IL MATTINO
L'intervista
06.10.2024 - 13:08
“Forse non tutti sanno che” (cit.)... è stato compagno di classe di Alfredo Castelli che lo presentò, ancora giovanissimo, alle sorelle Giussani. Ha scritto libri per bambini, tra cui spicca il personaggio di "Lupo Rosso", il lupo buono creato per dare buoni consigli ai lettori più piccoli e spingerli ad amare tutti i giochi con la carta; ha progettato il marchio di Retequattro, fondato riviste ("Tilt", per esempio), è anche soggettista, architetto, giornalista, grafico, professore.
Mi sono appassionata alla lettura dei fumetti, come molti, con Topolino, ma l’amore vero è scattato con Diabolik, il ladro più celebre d’Italia. Furti, omicidi e nefandezze varie compiuti dal mio idolo non potevano ostacolare la mia affezione, mai una crepa, mai un litigio, mai un’ombra…a parte qualche scivolone come un certo cartone animato, ma si sa gli innamorati perdonano facilmente… Ecco è con questo sentimento di passione misto a devozione che ho intervistato colui che più di ogni altro, soprattutto dopo la scomparsa delle sorelle Giussani, rappresenta Diabolik: Mario Gomboli.
Direttore, sono rimasta colpita dal fatto che, tra le tantissime cose che ha realizzato nel corso degli anni, ha scritto anche diverse pubblicazioni per i bambini; anzi, quando ho trovato i libri di Lupo Rosso in biblioteca ho controllato la biografia per essere sicura che si trattasse dello stesso Gomboli e non di un caso di omonimia. Come riesce a far convivere l’animo dello scrittore per bambini con quello dell’inventore di tante diabolike avventure?
In realtà il processo della scrittura è sempre lo stesso, anche se con logiche diverse. Non lo sento schizofrenico perché il meccanismo è sempre quello di far leggere qualcosa di divertente a qualcuno, sia che si tratti di Lupo Rosso, sia di Diabolik.
Nel 1975 è stata pubblicata quella che è considerata da molti, giustamente, una delle prime graphic novel italiane: parlo di “Un fascio di bombe”, di cui era coautore insieme ad Alfredo Castelli, con disegni di Milo Manara, praticamente una triade divina… Una pubblicazione che purtroppo, dati i tristi tempi in cui viviamo, è ancora attuale
Sono d’accordo, sono ancora tempi tristi. Si tratta di un’operazione che fu commissionata dall’Avanti ad Alfredo Castelli, che all’epoca era diventato giornalista, che mi coinvolse e insieme affidammo i disegni all'amico Milo Manara, non ancora famoso come adesso ma già validissimo. E, soprattutto, politicamente motivato. La storia racconta i depistaggi seguiti alla strage di Piazza Fontana e in seguito le stragi di Piazza della Loggia a Brescia nel 1974 e due mesi dopo quella dell’Italicus; all’epoca si trattò di un lavoro di scottante attualità. Oggi lo definiremmo “giornalismo a fumetti”.
Ammetto di essere una sua grande fan, ho letto con interesse “Diabolik un cattivo soggetto”, dove peraltro ho trovato i soggetti di alcuni dei miei albi preferiti. Un libro importantissimo, secondo me, per chi vuole provare a scrivere storie per Diabolik; il suo stile poi è incredibile, affatto formale, anzi, pieno di battute e ammiccamenti, mi ha stupita piacevolmente. Che caratteristiche deve avere un soggetto per Diabolik?
Grazie per il commento. Si tratta di un libro sincero, veramente scrivevo così. Presentare oggi in redazione un soggetto è difficile, abbiamo novecento titoli alle spalle ed è problematico anche per noi inventare ogni mese nuove storie. All’epoca Angela Giussani era molto dura e se una storia non le piaceva diceva no e basta senza dare spiegazioni, ora ci arrampichiamo sugli specchi per salvare ogni idea valida. Chi vuol proporsi deve tenere conto della personalità complessa del personaggio, della sua evoluzione, e quindi leggere tanti episodi. Nel nostro sito c’è un decalogo per mandare soggetti, serve un racconto chiaro e rapido, non più di una cartella e mezza, non una sceneggiatura. Ci sono quelli che barano e mandano tutto in una cartella in corpo piccolo, i neofiti tendono a perdersi nella descrizione dei dettagli, mentre quello che conta è l’azione e io alla fine non posso perdere un sacco di tempo a leggere romanzi!
Diabolik è tra i miei preferiti, in famiglia siamo collezionisti da sempre e non perdiamo un albo, ammetto però di non avere apprezzato la serie Diabolik: Track of the Panther, assolutamente, a mio parere, non in linea con il personaggio degli albi.
Nel 1997 mi è stata affidata la responsabilità dell’adattamento di Diabolik per i cartoni animati Saban/ FoxKids. Gestire l’adattamento è stato molto difficile perché la serie era nata con i francesi, che conoscevano il personaggio, poi è passata in mano agli americani che invece non ne avevano contezza.
