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La storia

«Il mio Modigliani il Benedetto delle Arti in distribuzione a Livorno»

Roberto Zito, poeta, scrittore e pittore lucano, nato a Laurenzana, parla del suo libro “Amedeo Modigliani, la felicità è un angelo dal volto grave”

«Spero di aver portato in luce – ci dice Zito - la grandezza del suo mondo lasciando sullo sfondo le tracce delle sue vicende terrene senza le quali sono certo poco incisiva sarebbe risultata finanche la sua arte».

«La mia storia non ha teso alle bassezze ma alle altitudini, cercando di raccontare non Modì il
Maledetto ma Modigliani il Benedetto delle Arti». Così Roberto Zito, poeta, scrittore e pittore
lucano, nato a Laurenzana, parla del suo libro “Amedeo Modigliani, la felicità è un angelo dal volto
grave” pubblicato con il sostegno della Bcc Basilicata. Amedeo Modigliani è stato uno degli artisti più
importanti e influenti del ‘900. Il lavoro del poeta lucano Zito sarà distribuito a Livorno in
occasione del centenario della morte di Modigliani dove si sta tenendo, in questi giorni, una mostra
organizzata dall’Istituto Marc Restellini di Parigi. Si tratta di una ricostruzione minuziosa e ben
documentata della vita di Amedeo Modigliani. «Ho tracciato questo mio interiore ritratto
auspicando, - spiega l’autore - come nei tanti che egli ha dipinto, di essere anch'io giunto
all'essenza». «Spero di aver portato in luce – continua Zito - la grandezza del suo mondo lasciando
sullo sfondo le tracce delle sue vicende terrene senza le quali sono certo poco incisiva sarebbe
risultata finanche la sua arte». Il racconto mette, quindi, in evidenza l'intreccio tra gli eventi
dell’esistenza dell’artista e la sua arte. L’autore descrive un «sublime artista di una modernità senza
tempo che sovrasta come una stella luminosa e fluorescente la costellazione dell'arte del Novecento,
gigante non tra pari e immenso». Per Zito, Modigliani è un artista che non vuole sconvolgere l'arte
ma intende «scrutare dentro se stesso e sente di doverlo fare attraverso le immagini che già
percepisce piene di bellezza e malinconia». Modigliani non ha bisogno di modelle immobili in
classiche pose, di scene campestri ma di «donnine di strada che prende dai bassi e che porta lì sui
quadri, le percepisce vive, dissolute, autentiche nella loro umanità, nella loro sessualità e nell'intimo
delle loro coscienze». «La sua vita nella sua interezza – afferma Zito – è l'opera più grande,
magnifica e struggente che Modigliani abbia realizzato». La vita dell’artista è stata un continuo
peregrinare, spostamenti continui, case, studi e atelier di fortuna. Inoltre, Zito accenna al rapporto di
Modigliani con Picasso. Non ama quella sua pittura così «celebrale, così calcolata, fredda,
manchevole a volte di antico mestiere e passione». Mentre i quadri di Modigliani «grondano di
malinconie, di ardori, di ideali, di bellezza e sensualità». Non può mancare poi il contributo delle
donne. Infatti, l’autore ci racconta come l’incontro con una donna fa nascere la vera pittura di Modì.
Nasce così la serie di colli lunghi, dei volti emaciati e malinconici, nascono quegli «ovali
dolcemente declinati come fiori che paiono appena nati o sul procinto di morire». Così l’artista
trova finalmente la chiave per esprimere i suoi sentimenti. Nei suoi quadri le sue figure non hanno
corpi fatti di carne ma fatti d'anima, «impastati in quei colori, in quella materia di cui sono fatti i
pensieri. Con le figure allungate raggiunge il suo apice e le vette più alte esprimendo il suo mondo
interiore, quel che di più magnifico e struggente portava nel cuore.
Infine l’autore ci parla dell’altra protagonista della complessa vicenda artistica e umana narrata nel
suo libro: Jeanne Hébutern, finita suicida l’indomani della morte di Modigliani. Jeanne Hébutern
che più di se stessa amava Amedeo Modigliani e Modigliani che più d’ogn’altra cosa e di se stesso
amava la pittura e l’arte. Jeanne il cui unico peccato, se peccato può considerarsi, è stato quello
d’amare, poiché, come Zito sostiene nel breve prologo del suo bel libro «il vero discrimine nel
terribile andare della vita, che venga da una donna, da un uomo, dalla passione o dalla necessità
d’esprimersi in arte è indifferente: è l’amore poiché - come sosteneva Oscar Wilde - (… ) con
l’amore non si fa commercio al mercato, né si usano i pesi di un venditore ambulante. La sua gioia,
come la gioia dell’intelletto, è di sentirsi vivi. Lo scopo dell’Amore è amare: né più né meno (…)
… già, la gioia dell’esistere, la gioia del vivere così come la stessa gioia del creare discendono,
forse, in fondo da questo e da null’altro: dall’Amore e dal sentirsi vivi per ciò che si “è”… per ciò
che si “fa”.
Niente di più…niente di meno».

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