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L'intervista del Mattino

È nata una stella: Mariacristina Andrisani, giovane tennista materana pluripremiata negli States

Lo sport, il rapporto con la città dei Sassi e l’America di oggi raccontati dalla campionessa ventitreenne

È nata una stella: Mariacristina Andrisani, giovane tennista materana pluripremiata negli States

Vivi in California, ma si legge dai tuoi social che attualmente sei in Italia, a Matera. Qual è il rapporto con la tua città?
«Se ci fosse una parola per esprimere un sentimento ancora più forte dell’amore, userei quello per Matera! Non so se è perché ci sono nata ed ci ho vissuto per 17 anni, ma la ritengo la città più bella del mondo, unica. Purtroppo molti miei coetanei non ne comprendono la bellezza solo perché magari non hanno avuto la possibilità di vivere altrove. Non so dove il futuro mi porterà ma Matera resterà sempre nel mio cuore, ovunque io sia».
Recentemente hai vinto tre prestigiosi premi dall’Intercollegiate Tennis Association per l’impegno dentro e fuori il campo da tennis. Quando è nata la tua passione per questo sport e quando hai capito che ti avrebbe portato lontano sia fisicamente che in termini di traguardi?
«La passione per questo sport me l’ha tramandata mio padre che l’ha sempre praticato a livello amatoriale. Così ho iniziato all’età di 5 anni e non ho mai smesso. È l’unica dipendenza che ho, infatti, in questa quarantena mi sono sentita come se mi mancasse l’aria. Riprendere è stato come tornare a vivere. Solo ora riesco a capire che il punto di non ritorno è stato il mio viaggio in Florida nel 2015, a diciassette anni. È stato un anno determinante: ho cambiato città e piani diverse volte, finché sono a finita per caso a Miami. Inizialmente avrei dovuto restarci solo per un mese, ma ho avuto il coraggio di osare e cogliere l’opportunità di rimanere lì, accettando un’offerta da parte di un’accademia di tennis per la preparazione al college a cui mi sarei iscritta. Così gli Stati Uniti sono diventati la mia seconda casa. Sono tornata in Italia solo per diplomarmi e successivamente mi sono trasferita a San Francisco. A dire la verità, mentre tutto ciò accadeva io non mi sono mai resa conto effettivamente che la mia vita stesse per cambiare».
Perché hai deciso di vivere in California?
«Mentre ero in Florida ho avuto varie proposte di borse di studio per diverse università americane che mi hanno osservato sul campo. Ho deciso di andare in California perché mi piaceva molto la coach della squadra e l’idea che quell’università non fosse circoscritta in un campus universitario, ma possedesse un campus urbano. Dopo le lezioni, mi ritrovo, infatti, nel downtown in una delle città più belle del mondo. Vivendo in California da ormai quattro anni, poi, mi sono resa conto di quanto questo stato sia il più simile all’Italia in termini di clima, agricoltura e varietà del paesaggio. Sono molto soddisfatta della mia scelta, mi sento praticamente a casa, a volte dimentico di trovarmi dalla parte opposta del globo».
C'è qualcuno che senti di ringraziare?
«I miei genitori in primis sono quelli che non hanno mai smesso di credere in me, anche nei miei periodi più bui e mi hanno sempre dato la forza di andare avanti. Un ringraziamento speciale va a Johnson Garcia, maestro di tennis che per me è come un secondo padre. Mi ha conosciuta all’età di dodici anni e non ha mai smesso di supportarmi, fino a portarmi con lui “un mese” in America in quel lontano 27 luglio 2015, una data che porterò sempre nel cuore, poiché ha cambiato la mia vita. Ringrazio anche Enzo Fiore e Gianni Fontarosa, i miei primi maestri che mi hanno insegnato le basi di questo bellissimo sport».
Sono giorni particolarmente difficili negli Stati Uniti, ci sono proteste in atto ovunque a seguito della tragica morte di George Floyd. Vorresti esprimere una tua opinione in merito a Black Lives Matter?
«Ricevo notizie ogni giorno dai miei amici che stanno vivendo una situazione brutale in prima persona. Per fortuna San Francisco è una città molto pacifica rispetto al resto degli States, ma nonostante questo, si sta assistendo a cose inguardabili. Grazie per la domanda, è un argomento che mi sta molto a cuore. È un immenso onore per aver ricevuto, tra i tre riconoscimenti, quello dedicato al tennista di colore Arthur Ashe Jr. che si è distinto per la sua correttezza nell’ambito sportivo e in quello sociale. È il riconoscimento di cui vado più fiera. Combatto quotidianamente, nel mio, contro ogni tipo di discriminazione, sin da quando ero piccola. Il razzismo va contro i miei principi e gli insegnamenti che ho ricevuto dalla mia famiglia. Sono rimasta molto molto turbata guardando le immagini di George Floyd. È assurdo che oggi ci sia bisogno che accada qualcosa del genere per avere la comprensione di alcuni. A mio parere, in Italia la cosa non è compresa a pieno. Finché non si vive in un certo tipo di cultura, si è impossibilitati a capirne le sue piaghe sociali a fondo. È inaccettabile che io ad oggi si debba usare il “white privilege” per far capire alla gente che non esistono differenze. Credo che tutti indistintamente si debbano informare e apprendere la storia degli afroamericani perché il razzismo nasce proprio dall’ignoranza».

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