IL MATTINO
Cultura
11.12.2021 - 19:12
Non tutti sanno che Lina nata a Roma come Arcangela Felice Assunta Wertmüller von Elgg Spanol von Braueich ha sangue lucano nelle vene, precisamente di Palazzo San Gervasio, borgo d'arte della Basilicata nord-orientale. La sua famiglia di nobili origini svizzere era emigrata in Italia sul finire dell’Ottocento. Più tardi si trasferirono a Palazzo esercitando la professione di Farmacisti del paese, proprio lì a Palazzo, dove fino a dieci anni fa erano ancora in vita i cugini di Lina.
Il 9 dicembre 2021, all’età di 93 anni, dopo circa sessant’anni di creatività dietro gli iconici occhiali bianchi è scomparsa la regina del cinema italiano, premio Oscar alla carriera nel 2020, Lina Wertmüller. Tanta la commozione, gli applausi della folla, all'entrata e all'uscita del feretro, gli omaggi di amici come Giancarlo Giannini e Caterina D'Amico, ma anche lo humour della regista, evocato con il racconto di aneddoti sul set da parte del nipote Massimo Wertmuller e di Rita Pavone. Sono fra i tratti che hanno delineato i funerali, alla Chiesa degli Artisti a Roma. Lina è stata una personalità complessa, aristocratica e provocatoria, nelle sue circa ventisette direzioni come regista e sceneggiatrice ha rappresentato grazie alle sue tinte popolari e a tratti farsesche, l’evoluzione della società italiana e dei suoi modelli sociali. Una donna al comando, una di quelle vite segnate dal destino, compagna di banco di Flora Carabella, attrice e moglie dell’immortale Marcello Mastroianni, ancora diciassettenne allieva dell’accademia teatrale di Pietro Sharoff, una lunga gavetta nella televisione italiana, fino all’incontro con Federico Fellini nel 1960, svolgendo la mansione di aiuto regista ne La dolce vita e 81/2.
Non tutti sanno che Lina nata a Roma come Arcangela Felice Assunta Wertmüller von Elgg Spanol von Braueich ha sangue lucano nelle vene, precisamente di Palazzo San Gervasio, borgo d'arte della Basilicata nord-orientale. La sua famiglia di nobili origini svizzere era emigrata in Italia sul finire dell’Ottocento. Più tardi si trasferirono a Palazzo esercitando la professione di Farmacisti del paese, proprio lì a Palazzo, dove fino a dieci anni fa erano ancora in vita i cugini di Lina. Suo padre Federico, avvocato, nato a Palazzo si trasferì poi a Roma. Non è un caso dettato dalla sola bellezza pre-murgiana delle campagne di Palazzo, la scelta di questi territori per il suo primo film I Basilischi uscito nelle sale nel 1963, con musiche del grande Ennio Morricone.
Nella sua autobiografia, Tutto a posto e niente in ordine: Vita di una regista di buonumore, edita nel 2012, racconta come la suggestione mossa dallo «stile di vita che conducevano in quella terra» gli zii e i cugini di Palazzo, la spinse a scrivere il soggetto per «un insolito film sul Sud». I Basilischi girato tra Spinazzola, Minervino Murge e Palazzo furono un ritorno alle origini, un bagno di verità in una «terra dove vivono uomini piccoli e forti come tronchi d’olivo e donne dal volto greco e con gli occhi saraceni, dentro case bianche di calce e grigie di pietre», che ha segnato nella sua storia personale, il battesimo alla cinepresa e il suo trampolino da lancio verso il grande schermo.
Il film venne proiettato il giorno prima della Notte degli Oscar 2020, come omaggio alla sua carriera premiata il giorno successivo con la statuetta d’oro, un grande riconoscimento, oltre che interessate vetrina, per il nostro territorio davanti ai rappresentanti del cinema mondiale.
Abbiamo chiesto al dott. Mario Saluzzi, conservatore della Pinacoteca D’Errico di Palazzo San Gervasio di raccontarci quale fosse il rapporto tra Lina e la città di Palazzo. «Ho conosciuto Lina Wertmüller nel 2018» dice Saluzzi «quando in occasione dei suoi 90 anni, siamo stati amichevolmente accolti a casa sua a Roma, assieme al sindaco di Palazzo, nel suo salotto dove abbiamo fatto una lunga conversazione, come amici che non si vedevano da una vita». «Lei lo diceva sempre che il suo papà era lucano, ne andava fiera» continua il conservatore della Pinacoteca di Palazzo «la Basilicata la chiamava, non so dirvi il perché, la “terra dei re” come se per lei quella terra così lontana del sud, la terra dei suoi nonni, fosse sempre avvolta da un alone di leggende e misticismo».
Quanto i film di Lina, in particolare I Basilischi, sono importanti per la comunità lucana? Secondo Lei, quale è il lascito di Lina a questa terra?
«I Basilischi rappresentano alla perfezione quello che era ed è la Basilicata, in quel film Lina ha colto appieno aspetti di un luogo, che era la Basilicata degli anni 60’, che considerava quasi magico avendolo conosciuto solo dai racconti del padre. Quando giunse nel nostro paesino, si accorse che esistevano dei meccanismi di vita rallentati rispetto alla città e in occasione di quella visita gli venne l’idea di scrivere un soggetto da girare. Il film fu girato con pochi soldi, meno di cento milioni di lire, con attori e comparse presi dal posto, da Palazzo, tra cui i cugini e gli zii di Lina. Possiamo dire quasi un film basato e dedicato alla sua famiglia. Ne rimase piacevolmente sorpresa quando gli venne attribuita la “vela d’argento del festival di Locarno”. Ma ciò che il film trasmise e ancora oggi trasmette è il racconto di Lina dell’intimità dei lucani. Sono più di sessant’anni circa, dal dopoguerra ad oggi, che, come popolo, rincorriamo la frenetica idea di “città”, senza capire che in realtà la nostra forza è proprio quella di essere come I Basilischi, ovvero, essere genuini, accogliendo il visitatore e il turista, così come abbiamo fatto per Matera 2019, per come siamo e non per come vogliamo essere».
Come la Pinacoteca D’Errico ha intenzione di ricordare Lina Wertmüller?
«Lo abbiamo già fatto. Per i suoi novant’anni abbiamo ideato una mostra fotografica in collaborazione con la “Lucanian film commission”, che ha girato tutta la Basilicata. Qui a Palazzo abbiamo tenuto numerosi convegni e collaborato a una tesi di laurea di una giovane studentessa discussa proprio sulla pellicola de “I Basilischi”. Il grande progetto della Pinacoteca D’Errico, cosa che avevamo già promesso anche a Lina, resta quello di restaurare la pellicola de I Basilischi. Infatti, abbiamo già da tempo candidato il restauro al Ministero della Cultura e chiesto il sostegno delle imprese lucane per finanziare il lavoro, affinché l’opera di Lina venga conservata, non solo dal punto di vista materiale, ma nella nostra memoria di Lucani, o meglio di Basilischi».
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