Mi meraviglia che non ne abbiano fatto un serial killer…
Il problema era opposto: lo si voleva più “buono” perché rivolto a un pubblico giovanissimo. Così alla fine è diventato un personaggio sullo stile Robin Hood, che rubava ai ricchi per dare ai poveri, non teneva più conto della complessa personalità di Diabolik. La serie animata ha avuto poco successo, ma ha contribuito a far parlare nuovamente della serie a fumetti.
Quanto c’è di Mario Gomboli in Diabolik e viceversa?
Sicuramente fa parte di me, in generale, il divertimento nell’ideare i colpi, ma mi manca il fatto che Diabolik non sia spiritoso e allora tento ogni tanto di inserire qualcosa di “leggero”. La prima satira su Diabolik la facemmo io e Castelli su TILT, si chiamava Diabetik, ed era stato approvato dalle Giussani che avevano un forte sense of humor, soprattutto Angela. Ma in una ristampa l’editore Sansoni (ex marito di Angela Giussani, n.d.r.).non volle quel nome perché era diabetico e lo trasformò in Diabolik.
Nonostante siano passati i tempi del boom di vendite degli albi a fumetti, restate saldi con uno zoccolo di fan tostissimo e fedelissimo, io stessa ne faccio parte. Secondo me in parte questo deriva anche dal fatto che l'Astorina da tempo ha saputo investire nel marketing, del resto Diabolik e un'icona di stile.
Il brand Diabolik ha fatto pubblicità per la diabolika Twingo, dei bellissimi spot, è apparso sulle magliette di Dolce e Gabbana, nelle copertine di Vanity Fair, sulle bottiglie dell’Amaro Zucca... tanto per fare degli esempi
Diabolik ha come complice Eva, il primo personaggio femminile di spessore nel mondo del fumetto italiano. Finalmente una donna diversa da Minnie o altre comprimarie, è alla pari del suo compagno ed ha una classe innata.
Eva è indiscutibilmente il personaggio più “originale” della serie, più di Diabolik, Ginko, che molto devono al feuilleton francese del secolo scorso. Solo due donne potevano inventare Eva Kant.
Ad un certo punto la testata è entrata in una fase critica, da mensile a bimestrale, un periodo che coincise con un importante cambiamento nella vita delle Giussani…
Nell’87 è iniziata l’agonia di Angela Giussani, per Luciana fu un momento doloroso entrò in una crisi depressiva e decise di far diventare Diabolik bimestrale invece che mensile, perché non riusciva a reggere il ritmo. Si rese conto di avere bisogno di aiuto per scrivere storie e qualche tempo dopo chiamò Patricia Martinelli, che aveva già lavorato per Diabolik. Patricia Martinelli diede vita in quegli anni, tra il 1996 e il 1997, alla testata “Il Grande Diabolik” che ebbe subito un grande successo, io diventai responsabile dei soggetti .
Negli anni successivi, dopo la morte di Luciana, lei da autore assume il ruolo, impegnativo, di direttore generale dell’Astorina. Un impegno importante, come è avvenuto questo passaggio di consegne?
È stata una transizione lenta, graduale, senza problemi. Mi sono trovato dall’altra parte della scrivania, avevo la responsabilità di una casa editrice come l’Astorina, che ha una storia familiare. Conoscevo tutti benissimo, avendo lavorato in Astorina da giovanissimo, all’inizio ero la mascotte. C’era un problema con la gestione di figure storiche anche superate e poi a livello imprenditoriale. Era ancora una società solida però gli anni in cui il profitto scorreva a fiumi sono finiti, infine io ho sempre sostenuto il brand Diabolik per farlo uscire dalla carta stampata.
Restate saldi nella classifica dei fumetti italiani più venduti, anche grazie, diciamolo, ad uno zoccolo duro di lettori appassionati...io stessa faccio parte del gruppo. Resto dell’idea che le operazioni di marketing abbiano fatto bene, d’altronde Diabolik è un’icona di stile senza tempo. Peccato non si sia realizzata la serie di telefilm che anni fa era stata annunciata, comunque a me personalmente è piaciuta la trilogia dei Manetti Bros, più del film di Bava.
Si, tutto in quel film è bondiano, a parte la Jaguar. Diabolik non lancia il pugnale, non ha le maschere…all’epoca sono andato a vederlo con le Giussani, che non l’ apprezzarono. I tre film dei Manetti sono andati bene all’estero, secondo me era comunque importante rispettare il personaggio, anche nella sua evoluzione. I film fanno riferimento agli albi del passato, molti l’hanno visto pensando che Diabolik fosse ancora quello lì, ma il personaggio è cambiato. Non abbiamo guadagnato nuovi lettori.Spero in una serie di telefilm , l’operazione con Sky è fallita ma vanno valutate altre strade, poi sta andando bene il Diabolik Sottosopra di Silvia Ziche e Tito Faraci che potrebbe diventare un appuntamento annuale.
Un piccolo appunto da fan: a parte la fantastica Eva Kant, mi piacerebbe fosse dato maggior spazio al personaggio di Altea
A breve per i 60 anni Altea sono previste delle iniziative importanti, delle mostre ed un volume dedicato a lei.
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