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Elogio del 'paraculo': sopravvivere con stile nella palude della politica

Elogio del 'paraculo': sopravvivere con stile nella palude della politica

In un Paese dove la coerenza è ormai un arnese di antiquariato e la memoria elettorale ha vita assai breve, i paraculi della politica prosperano come funghi dopo un temporale di agosto. Non sono né i peggiori né i migliori: sono semplicemente quelli dritti, che sanno dove stare, con chi andare a cena, quando parlare e soprattutto quando tacere. Hanno fiuto, non ideali. Hanno strategia, non visione. E soprattutto possiedono una straordinaria virtus galleggiandi: l’arte di restare sempre a galla. Sono quelli che cambiano casacca con la disinvoltura di chi cambia giacca a seconda del meteo. Ieri craxiani, comunisti duri e puri, democristiani e così via. Oggi progressisti, domani moderati, dopodomani sovranisti, nel weekend centristi. Non importa il contenuto, conta il contenitore. E se il contenitore è il potere, o qualcosa di simile, allora tutto si adatta. Sono quelli che si indignano a comando, che si commuovono davanti alle telecamere e si dimenticano dei problemi reali appena si spengono i riflettori. Parlano di “territorio” ma vivono nei palazzi o nelle loro pertinenze. Parlano di “gente” ma non la incontrano mai. Parlano di “futuro” ma non pianificano nemmeno il presente. Sono quelli che si presentano come “tecnici” quando conviene, “politici di esperienza” quando serve, “outsider” quando fa scena, “liberi” quando c'è l'ombra di un conflitto di interessi. Sono ovunque e in nessun luogo. Sono quelli che si intestano meriti altrui, che celebrano traguardi che non hanno mai contribuito a raggiungere. Sono quelli che resistono ad ogni scandalo, ad ogni figuraccia, ad ogni fallimento. Perché il paraculo non si dimette: si ricicla, si reinventa, si riposiziona. E alla fine, da teologo del Cencelli, trova sempre una nuova postazione. In fondo, il paraculismo politico è una forma d’arte. Una declinazione poetica e malinconica che non migliora il Paese, ma lo tiene tragicamente fermo. 

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