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Riflessioni

C'era una volta la Caccia

C'era una volta la Caccia

C’era una volta la caccia: racconto vero, se vi pare, ambientato a Ischia ma che vale anche per la caccia praticata altrove.

Allucinazione notturna 
“Gli uccelli sono animali sensibili, sono i primi a risentire dei cambiamenti ambientali”.
Non è un membro della Lipu a dirmi questo ma un cacciatore, un signore che è stato presidente dei cacciatori e che a caccia non va più perché il mondo è cambiato, e il senso della caccia, per come lui la intendeva, non esiste più.

Cornice 
Ischia è un’isola dove pescare e cacciare sono sempre state, anche e soprattutto, un modo per sbarcare il lunario, e gli animali pescati e cacciati, in passato, erano merci preziosissime, tanto che venivano utilizzate non per il consumo personale, ma rappresentavano una fonte di reddito per le famiglie.
I cacciatori, ad esempio, raccoglievano le quaglie e quanto di più pregiato la caccia procurava loro, e con il traghetto andavano a Napoli a vendere gli uccelli o a barattarli con la carne.
Chi invece teneva la cacciagione per il consumo familiare, la conservava, sotto sale, sott'olio e poi la consumava quando c’era poco da mangiare in inverno.
Cacciare era dunque un'esigenza di sopravvivenza e anche un modo per socializzare, per conoscere il mondo.
Oggi che la caccia è diventata la bestia nera di qualsiasi ambientalista e non, e mangiare cacciagione non è nemmeno di moda, capire le ragioni di chi ancora va a caccia diventa ancora più importante.
Innanzitutto per andare a caccia serve il porto d'armi, porto d'armi che si ottiene dopo avere superato un esame. Per molti, ancora oggi, superare questo esame corrisponde a un titolo di studio, e l'impegno profuso rappresenta una prova di tensione verso il miglioramento e l'integrazione sociale.
A parte l'esame, e prima che si arrivi a esso, serve dimostrare di avere la fedina penale pulita, condizione necessaria per potere detenere un’arma. Del resto, la fedina penale pulita, testimonia che si è in grado di rispettare le regole basilari della vita in mezzo agli altri.
Fin qui niente di semplice.

Vita da cacciatori
Chi va a caccia ha il suo privato circolo di amici, circolo che spesso confluisce in altri circoli, quando ci si ritrova ad andare a fare battute di caccia altrove, e con il suo circolo organizza le giornate.
Nel periodo di caccia, periodo che corrisponde alla migrazione degli uccelli, su cinque giorni disponibili è possibile cacciare solo tre volte a settimana.
Tutto deve essere debitamente testimoniato sul proprio tesserino, tesserino che viene controllato a fine stagione, pena il ritiro dello stesso in caso di infrazioni.
Le battute si aprono all'alba con abbondanti colazioni, talvolta a base di salsicce cotte sulla brace, se si ha la possibilità di avere un casotto per ripararsi in caso di pioggia, mentre durante la settimana si organizzano cene, in occasioni delle quali vengono consumati gli animali cacciati.
Tutto questo, in parte, ancora oggi si ripete, ma se una volta c'erano animali da cacciare oggi non è proprio così.

Inquinamento e caccia
L’uso intensivo di pesticidi uccide gli uccelli, l'inquinamento in tutte le sue forme, avvelenando aria e acqua determina mutamenti sostanziali nell’habitat. La presenza di pale eoliche, di ripetitori crea campi elettromagnetici tali da disorientare gli animali, determinandone la morte.
Tutte cose che rendono la vita dei cacciatori difficile, tanto più che di aree verdi ce ne sono sempre meno a disposizione, mentre chi va a caccia si nasconde per paura delle ritorsioni degli ambientalisti, ambientalisti che potrebbero cercare gli innumerevoli punti di contatto che hanno con i cacciatori ma che, al contrario, preferiscono la guerra, nemmeno fredda, con costoro.

Il cacciatore non è il bracconiere
Eppure i cacciatori sono i primi a tenere pulito il territorio, ripristinando sentieri, e mettendo in riga chi li squalifica, con il proprio operato, agli occhi del mondo.
Non essendo bracconieri non hanno alcun interesse a distruggere l'ecosistema, cosa che farebbe decadere completamente la loro passione.
“Non scrivere di queste cose, se la prenderanno con te, la gente per principio è contraria alla caccia, e se tu ne scrivi ti etichetteranno come una persona cattiva"- mi dice una voce tra il sonno e la veglia.
Frequentando i cacciatori ho scoperto un modo più sano e umano di attraversare la natura, ho apprezzato la solidarietà che esiste tra loro, le forme diverse di socializzazione che regolano i loro rapporti, i risvegli all'alba con il vento e con la pioggia, risvegli che aiutano a mettere ordine nei pensieri, ma soprattutto non ho cambiato abitudini alimentari e non sono diventata carnivora, come non lo sono da sempre.

