IL MATTINO
“Banchi fuori misura” il romanzo di Antonella Amodio: seconda puntata
13.04.2017 - 19:10
Ecco, come un eroina dell’ottocento, sarei morto per amore. Ma un maschio può ammalarsi del mal d’amore? Non è dunque una roba per femmine? Ancora una volta aveva ragione Antonietta, come sempre mi ripeteva, a furia di fare cose da femmina, ero diventato tale
E’ così che sono giunto a questa mattina di venerdì 7 aprile, si apre il sipario.
La sveglia, l’ottavo castigo di Dio, soprattutto dopo una notte passata a rigirarsi tra le lenzuola sino a raggiungere il sonno, esattamente dieci minuti prima di quel suono stridulo, spaccatimpani e cervello…tempo scaduto, è ora di alzarsi.
In bagno lo specchio mi rimanda l’immagine di un volto consumato da notti insonni, a renderle tali quella sensazione di vuoto. Non il vuoto pieno, il pieno vuoto, il vuoto e basta. Un vuoto che risucchia ogni moto dell’anima, ogni energia, persino quella per dormire. Anche per dormire ci vuole un minimo di energia, di presenza a se stessi, quel minimo di fiducia che ci sveglieremo, altrimenti e chi scivola nel sonno? Scivolare…se dovevo cadere lo avrei fatto scientemente, magari buttandomi giù dal balcone ma lo avrei fatto io, definitivamente senza parlarne più. Già, ma anche per quello ci vuole energia e poi, quale peso, quale scrupolo per i tuoi cari? Più facile allora semplicemente non mangiare, non uscire, non dormire, non e basta. Questo non, negli ultimi due mesi mi ha fatto perdere, assieme al sorriso e alla voglia di fare alcunché, una decina di chili. Ma quanti chili bisogna perdere per spegnersi così, semplicemente per consunzione? Ecco, come un eroina dell’ottocento, sarei morto per amore. Ma un maschio può ammalarsi del mal d’amore? Non è dunque una roba per femmine? Ancora una volta aveva ragione Antonietta, come sempre mi ripeteva, a furia di fare cose da femmina, ero diventato tale. Mentre recrimino il mio diritto alla malattia di genere, mi domando se poi è d’amore che si muore o piuttosto di non amore… di non amore, decisamente si muore di non. Un lampo, finalmente un guizzo vitale del mio cervello spento da giorni, ho deciso, farò anch’ io così, morirò di non e nessuno si accorgerà che l’ho voluto io. Con il sollievo di questo convincimento, riesco dunque finalmente a radermi e a vestirmi. Questa mattina, a interrompere temporaneamente il non, la visita presso lo studio di una specialista, me l’ha prenotata un amico, una strizzacervelli femmina, forse l’ha scelta femmina perché io mi sono ammalato di una malattia da femmina…
La strizzacervelli è decisamente femmina, la sua bellezza mi mette subito in imbarazzo, una strizzacervelli non dovrebbe essere così bella. Durante il breve colloquio mi pare anche molto determinata, impavida, atletica, indipendente e persino scanzonata quanto basta per ridere dei suoi e degli altrui drammi, ridere, non deridere. Insomma la mia strizzacervelli pare una specie di maschio specializzato nelle malattie da femmina. Si perché, come mi hanno insegnato, il cuore è da femmine, la forza da maschi, il cervello raro in entrambi e io, ovviamente, non possiedo alcuna di queste qualità. Forse davvero questa dottoressa potrebbe aiutarmi. In realtà durante tutto il colloquio, mentre le spalle mi si stringono nel vano tentativo di toccarsi in avanti per proteggere il cuore nel petto, innalzandosi nel contempo a sfiorare le orecchie in attesa di qualche ‘scorzino ’ sulla nuca, il respiro si ferma poco al disotto della gola per l’ansia e le mani si inumidiscono quel tanto da impanicarmi all’idea di dover stringere di lì a poco la sua, l’unico pensiero che ho in testa, è il non. Lei non ci sarebbe riuscita, eppure, a colloquio terminato, mi ritrovo a fissare un appuntamento per la settimana successiva. Forse semplicemente per seguire il non, non contraddire, non controbattere quella furia, non apertamente, ci sarebbe voluta troppa energia. Il non sarebbe rimasto ostinatamente nel mio petto, ben determinato nella risoluzione di non esserci più per le cose del mondo. Eppure appena fuori da quello studio, il camminare mi appare un po’ meno faticoso, l’aria un po’ più leggera.
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