IL MATTINO
I pensieri dell'Altrove
24.02.2019 - 11:54
Erica Campanella"Emozionando" (galleria Piziarte.net)
Le sere con la luna piena, soprattutto grande e vicina come è stata in queste sere, fanno parlare il cielo. Sembra volerci regalare una forma rotonda di compagnia, forse perché il cielo, come ci hanno detto da piccoli, può essere il custode segreto dei nostri pensieri e delle nostre preghiere.
A me il cielo di sera piace più dell'azzurro del mezzogiorno, da bambina ero affascinata dal suo mistero, dalle storie delle stelle, le galassie, dai racconti della luna che cambia, dai terribili buchi neri. Ecco, dai buchi neri non sono solo incuriosita, ma sono proprio attratta. A cominciare dall'espressione 'buco nero', cioè qualcosa che rimanda ad immagini con delle profondità poco esplorate e poco ospitali, che non concedono vie di uscite o comode manovre per recuperare gli spazi. In più questi sono neri, senza interpretazioni o emissioni di luce, senza colori e senza fantasia. Se volessi immaginare luoghi più ostili un po' di fatica la faccio, credo resti solo l'inferno. Ci hanno spiegato gli esperti che all'interno dei buchi neri c'è una tale densità della materia che tutto succhia e tutto schiaccia. Attacca, attira, aspira, e poi condensa e ammassa, qualunque corpo celeste nelle vicinanze viene rapito e fagocitato, segno di una ingordigia onnipotente, di un eccesso di un'autostima stellare che più si nutre di se stessa più ha ragione di ingoiare. Ora, poiché qui siamo tutti figli delle stelle (ce lo ricordava pure Alain Sorrenti) arriva prima o poi anche per noi il momento in cui ci andiamo a scontrare con i nostri più terreni buchi neri. È inevitabile. Sono impatti primordiali di dolore, di caos, di annientamento. Sono quei vortici con una forza centrifuga incontrollabile dove noi uomini, sprovvisti di qualunque attrezzatura furba di salvataggio, dobbiamo riuscire a trovare il piccolo foro di uscita per salvarci dal cattivo buco d'entrata. E già questo ci fa positivamente pensare che siamo sicuramente meno luminosi e ancor meno poetici delle stelle ma, forse, più intelligenti o più fortunati. Forse. La cosa certissima invece è che i risucchiati, quando si trovano oppressi dal buco nero, capiscono subito alcune cose fondamentali: per esempio che la morte, il delirio o la follia, l'infelicità bastarda e la solitudine ontologica non sono poi concetti così siderali, al contrario sono molto mortali e molto parenti stretti dell'ordinario che tendiamo a guardare con la superficialità degli ignoranti. Quando sei nel tuo buco nero, ti accorgi presto della condizione limitata e al tempo stesso infinita dell'essere umano, capisci che se smetti di respirare hai smesso di vivere e che se ancora ne hai voglia, di vita, devi approfittare di qualunque solvente ti venga offerto per staccarti dalla colla cosmica che ti toglie l'ossigeno. Più si hanno desideri più si nuota verso la salvezza, più si ha consapevolezza saggia della fine più si vede la luce, meno convinzioni ci metti meno il buco nero si scorderà di te. Anzi, ti si affezionerà come un cane randagio e ti seguirà a vita pur di avere anche solo il frammento di un ossicino di una falangetta del dito mignolo. Qualche tempo fa si parlò di una scoperta importante che ci informava di una collisione fra due buchi neri avvenuta un miliardo di anni fa e che ha poi creato e rilasciato le onde gravitazionali. È come se l'universo avesse parlato, perché si è anche udito un suono breve simile ad sibilo. La suggestione è forte, un sibilo come un ultimo grido o come un canto d'amore e di dolore durante un collasso spazio- temporale irreversibile. E a me pare una cosa bella e sentimentale pensare, chiedendo scusa alla fisica, che in tutta questa densità cosmica inquietante, infinita, protagonista di fusioni violente, pure le stelle ogni tot di milioni di anni, probabilmente piangono. Proprio come noi.
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