IL MATTINO
il caso
08.11.2025 - 16:59
In quel di Via Verrastro, tra una conferenza stampa e una dichiarazione indignata, la minoranza regionale ha partorito una nuova teoria istituzionale degna di un manuale di politica creativa: i direttori generali dovrebbero tacere. Sempre. Anche quando vengono chiamati in causa. Il cosiddetto “caso Friolo” non è un caso, ma un comodissimo espediente politico: un po’ di fumo, qualche parola grossa, e via, che la polemica è servita. Il direttore generale dell’ASM, Maurizio Friolo, ha semplicemente fatto ciò che la logica – prima ancora del ruolo – impone: rispondere ad alcune osservazioni, assumersi la responsabilità e difendere il lavoro dell'azienda sanitaria che dirige. Nulla di più, nulla di meno. Altro che “scivolamento protettivo verso il Governo regionale”: Friolo non ha preso parte a nessuna battaglia politica, ha solo messo in chiaro dati, risultati e progetti in corso, smontando qualche lettura ritenuta un po’ troppo fantasiosa sullo stato del PNRR in sanità. Trasparenza, non travalicamento. E fa un certo effetto, diciamolo, vedere alzare il dito moralista proprio da chi, fino a pochi mesi fa, faceva passerelle elettorali di cattivo gusto proprio davanti all’ospedale “Madonna delle Grazie”, tra selfie, cartelloni, megafoni e promesse last minute. Chi allora gridava slogan, oggi - verosimilmente - pretende silenzio dai dirigenti che rispondono con le carte in mano. Un curioso concetto di coerenza.
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