IL MATTINO
Intervista
14.02.2024 - 16:06
Esiste una convinzione, radicata ma erronea, che dietro a un uomo di successo ci sia una donna che gli faccia da tutore. L'idea della donna intesa come badante è dura a morire, ed è un'idea fallace perché non tiene conto della diversità degli esseri umani, e dell'esistenza di donne che, come gli uomini, non vivono i sentimenti solo come un prolungamento della propria mascolinità/femminilità. Le persone si incontrano e decidono di camminare insieme per obiettivi comuni, obiettivi che portano all'affermazione della loro personalità in maniera egalitaria e vincente. È il caso di Tamara Triffez, attrice, fotografa, artista a tutto tondo e di Giusto Puri Purini, architetto. Tamara Triffez è una signora splendida, luminosa, un’artista nata che ha vissuto la sua capacità di percorrere la vita, che sin da bambina si è scelta, con grande consapevolezza. Il sodalizio umano e affettivo con suo marito Giusto si è interrotto nell' agosto 2023, dopo cinquant'anni di vita e di esperienze comuni, un fatto che ha decisamente cambiato la vita della signora Triffez, che ha deciso di riavvolgere il suo filo rosso insieme a me. Un modo il suo di raccontarsi allo specchio, per definirsi ancora una volta, ma adesso da sola.
Prima parte
Buongiorno Rosaria, oggi devo andare dal dentista e non sono molto predisposta per la nostra chiacchierata.
Va bene ma, al di là di questo appuntamento con il dentista, lei come sta?
Sto come una persona che ha pensato da sempre alla morte, e che invece deve accettare la morte come un nuovo statuto, e non è il massimo.
L'architetto vedeva in lei il suo raggiunto punto di equilibrio, in una vita che lo ha visto anche al centro delle cronache rosa, cosa mi dice?
È stata una fase della sua vita - mi risponde ridendo - ma ha rappresentato un momento, più importante è invece la sua idea di Mediterraneo, un’idea molto allargata e che comprende tutto il mondo islamico, anche se quando lui ha iniziato ad interessarsene era un momento politico molto diverso. Oggi l'Islam sembra un mondo distante, mentre l 'integralismo è diventata un’onda che si alza e si abbassa. Tutto il periodo dell'evoluzione dell'Islam è stato cancellato. Il panarabismo è un altro schema di evoluzione, anche se è una delle realtà, ma non è la realtà. Le radici del viaggio architettonico di Giusto comprendevano tutto il bacino del Mediterraneo, erano una ricerca d'apertura. Ma adesso devo andare, c’è il dentista che mi aspetta. Quando penso al dentista mi viene in mente un dentista, che vidi sotto un albero, con le tenaglie pronte per le estrazioni, l'albero sembrava quello della vita. Oggi è tutto differente e in questo sono ottimi i tempi moderni.
Seconda parte
Ripartiamo dal grande respiro del mondo di cui suo marito era parte e anche lei, cos’è questo grande respiro del mondo?
Il grande respiro del mondo è il nuovo orizzonte, quello che lui scelse, quando suo padre lo convinse a dedicarsi a qualcosa di più solido, visto che lui aveva cominciato a fare un suo percorso artistico, dipingendo. Da parte mia, essendo figlia di un pittore, e ben conoscendo quella vita, non volevo sposare un pittore, ma nemmeno un impiegato. Essendo stata formattata da artisti per artisti potevo vivere solo con un uomo artista/architetto con l'idea leonardesca dello studio dell’Arte anche per l'architettura.
E infatti l’architetto nel finale della nostra intervista ringraziava lei e i suoi genitori proprio perché gli avevate evitato di diventare parte di una certa amalgama, una dichiarazione d'amore. Cos’è per lei l'amore?
L’amore per me è come l’arte, per la possibilità che offre di pensare e ripensare il mondo. Lo scriveva anche James Baldwin che l’arte è come l’amore, ti permette di pensare all'altro per ciò che lui non sa di se stesso. In questo senso, proprio perché nella mia famiglia si viveva d’arte, conoscevo già il percorso, e non chiedevo ciò che non era possibile all'amore. Non ero la ragazza borghese che aveva delle esigenze specifiche, avevo sempre un mestiere sottomano, e questo era parte del nostro andare molto d'accordo. Negli anni ‘60 c'era questo mito delle principesse, non era il nostro caso. Tutto questo fa sì che adesso per me sia un momento di totale ricostruzione: devo vedere chi sono, cosa voglio, anche su basi filosofiche. Devo attraversare la vita diversamente, devo riconoscere cosa è rimasto in profondità dentro di me. Il vissuto va trasformato, le motivazioni oggi non sono più le stesse di ieri. Noi siamo esseri che si muovono su motivazioni profonde, e non voglio né distrarmi né disperarmi, adesso. Vivo in un posto paradisiaco e questo già è un vantaggio. L'amore è in ogni caso la capacità di fare passare l'altro per primo, di essere in empatia con ciò che viviamo. L’amore è ogni cosa che si fa, un perfect day. Il mondo occidentale ha molto “specializzato l'amore”, e invece l'amore è essere presente all'altro in modo profondo. Non è San Valentino, anche se ho sempre adorato il cuore come simbolo. Mi vestivo con i cuori da adolescente, in modo assolutamente esuberante. I cuori in ogni caso portano positività.
Come inizia il suo percorso lavorativo?
