IL MATTINO
Attualità
06.05.2020 - 13:19
Giovanna Botteri è forse la più celebre tra le giornaliste italiane, il grande pubblico associa il suo volto ai numerosi collegamenti che quotidianamente realizza da Pechino, città nella quale esercita il suo lavoro di corrispondente per la Rai. Inviata speciale in diversi paesi in guerra, ha raccontato agli italiani ciò che accadeva nel mondo con professionalità e pacatezza. Indimenticabile il suo video del 20 marzo 2003 quando filmò in esclusiva mondiale l'inizio dei bombardamenti su Baghdad. I due lunghi mesi di lockdown hanno permesso agli italiani di focalizzarsi su alcuni particolari come il colore dei suoi vestiti, apparentemente tutti uguali, dei suoi capelli poco curati. Molti i gruppi su Fb, innumerevoli i commenti su Twitter. Anche il Tg satirico più conosciuto d’Italia, Striscia la notizia, ha deciso di realizzare dei focus su di lei, non avendo a disposizione tantissimo materiale, di qualcosa dovevano pur parlare. Peccato che a presentare il servizio sulla giornalista sia stata proprio Michelle Hunziker, una delle fondatrici di “Doppia difesa” una fondazione onlus dedicata alla lotta contro la discriminazione di ogni genere. La conduttrice ha cercato di riparare la situazione con un video sul suo profilo e difendere il suo operato. La vicenda ha preso infatti una piega diversa, le polemiche hanno ingigantito le affermazioni, forse però era il caso di evitarle a priori. La risposta della giornalista non si è fatta attendere: «A me piacerebbe – afferma Botteri - che noi tutte spingessimo verso un obiettivo, minimo, come questo. Per scardinare modelli stupidi, anacronistici, che non hanno più ragione di esistere. Non vorrei che un intervento sulla mia vicenda finisse per dare credibilità e serietà ad attacchi stupidi e inconsistenti che non la meritano. Invece sarei felice se fosse una scusa per discutere e far discutere su cose importanti per noi, e soprattutto per le generazioni future di donne». I vip sono solo la punta dell’iceberg, il body shaming interessa quotidianamente milioni di persone. La dottoressa Giuseppina Mincarone, psicologa clinica e di comunità, con un Master di II livello in Psicologia scolastica e dell’età evolutiva, si occupa attivamente di problematiche simili nel territorio lucano. Il Mattino l’ha contattata per approfondire la tematica analizzando il problema nel tessuto sociale della Regione.
Il body shaming, di cosa si tratta e che impatto ha sulla personalità?
«Il fenomeno del body shaming consiste nel provocare intenzionalmente umiliazioni ad una persona attraverso critiche e derisioni relativamente al suo aspetto corporeo, sulla forma e sulla dimensione. È senza dubbio un fenomeno, definirei, “patognomonico” della società moderna in quanto fa riferimento a quel fattore culturale che decanta la fisicità androgina. Bellezza e perfezione fisica sono il passe-partout per consolidare quel senso di sicurezza, accettazione e desiderabilità sociale proposto dai modelli mediatici. La pratica del body shaming non fa differenza di genere e di età e determina ripercussioni psicologiche durature su chi ne è vittima: disturbi alimentari, stati depressivi, ansia e problematicità legate alla sfera identitaria e al benessere psicofisico, soprattutto in adolescenza, fase evolutiva già caratterizzata da una disarmonia temporanea tra pressioni, biologiche, psicologiche e sociali. La dinamica disfunzionale che sottende questa forma di bullismo verbale è quella di generare nella vittima la valutazione della propria inadeguatezza, rispetto ad uno standard desiderato, tipica della vergogna. È proprio il senso di vergogna sperimentato da chi subisce la violenza ad inibire il coraggio di ribellarsi e, quindi, denunciare».
Quanto è radicato anche in Basilicata?
«Il body shaming essendo un fenomeno molto diffuso in rete, dove i così detti “leoni da tastiera” si sentono tutelati ed invincibili dietro il loro anonimato, ha una contestualizzazione non specifica, ovvero, il web, in particolar modo i social network riescono a stabilire connessioni tra utenti in tutte le parti del modo per cui è molto facile ed immediato diventare bersaglio di insulti ed offese. È un fenomeno, ahimè, di cui si parla molto poco, ma gli interventi di prevenzione sul bullismo e cyber bullismo attuati nelle diverse scuole in cui ho lavorato evidenziano come anche in Basilicata tale pratica sia attuale e necessita, pertanto, di azioni informative ed educative mirate ed adeguate».
Come combattere questa forma di bullismo?
«A proposito di prevenzione, le agenzie educative primarie, quali la famiglia e la scuola, giocano un ruolo fondamentale. I modelli di accudimento genitoriali acquisiti e interiorizzati, andranno a determinare la natura dei rapporti interpersonali, in modo particolare nel gruppo dei pari, e la qualità dell’investimento emotivo nella relazione stessa. A tal proposito, sarebbe opportuno che i bambini sin dall’età prescolare vengano educati ad affrontare i propri stati d’animo disfunzionali imparando ad utilizzare e a potenziare le proprie capacità di pensare in modo costruttivo e razionale. Ad esempio, accrescere l’autostima consente di affrontare critiche e giudizi con consapevolezza di sé ed autenticità. Modellare l’empatia, invece, consente di riconoscere e rispettare le differenze sintonizzandosi con gli stati emotivi altrui».
Cosa consiglia da professionista? Come denunciare e a chi rivolgersi.
«La vergogna è quell’emozione che rende invisibili, portando all’isolamento sociale. La cronaca ci insegna che nella maggior parte dei casi nelle storie di bullismo e cyber bullismo si pecca di tempestività nell’azione. Al contrario, interventi precoci di prevenzione, soprattutto in ambito scolastico, debellerebbero dinamiche emotive disfunzionali scongiurando in futuro possibili acting-aut. Il body shaming è un reato perseguibile penalmente, attivando una denuncia presso la polizia postale e i carabinieri. Inoltre è attivo un numero telefonico di assistenza gratuita attivo 24 ore su 24 (il 114) e di recente è disponibile un’app anti-violenza scaricabile direttamente sul proprio smartphone».
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