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Quando l'Italia s'innamorava al night

Quando l'Italia s'innamorava al night

Alfredo Antonio Carlo Bongusto, in arte Fred Bongusto, apparteneva a quella categoria di artisti che somigliano a ciò che vivono sulla scena e di cui si sente sempre più la mancanza. Era uno, che se vi capitava di incontrare a pranzo, davvero mangiava spaghetti, patatine e pollo in due, anche se l’insalata aveva preso il posto delle patatine e il pollo non lo mangiava più .
Era perennemente a dieta, il maestro, come amava essere chiamato, per continuare a vestire (senza che il tempo pesasse ulteriormente sul corpo) i panni del crooner in maniera disinvolta, e aveva l'abitudine di condividere gli spaghetti con la moglie Gaby Palazzoli, una delle Bluebell, che prima di diventare sua moglie aveva sposato John Barrymore Jr, da cui aveva avuto una figlia, allevata da Bongusto come se fosse stata sua.
Era un artista, che anche con le sue scelte private, cercava di differenziarsi, pur restando un italiano, un italiano che, come avrebbe detto Andrea Barbato, arrivando in città, si era fatto signore, nell'accezione borghese e migliore del termine.
Fred Bongusto avrebbe compiuto novant'anni quest'anno, era del '35 come mio padre, e come mio padre si chiamava Alfredo, un po' per questo, un po' perché il fidanzato, poi marito, della sorella più piccola di mia madre, zio Raffaele era un suo fan e me lo faceva ascoltare, è sempre stato uno dei miei cantanti preferiti.
D'estate impazzava, negli anni della mia infanzia e della prima giovinezza, così quando l'ho incontrato per davvero e da adulta, frequentavamo lo stesso ristorante a Napoli, mi sembrò di ritrovare un parente, e poiché era già diventato sordo, guardava le labbra di chi gli interessava per seguirne i discorsi, perché era spaventosamente curioso. Era anche un perfezionista e già solo gli arrangiamenti dei suoi brani valgono il giro di valzer con la sua voce.
Le rotonde sul mare, il primo passo verso la cementificazione delle spiagge negli anni ‘60, furono, per sempre, "nobilitate" dalla sua celeberrima canzone, canzone che fece acquistare, proprio alle rotonde, una sorta di super potere, facendole diventare un luogo magico su cui era possibile innamorarsi all’istante, complici il mare, l’estate e la sua voce “dove doce” .
Era talmente forte la suggestione emotiva esercitata da questa canzone che l'amministrazione comunale di Senigallia, nel 2009, decise di aprire, alla celebrazione dei matrimoni di rito civile, proprio la rotonda sul mare, rotonda che aveva ispirato la canzone, e che non era di cemento ma in legno e in stile Belle Époque, per quanto c’è chi sostiene che la rotonda fosse quella de "O Rangio" Fellone" di Punta Molino, a Ischia.
“Doce doce” fu la prima canzone che compose per intero, e che riapparve come filo conduttore nel film del 2013 “Cose nostre -Malavita” di Luc Besson con Robert De Niro e Michelle Pfeiffer.
La voce la affinò col tempo, grazie alla caparbietà che da Campobasso, e con una valigia di cartone, lo portarono a diventare un artista di successo, apprezzato non solo in Italia.
Era molto attento a ciò che voleva incidere, un caso su tutti è la canzone “Auguri”, di cui esistono tre arrangiamenti. Caso questo unico nella discografia italiana. Quando gli venne proposta la bocciò al secondo arrangiamento per ragioni sue. La canzone continuò a girare, arrivò a Los Angeles da Jimmy Husky (giungendo al terzo arrangiamento) fu mixata nello studio di Ennio Morricone e fu poi cantata da Peppino di Capri, anche se Bongusto l’aveva incisa un anno e mezzo prima.
Anche questo faceva parte del personaggio, rapidissimo nel decidere se incidere o meno un brano. Fred Bongusto ascoltava ogni cosa, ragionando e osservando, e proprio questa sua capacità di cantare ragionando (come faceva Frank Sinatra che non a caso era il suo mito) lo ha reso immortale, ancora prima di morire.
Cospicuo anche il numero di colonne sonore al suo attivo per film come “Malizia” e “Peccato veniale” di Salvatore Samperi", “Venga a prendere il caffè da noi” e “La Cicala” di Alberto Lattuada. Ci sono poi, la sigla finale della sceneggiato televisivo "Joe Petrosino" di Daniele D’Anza, e "Balliamo", che venne inserita nel film "Fracchia la belva umana", di Neri Parenti con Paolo Villaggio.
Era un uomo ironico e accanto alle canzoni da night, di cui era incontrastato mattatore, esistono anche canzoni come "Quando mi dici così", cantata con Minnie Minoprio, una canzone che metteva in luce la sua vena più giocosa.
Fece di Sant'Angelo d’Ischia il suo buen retiro, anche se poi vendette la casa nella quale abitava.
A Sant’ Angelo ci arrivava in barca , la sua, e a Napoli non dimenticava di passare con sua moglie, all’"Osteria di Antonio", in via Crispi.

