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"Conclave" o dell'importanza della Geopolitica

"Conclave" o dell'importanza della Geopolitica

Da quando il mondo è diventato un grande villaggio globale, grazie a i social, la Geopolitica, come scienza, assume un'importanza ancora maggiore. A cinema più che altrove perché il cinema è un potentissimo amplificatore politico e sociale.
E se da una parte chi produce e fa cinema preferisce rivolgersi alla massa, per ovvie esigenze di mercato, disegnando scenari esistenziali scarni e miopi, dove la mancanza più grande è la riscrittura del mondo, per quanto riguarda le ambientazioni, e l'utilizzo di attori sempre più “insignificanti” ma onnipresenti, per riuscire a fare colpo, immediatamente, sugli spettatori, dall'altra esiste ancora lo spazio per film che riescono a restituirci il nostro senso nel mondo, dandoci la possibilità di ragionare su quelle che sono le vere sovrastrutture in cui noi siamo “costretti” a muoverci e a confrontarci.
È il caso di “Conclave” il film di Edward Berger, tratto dal romanzo omonimo di Robert Harris, che non a torto è considerato il miglior film dell’anno ormai trascorso, il 2024, per quanto riguarda il suo genere: il thriller.
“Conclave” è un thriller congeniato in maniera spettacolare, ambientato in quello che è ancora oggi il regno del Potere, e che il film osserva nel chiuso delle stanze, segrete, quelle del Conclave, che portano all'elezione del nuovo Papa, nel momento del trapasso terreno di quello precedente. In pratica è un film sull' uomo e sul suo essere integrato nel mondo in cui vive, in maniera costante ed uguale da secoli.
Il cast è importante, con l’esclusione di Sergio Castellitto, il cardinale Tedesco, che è disturbante e macchiettistico. C’è da augurarsi che non sia stata la sua una scelta voluta e pure razzista, visto che è il cardinale italiano da barzelletta contrapposto all’altro cardinale, Bellini, interpretato dal sempre bravo Stanley Tucci, perché effettivamente è l’unica nota stonata di questo film.
“Nessuno sano di mente vorrebbe quel trono. Gli uomini pericolosi sono quelli che lo vogliono” - dice il cardinale Bellini e recita muovendosi di conseguenza.
Il gran cerimoniere del “Conclave” è Ralph Fiennes, nei panni del Cardinale Lawrence, gran ciambellano e custode della ragion pura, e per questo pronto a tutto per far prevalere la lucida coerenza, in luogo delle faide e di un sentimento senza verso, il motivo per cui il defunto Papa lo aveva voluto a capo della delegazione dei Cardinali destinati ad eleggere il suo successore, per quanto lui non lo volesse, ma sarà proprio così?
“La supervisione di questa elezione è un compito che pensavo di non dover mai eseguire”.
A lui fa da contraltare, vero, Isabella Rossellini (si fronteggiano con una freddezza, figlia della loro bravura, realissima) sorella Agnes, che in questo film diventa Ingrid Bergman, sua madre. Una trasmissione cromosomica che generalmente la maturità regala a chiunque, nel senso che ci trasformiamo nei cromosomi del genitore più ostinato, invecchiando, e che in questo film recita in una maniera talmente esatta, con una giusta collocazione dei gesti, degli sguardi, del corpo, tanto da dimostrare come la recitazione non possa essere appannaggio di chiunque, e che averla nel sangue è tutta un'altra cosa. In pratica, Isabella Rossellini, dopo una vita passata altrove e dopo che qualsiasi regista le abbia chiesto di essere sua madre, finalmente si rivela, con lo stile indiscutibile che ha sempre accompagnato la sua vita e con la precisione professionale che le appartiene. È candidata per questo all'Oscar come attrice protagonista, come Ralph Fiennes che approderebbe, così, meritatamente, al suo primo di Oscar.
“Anche se noi suore dovremmo essere invisibili, Dio ci ha comunque dato occhi e orecchie” - una battuta secca ed arguta che sgretola secoli di maschilismo.
Torniamo alla Geopolitica.
Gli americani così come i russi, che si sono espressi meglio attraverso la Letteratura, il cinema a tratti, hanno una loro visione, inscalfibile, sul modo di stare al mondo, determinata dalla vastità dei territori in loro possesso e dalla possibilità di ampliarli a dismisura, attraverso le guerre e la democrazia.
Per questa ragione un film come “Conclave” , che entra in uno dei pochi e veri centri del Potere, usa la Geopolitica come fondamento della visione d'insieme del film stesso, al punto da tenere lo spettatore totalmente avvinto alla poltrona.
Sono belli l'ambientazione, la grafica, i luoghi (la Reggia di Caserta), i costumi, le musiche, i dialoghi e la possibilità che il film offre allo spettatore di sentirsi cittadino del mondo per davvero, e testimone delle sue eterne dinamiche di odio, di violenza, di amore, di morte, di stupidità, senza che la religione venga mai usata come modello esistenziale da seguire, proprio perché il film narra dell'uomo per come è, con tutte le sue debolezze ma anche con le sua capacità di discernimento e di apertura al mondo che cambia, al di là di qualsiasi remora morale.
La differenza quindi la fanno solo la Geopolitica e la capacità umana di saperla interpretare in luogo del Potere, che sia esso terreno o sovrannaturale, in pratica questo ci consegna la visione di “Conclave”.
Alla luce di ciò e della possibilità che questo film regala per il superamento di una concezione della religione retriva e miope, in fondo si tratta solo del Potere e delle sue regole per quanto inscritte in un sistema piramidale, anch’esso eterno, fa impressione come si siano passati giorni e settimane a discutere della vita privata di un prete che ha scelto di tornare ad essere laico, il luogo è ininfluente visto che sono scelte di vita ricorrenti.
Un fatto che non dovrebbe minimamente interessare, attiene al microcosmo di vite private che sono lontane e fuori dal vissuto di ognuno.
È qui torniamo alla Geopolitica e a come in contesti minuscoli questa sia sconosciuta, e come ciò sia lesivo nei termini della libertà personale e anche nei termini della libertà di professione di fede.
Il finale di “Conclave “per esempio per quanto sia un attimo forzato, ma totalmente in linea con quelle che sono le nuove istanze socio - culturali del nostro tempo, è ben oltre queste querelle da strapaese, e quindi bene fanno gli americani a prospettare nuovi mondi, che sono la realtà, più di quanto non lo siano quelli vecchi che impongono una visione della vita tutt’altro che propositiva ed evolutiva. Forse se i film seguissero di più le regole della Geopolitica, e cioè tornassero a ragionare in grande, qualcosa cambierebbe.
Allo stato dell'arte il cinema, quello vero, che si nutre non di "farneticazioni" ma di realtà ci ha già portato altrove, il resto è destinato a vivere come sempre senza verve ma soprattutto senza identità.
“Il dubbio alimenta il mistero, senza il quale non esisterebbe la fede.”
Ma lo sapranno mai coloro che vivono fuori dal “ Conclave"?

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