Adoravo il teatro però è stato per me un ripiego, avrei voluto danzare ma ero troppo alta. Il mondo dello spettacolo l'ho incontrato al circo russo che amavo, in virtù del mio essere anche russa e nell'anima. Il circo russo mi ha trafitto la prima volta che, con grande meraviglia, ho visto il Circo di Mosca. Stiamo parlando della Russia comunista. I numeri che il circo proponeva erano di una tale potenza visiva che era impossibile non farsi ammaliare: volteggi senza rete, leoni che cavalcano veri cavalli, tutto questo era il massimo della possibilità dell'uomo nel rischio e nell’esibizione, e poi c'era Popov, il grande clown. Allora non esisteva le Cirque du Soleil, e il mondo del circo benché strabiliante era impenetrabile.
E poi?
Lavoravo a Parigi, avevo conosciuto degli artisti argentini e decisi di fare teatro. Mio padre non mi pose ostacoli, e cosi ho studiato al Piccolo ma dopo 20 anni ho smesso.
Perché?
Ho smesso perché in Italia avevano deciso di cancellare il teatro d’avanguardia e di sperimentazione per ragioni politiche, non ero più soddisfatta.
E così nasce la sua nuova vita da fotografa?
Si, quella della fotografia è una strada che si aperta abbastanza da sola.
La fotografia in Italia non è mai diventata mercato, gusto popolare. Letizia Battaglia, dopo i 70 anni ha iniziato ad avere un po' d'ascolto, grazie pure alla sua scelta, dura, di narrare, attraverso il suo lavoro, la mafia.
Malgrado non avessi grandi richieste ha lavorato, soprattutto perché mandavo e mando avanti la mia attività da fotografa quando avevo e ho qualcosa da raccontare: sono un cantastorie.
E l'antropologia fotografica?
L'antropologia fotografica è strettamente connessa ai diritti umani. Fare anche il fotografo di guerra era un percorso quasi consequenziale una volta, il fotografo aveva una sua aura, nessuno moriva in virtù del suo essere fotografo, adesso invece muoiono caterve di inviati di guerra e di fotografi.
Cosa rappresentano per lei i progetti umanitari?
Innanzitutto dei percorsi paralleli, dove la realizzazione dei percorsi, senza aspettative di mercato, ti fanno raggiungere un risultato, risultato che dà valore e risalto alla dimensione umana di un popolo, un valore etico che è un bisogno di tutti.
E quindi come si definirebbe oggi?
Un’ osservatrice e una cantastorie a livello del cuore e dell'amore.
Non penso che il mondo pulito e organizzato borghese sia mai stata la mia aspirazione, e vivendo l'ho dimostrato con il mio lavoro. Il mio stesso impegno per il Tibet fa un tutt’uno con la fotografia, e con il mio bisogno di essere coinvolta a fare progetti.
Torniamo alla Russia, le va di parlarne ancora?
Sono russa, i russi vivono in un paese freddo ma con un cuore molto caldo, la quarta lingua studiata da loro è l’italiano, perché gli piaceva, e anche perché l'Italia è stata presente in Russia sia da un punto di vista politico, sia da un punto di vista artistico.
Il mio bisnonno Franz Karlovich Sangalli era nato in Germania da padre italiano sposato con una tedesca. La mia era una famiglia di costruttori, una famiglia che ha costruito le fondamenta del Vaticano. I miei avi sposarono delle russe e quindi per questa ragione sono stati naturalizzati russi. Fondarono un impero con il metallo e con l'invenzione dei termosifoni. Il primo impianto di riscaldamento centralizzato è stata opera del mio bisnonno e all'Hermitage, e i gatti che vivono all'Hermitage se ne sono avvantaggiati.
Ci racconta la storia dei gatti dell'Hermitage?
Innanzitutto serve dire che esiste un Circo dei gatti russo, un fatto che non esiste da nessuna altra parte nel mondo, e anche per questo i gatti fanno parte della vita dei russi. Per quanto riguarda i gatti dell'Hermitage esiste un documentario su di loro che narra molto bene questa storia. In pratica fu zarina Elisabetta ad emanare un editto che autorizzava i russi a portare i gatti all'Hermitage, perché facessero da guardiani/ protettori alle opere d'arte, che venivano messe negli scantinati del Museo, e potevano essere distrutte dai topi. Oggi che non esiste più questo pericolo i gatti continuano a vivere all'Hermitage, e d’inverno, con le temperature a meno 30 gradi, si proteggono con i tubi del riscaldamento inventato dal mio bisnonno.
Sposando un italiano lei ha praticamente chiuso il cerchio, cosa ne pensa dell'Italia?
Facendo un percorso al ritroso non si può parlare di sé ma è importante parlare del proprio DNA. Tutte le cose che riguardano la mia famiglia d’origine le ho scoperte grazie a un mio cugino tedesco, che ha scritto una storia della mia famiglia. Il mio bisnonno vendeva e comprava anche brevetti e diventò borgomastro. In Italia è sfuggito tutto un po’ di mano, credo che più che la necessità di chiudere il cerchio della vita, oggi ci sia poca curiosità.
E cosa le dà più fastidio?
Oggi mi dà fastidio la volgarità, una volgarità che non capisco, a maggior ragione da quando non c'è più Giusto. L'ultima espressione, la base del buddismo, è che la vita finisce, un fatto che conosco ma che mi riesce difficile accettare, adesso che Giusto non c'è più. È finita per me la vacanza di una vita relazionale. Giusto faceva da ponte con l'Italia, un ponte seduttivo, intellettuale, molto accogliente. Non sono una gran mondana e in Italia fanno molta fatica ad attuare una riconfigurazione relazionale, a passare dal due all’uno, ma sto imparando tanto e velocemente. Oltre ad avere una pagina bianca da scrivere, niente desideri, tanto silenzio, devo lasciare che la vita si racconti, ma devo osservare mentre la mia solitudine è adesso enorme.
edizione digitale
Il Mattino di foggia