«Fu prezioso il suo fraterno amico e compagno di scuola, Ludovico Socci, nel fargli da manager e press agent liberandolo da pratiche e contatti che incombono sulla vita di un artista. Altro suo compagno di scuola, il più illustre, fu Gaetano Scardocchia che scrisse, musicato da Buongusto, un “Inno del Mario Pagano” (Siam del liceo/sui volti brilla/alto l’annunzio/di nostra età…). Decenni dopo s’incontrarono nel camerino di un teatro di Torino: Gaetano direttore de “La Stampa”, Alfredo cantante affermato e adorato dal pubblico.
Quando nel novembre del 1993 promossi al Savoia di Campobasso un Memorial per il ventennale della morte di Gaetano, chiamai Alfredo: non si fece pregare, piantò ogni impegno e venne a testimoniare. Poi mi disse: “Ma sai che è la prima volta che salgo alla ribalta di questo teatro?”

Un po’ ce l’aveva con Campobasso, la città dove, mi disse, “nei negozi di dischi non esisto”, quasi per una sindrome di nemo propheta in patria. Gli si rimproverava di aver venduto casa a Vinchiaturo per andarsene a Ischia e di aver fatto il consigliere comunale socialista a Bari. E poi quel Molise puozz’esse’ accise. Lo chiamai per chiedergli: dicono che fai una guerra sorda alla città. Trasecolò: “Una Guerra? Ma come si fa ad essere in guerra con una città, con la tua città. Se mai ci fosse, direi subito, facciamo la pace. Scherziamo? Il Molise mi ha insegnato tutto, anche quella cosa speciale che si chiama malinconia”.

Ammise di “aver preso le distanze” di aver riscontrato “una certa freddezza”, per aver disertato feste di una “certa borghesia abbiente”, per venire in Molise “solo per vedere la madre e la sorella”. Poi mi confessò: “in verità io sono una creatura solare e da bambino ho sofferto troppo freddo. A Ischia rinasco. Adoro il Brasile”. Quanto al Puozzesse’ accise’ non aveva dubbi: “Tutti hanno capito che è una provocatoria dichiarazione d’amore per la mia terra”. I suoi amici del cuore erano l’avv. Pietrunti (Tonino), il geometra Fagnano (Peppino) e il prof. Oriunno (Paolino, al quale fece prendere casa a Ischia). Una volta gli chiesi cosa saresti oggi se fossi rimasto nel Molise? “Non so, credo troppo nel destino, ma chissà oggi come oggi, sarei un incazzato!”
Ma il ricordo che più ci legò per tutta la vita fu quando demmo vita a una band giovanile innamorata di jazz. Ci guadagnammo I primi soldini battendo sposalizi, compleanni e sale da ballo (quella del Roxy su tutte). Io ero al piano, Gennaro Oriunno (fratello di Paolino) al sax, Antonio Izzi alla batteria, Fortunatino Aurisano alla tromba e Alfredo alla chitarra (acquistata da Paradiso & Luciani grazie alle duemila lire di suo zio Alfredo Pulcini). Gli dicevo: “Alfré’ ma hai una voce così bella, velata, alla Nat King Cole, ma pecché nun vuo’ cantà!?” Opponeva sempre un testardo rifiuto, finché un giorno confessò: “Pecché me mett’ scuorn”. Capito? C’è stato un tempo in cui il crooner simbolo degli anni ‘60 si vergognava di cantare.

Una decina di anni fa venne a trovarmi a casa per parlarmi di un progetto: voleva che collaborassi alla stesura di un suo libro di ricordi. Prendemmo accordi, gli diedi dei consigli preliminari, di appuntarsi ricordi, reperire dati, incontri, aneddoti, ecc. Ci risentimmo vari giorni dopo, poi più nulla.. Confesso che mi è dispiaciuto molto. Avevo già in mente un attacco del libro. Questo: «Il 31 dicembre 1968, ultimo giorno del primo anno di contestazione giovanile, cinquecento seguaci di Adriano Sofri attaccano a colpi di arance marce il più famoso locale della Versilia, “La Bussola”, che per il veglione di S. Silvestro ha in cartellone due star: Shirley Bassey e Fred Bongusto...»

*Giuseppe Tabasso
(parte del coccodrillo che scrisse su Bongusto, per "Il Bene Comune", il 2 novembre 2019. Di Fred Bongusto il giornalista era amico e nel 2020 sempre per i tipi de "Il Bene Comune" ha scritto la biografia dal titolo “Il crooner che fece sognare l'Italia”).

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