e irreversibili) e fuori da ogni regola di civile convivenza. Questa è la vera differenza, la catastrofe sociale a cui siamo andati incontro nel corso degli ultimi anni, immaginando che parcheggiare i nostri figli in una palestra o in un'altra fosse equivalente, che una pratica sportiva (o pseudo tale) potesse essere equivalente ad un’altra. Molti genitori, senza dirlo apertamente forse neppure a se stessi, hanno scelto le Mma, le “arti marziali” più dure, nelle quali intravedere la possibilità (e gratificarsene) per i propri adorati pargoli di imparare, rapidamente, a difendersi, a diventare grandi e adeguatamente aggressivi per competere nel mondo, corredati da inutili masse muscolari, accresciute in pochi mesi con una irritante facilità, educativa quanto l’inutilità della massa stessa».
Famiglie, ambiente esterno e sport: un intreccio imprescindibile per il futuro delle nuove generazioni.
«Lo sport è armonia, ricerca della semplicità e della complicità non solo con i propri compagni di allenamento ma anche, soprattutto, con i propri antagonisti, mai avversari ma sempre amici, elemento di stimolo, per spostare un po’ più in là il proprio limite, il proprio equilibrio fisico e la propria forza interiore, in una continua ricerca di una prestazione che non divide ma unisce, indelebilmente, quelli che non sono avversari ma contendenti rendendoli partecipi l’uno del successo dell’altro, perché come insegnano i migliori maestri, nello sport, in una competizione leale, non si perde mai: si vince o si impara. Questo è quanto dovremmo ricercare, da genitori, da cittadini responsabili e da appartenenti alle istituzioni, per la crescita dei nostri figli, per evitare, un brutto giorno, di ritrovarci in una tragedia come la morte di Willy o in una, altrettanto terribile, condizione di dover amare, comunque, dei figli assassini».
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