IL MATTINO
La salute dei bambini
03.09.2020 - 11:18
Non ci chiediamo mai abbastanza, forse, quanto e che cosa viene chiesto ai bambini e agli adolescenti con la lunga permanenza in ospedale. Oggi vorrei portare la vostra attenzione su alcuni aspetti che la caratterizzano, considerando i bambini tra zero e undici/dodici anni (dedicherò uno spazio specifico agli adolescenti nel prossimo articolo). In generale, l’ospedalizzazione ha un effetto variabile, sia in termini di sofferenza sia in termini di disagio perché entrano in gioco la gravità della malattia, la separazione dalla famiglia, la necessità di adeguarsi a nuovi ritmi (pensate ai prelievi della mattina, al giro dei medici, agli orari dei pranzi e delle cene), la rinuncia ai propri spazi e la necessità di dipendere sempre da un’altra persona. Vale la pena sottolineare soprattutto due compiti richiesti al funzionamento psichico dei bambini che possono aiutarci a capire la loro esperienza. Il primo riguarda il corpo, su cui le procedure mediche hanno un impatto evidente e drastico: perdita dei capelli, delle sopracciglia, di un arto o l’asportazione di un organo. La sfera corporeo-somatica assume un’importanza cruciale nello sviluppo emotivo e psicologico del bambino perché costituisce la dimora del Sé ovvero la pelle segna il confine con il mondo esterno, permettendo di percepirsi come entità separata dagli altri. Tutti i cambiamenti che avvengono a livello del funzionamento corporeo o della sua forma possono riflettersi ad un livello più profondo suscitando dubbi come “sono sempre io? Sono la stessa persona di sempre?”. Più semplicemente, l’ospedalizzazione chiede al bambino un compito difficilissimo: riconoscere se stesso ogni giorno a dispetto di tutti i cambiamenti con cui la malattia stravolge il suo corpo. Quando la connessione e l’integrazione mente-corpo sono minacciate, i sintomi psicosomatici possono assumere una valenza comunicativa significativa. Nel libro di Barbara Sourkes “Il tempo tra le braccia” sono riportate le parole di un bambino di cinque anni che, dopo essere aumentato di peso, dice “mi sto costruendo un muro forte, così le cellule cattive della leucemia non potranno più farmi male”.
Il secondo compito richiesto con il ricovero soprattutto ai bambini molto piccoli, nei quali lo sviluppo cognitivo ed emotivo è ancora incompleto, riguarda la capacità di stare soli. Quando un bambino non ha sviluppato quello che Winnicott (pediatra e psicoanalista) definisce “ambiente interno”, non ha gli strumenti per affrontare la solitudine imposta richiesta dall’ospedale senza la presenza fisica della madre e potrebbe viverla come un abbandono. È importante considerare i vissuti connessi all’ospedalizzazione perché sempre di più, oggi, è chiaro come anche i sintomi riconducibili al Disturbo Post Traumatico da Stress siano connessi all’esperienza soggettiva della malattia nel o complesso più che alla diagnosi in sé e alla sua gravità. Capire cosa nel bambino genera stress è fondamentale per migliore il suo adattamento alla malattia.
edizione digitale
Il Mattino di foggia