Piramide alimentare e Piramide di Maslow 
Una cosa l’ho capita ed è legata alla piramide alimentare e anche alla piramide di Maslow, piramidi che hanno, entrambe, a che fare con la caccia.
In cima alla piramide alimentare c’è l’uomo, e cacciare, in molti casi, lo fa crescere umanamente.
I cacciatori, più di tutto, rivendicano il diritto ad annusare l'aria e a osservare il mondo più che a distruggerlo come Maslow ci insegna.
“Tra di noi nessuno si droga, nessuno ha vizi e comportamenti che ledano gli altri. Che male c’è a ingaggiare una lotta con gli uccelli, mentre facciamo correre i cani, ci raccontiamo le cose che ci accadono e ci aiutiamo ad affrontare la vita?"
Già che male c'è a non rinnegare e a governare i propri istinti, mentre si impara a vivere in mezzo agli altri, senza che chi governa il territorio si preoccupi di elevare la qualità della vita dei suoi elettori, in totale disprezzo del territorio stesso?

La Letteratura e la Caccia 
Breve carrellata di scrittori italiani e non appassionati cacciatori

Dino Buzzati – Il colombre e altri cinquanta racconti 

«La caccia non è soltanto uccidere; è anche cercare, aspettare, illudersi, fallire, riprovare. È la lunga pazienza del silenzio.»
Buzzati, scrittore e cacciatore, spesso mescola realismo e simbolismo. In questa frase sottolinea il lato introspettivo della caccia.

Mario Rigoni Stern – Uomini, boschi e api 
«Il cacciatore vero è quello che conosce gli animali, li rispetta, e sa che il bosco è una casa dove si entra in punta di piedi.»
Rigoni Stern, reduce di guerra e appassionato della montagna, scrive spesso della natura e della caccia con profondo rispetto per l’ecosistema.

Wilbur Smith – Il giorno della tigre
«Quanto più nobile e bella è la preda, tanto più forte è l’impulso a darle la caccia e a ucciderla; in ciò non vi è nulla di inconsciamente crudele, ma è piuttosto un’espressione di amore: un amore fiero e possessivo. Un amore devoto che per consumarsi ha bisogno dell’atto completo e irrevocabile della morte. Distruggendo qualcosa, lo si possiede per sempre: un atto di egoismo, forse, ma l’istinto non conosce etica.»


Tiziano Terzani – Un indovino mi disse 
«Avevo imparato che chi va a caccia, alla fine, impara a conoscere sé stesso più che la preda.»
Terzani parla in senso metaforico, ma il riferimento alla caccia è efficace, grazie all'introspezione che regala e al viaggio interiore che permette di fare.

Giuseppe Tomasi di Lampedusa – Il Gattopardo 
«La caccia era stata buona. Ma più della volpe, aveva cercato il silenzio della campagna, lontano dalle parole e dai pensieri.»
Ne “Il Gattopardo”, la caccia è simbolo di un mondo aristocratico in dissoluzione, ma è anche una fuga contemplativa.

Ernest Hemingway 

Un capitolo a sé è Ernest Hemingway, cacciatore accanito, che passava dalla caccia grossa, di cui narra in” Verdi colline d'Africa”, alla caccia alle anatre, nella Valle di San Gaetano nella laguna di Venezia, alla pesca, considerati da lui momenti di crescita esistenziale per il rapporto di forza tra l'uomo e la natura, ma anche come grandi pause in cui sentire con minore violenza la solitudine.

«Non c’è caccia come la caccia all’uomo, e quelli che hanno cacciato a lungo uomini armati e ne hanno goduto, non si curano più di nient’altro d’ora in poi.»
Traduzione della frase inglese “There is no hunting like the hunting of man, …” attribuita a Hemingway. Venne pronunciata da Hemingway in un articolo (“On the Blue Water”, Esquire, 1936) ma è spesso citata in italiano nei contesti venatori.

«Poi vai, e rischia quel che devi rischiare come qualsiasi uomo o uccello o pesce.»
Il vecchio e il mare.
Santiago, il protagonista, meditava sulla sua sfida contro il mare e il pesce. Il linguaggio rimanda all’idea di “andare a caccia” nel senso ampio di ricerca.

«In un paese civilizzato […] gli animali selvatici continuano a esistere solo se preservati dagli sportivi. Le brave persone che protestano contro ogni forma di caccia e considerano gli sportivi nemici della fauna selvatica, ignorano il fatto che in realtà il vero sportivo è senza dubbio il fattore più importante per impedire lo sterminio totale delle creature selvatiche più grandi e preziose.»
Theodore Roosevelt

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