IL MATTINO
Arte e social network
19.02.2020 - 16:10
La ricerca “Arte e social network: tra comunicazione museale ed opportunità di crescita” realizzata da Giovanni Gioioso per il sito di Agcom comunicazione strategica, ha fatto emergere l’importanza della comunicazione all’interno dei musei. Abbiamo intervistato l’autore dell’indagine per elaborare un quadro completo e critico della situazione lucana che non brilla per innovazione e costante aggiornamento. I musei lucani tardano ad inserirsi in questo meccanismo di comunicazione, l’esigenza è quella di emergere soprattutto per valorizzare l’importante patrimonio artistico e culturale presente nella nostra terra.
Qual è la situazione lucana? Come comunicano i nostri musei?
«La Basilicata ha molto da offrire. Il problema è che il patrimonio culturale, storico e museale non viene valorizzato. La ricerca che ho effettuato è stata molto impegnativa, l’Italia a livello europeo è il Paese con più musei nazionali, diocesani, provinciali e pinacoteche private. Per quanto concerne il capoluogo di Regione, il Museo nazionale “Dinu Adamesteanu”, la galleria civica annessa a Palazzo Loffredo con la cappella dei Celestini ed il museo provinciale non sono adeguatamente sponsorizzati a livello mediatico, a differenza di strutture analoghe che hanno sviluppato una serie di campagne di comunicazione per invogliare in primis il pubblico locale per poi aprirsi ad un pubblico esterno».
Il Museo nazionale “Dinu Adamesteanu” di Potenza è una tra le più prestigiose vetrine che mostra la complessa realtà archeologica lucana. Cosa ne pensi della sua comunicazione?
«Il museo ha una pagina Facebook con 1.280 follower. La comunicazione però è scadente, la valorizzazione del patrimonio contenuto è praticamente inesistente. Le informazioni riguardano soltanto eventi realizzati nella struttura o a margine della struttura. Le interazioni sono pochissime. Su Instagram e Twitter non esiste alcun profilo».
Sull’altro versante, quello materano è possibile analizzare il caso del Museo archeologico nazionale “Domenico Ridola”, che ha un seguito di 575 mi piace su Facebook e nessun account su Instagram, il social network che più di tutti comunica attraverso le immagini. Cosa ne pensi?
«L’elemento grave è che Matera è stata oggetto di un riconoscimento mediatico non indifferente. Nel corso dell’ultimo biennio, almeno Matera doveva implementare la comunicazione del proprio patrimonio museale, così non è stato. L’offerta è di grande pregio, imparagonabile a Potenza. La comunicazione è scarsa per entrambe le province. Tutti sono ancora ancorati a Facebook, invece Instagram e Twitter non sono stati presi in considerazione e ci sarebbe Pinterest, un’altra piattaforma che lavora con le immagini che non viene quasi mai utilizzata. I social network permettono a tutti i musei di far emergere il proprio territorio con molta facilità ed in economia, raggiungendo una fascia d’età che non fruisce dei musei come quella tra i 15 e 25 anni».
I social network non rappresentano l’unico mezzo di comunicazione. Il loro utilizzo però potrebbe essere funzionale per l’attuazione di una strategia comunicativa. Cosa si potrebbe attuare per un riscatto social dei nostri enti museali?
«A mio parere, la prima cosa da fare è quella di predisporre di uno staff all’interno delle strutture o di affidare la comunicazione esternamente e di sviluppare il cosiddetto piano editoriale che è fondamentale per qualsiasi attività che si occupi di comunicazione. Bisogna sviluppare una serie di rubriche periodiche, per stimolare il pubblico e per metterlo a conoscenza del patrimonio culturale contenuto all’interno del museo e del cosiddetto “dietro le quinte”. Per esempio potrebbe essere resa nota tutta la procedura relativa all’archivistica per far vedere anche ai non addetti al lavoro cosa c’è dietro ad un museo. Un’altra opportunità importante è la partecipazione alla settimana del museo, ma i termini sono già scaduti. È una vetrina molto importante che permette alle piccole realtà di farsi conoscere e di mettere in mostra il proprio patrimonio dinanzi ad una platea infinita ed internazionale. Come già citato nella ricerca, quello del museo Tattile di Varese è un caso emblematico, è stato collocato nelle graduatorie europee e mondiali ai primi posti superando persino il Louvre. Gli ingressi all’interno del museo sono aumentati anche a seguito di questo eco mediatico».
Una rete di comunicazione museale lucana, è possibile?
«Creare una rete di comunicazione, creare delle partnership tra varie strutture e fornire di volta in volta degli elementi nuovi a livelli di patrimonio culturale e permanente. Migliore è l’offerta e grande sarà l’adesione del pubblico».
I siti web sono fondamentali per poter esaltare il patrimonio presente all’interno dei musei. Qual è la qualità dei portali lucani?
«Se facciamo riferimento al Museo nazionale “Adamesteanu”, il sito non soddisfa le aspettative. Viene aggiornato saltuariamente e mostra molta obsolescenza. Andrebbe rinfrescato e aggiornato spesso magari attraverso l’ausilio di un blog per creare una sinergia anche con i social network».
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