IL MATTINO
L'analisi di Gianfranco Blasi
10.06.2019 - 17:51
Mario Guarente
Non è vero che la città di Potenza è spaccata in due e che il voto di domenica scorsa rappresenta una frattura fra due mondi.
Non è vero per una serie di ragioni.
La prima è nel meccanismo elettorale. Come ho avuto già modo di scrivere su questo giornale l’elezione diretta del sindaco si compone di due meccanismi elettorali che si integrano. Quello maggioritario per eleggere il primo cittadino. Quello proporzionale per eleggere il consiglio comunale. Il sindaco che prende il 50 per cento più 1 dei voti o al primo o al secondo turno viene eletto. Il consiglio
comunale si disegna già dal primo turno. Nel secondo è possibile che sia modificato solo nella quota “correttiva” che si esplicita nel premio di maggioranza.
Guarente è stato eletto sindaco con il voto maggioritario del 9 giugno. Il nuovo consiglio comunale di Potenza si compone di ben 20 consiglieri più il sindaco per il centro destra. Sei consiglieri sono stati attribuiti alle liste di Bianca Andretta. Solo cinque consiglieri a quelle di Tramutoli. Ecco perché non c’è una città spaccata in due. C’è una maggioranza ampia di centro destra e poi ci sono due
minoranze. Una più corposa che ruota intorno al Pd. Una meno sostanziosa che si riconosce in Tramutoli. La seconda considerazione è sulla esperienza politica di Tramutoli. In campagna elettorale ormai da sei mesi, se si considera l’esperienza delle regionali.
La crisi politica del centro sinistra ha prodotto un vuoto politico. La sinistra radicale potentina, ricca di intelligenze vivaci e di esperienze consolidate ha provato a coprire lo spazio politico che va dal voto ai Cinque Stelle, finito tutto nelle casse del Professore, a quello residuale del Pd, che si
è spaccato. Metà verso Tramutoli, l’altra metà verso l’astensionismo. Ma gli uomini di Basilicata Possibile sono andati oltre. Hanno fatto incredibilmente breccia nel voto cattolico, quello dei movimenti e dei gruppi intorno alle parrocchie oltre che in alcune fette (non tutte) di borghesia potentina. Sono state usate parole pesanti, anche un po’ banali e retoriche, come “fascioleghismo”. Si è provato a
mettere in un angolo la Lega. Ma questo non è bastato.
Comunque, non si è trattato, per Tramutoli, di un progetto organico di lungo periodo, ma di un blitz e come tale va letto. Alle elezioni politiche il voto dei cinque stelle tornerà ai legittimi proprietari. Quello del centro sinistra si raggrupperà attorno a Zingaretti, dentro non fuori dal Pd.
Tramutoli è obbligato ad uno sforzo di fantasia ulteriore per trasformare questa avventura in un progetto a lunga gittata.
Se avesse vinto sarebbe stata tutta un’altra storia.
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