IL MATTINO
I pensieri dell'Altrove
16.09.2018 - 10:52
Gli occhi non hanno censura. Non si arrendono dinanzi ad un cancello, davanti all’infinità del cielo e delle stelle, non arretrano sotto un temporale e non sanno difendersi da un orrore. Il solo vero limite è il sole, non si fa guardare perché come un Dio che deve essere temuto ed amato, esige il divieto all’ispezione e pretende la distanza dovuta alla potenza della sua luce. Ma gli occhi immaginano. E arrivano fino al pensiero, alle fantasie, ai ricordi. Restituiscono le immagini archiviate o quelle nuove, quelle indimenticabili e quelle banali, danno la forma ad un odore e stampano nella memoria le fotografie da conservare. Gli occhi si uniscono ai fatti, alle emozioni e alle esperienze, mettono insieme le particelle colorate e le spediscono alla testa. Ma accade che certe volte la testa non le vuole perché forse fanno male o solo perché sono ingombranti e non c’è più tanto spazio, così le spinge verso il cuore. Lì, restano. Anche se il cuore è affaticato, anche se non le desidera e vuole stare solo. Lì restano. In una casa fatta di invisibile pesante e denso, in una casa calda di sangue e anima. Questa casa protegge e custodisce tutte le immagini diventate intimità e segreti, strappi e sogni mai raccontati. Si raccolgono e si riconoscono, come fratelli sparsi e senza genitori, tutte le minoranze sbiadite dei nostri desideri antichi, tutte le confessioni che non hanno cercato penitenze. In questa casa ci andiamo a riparare quando abbiamo il tempo corto che ci azzanna sul collo o quando non riusciamo ad afferrare più nulla perché è tutto così veloce e noi siamo diventati lenti. È il posto del mistero di ognuno, si consumano gli strati spessi delle molecole del nostro nome, della sua storia e del silenzio intorno. In questo buio affascinante e sconosciuto gli occhi hanno lasciato cose, hanno appoggiato mani, hanno spiato il futuro, hanno reso possibile la remissione di un momento dimenticato. Ecco perché una notte, mentre dormivo, sono tornata in un posto lontano. Sono tornata in una casa vecchia che aveva scale di legno scalfito dall’uso, ero lì in un giorno in cui non so che cosa fosse o perché io mi trovassi, ma eravamo lì. Tutti nel paese di mia madre, nella casa dei miei nonni, mia madre e mio padre, mio fratello morto, i miei cugini persi o dimenticati, mio figlio, mio marito, i miei fratelli, i miei zii, addirittura i miei nipotini. Io cercavo tre piatti. Non trovavo tre piatti, ma sentivo che non potevo non trovare quei tre piatti. Poi, dopo aver aperto tante ante di tanti mobili, finalmente li vedo. In quel momento avverto come un senso di compimento definitivo per qualcosa. I piatti, con le decorazioni di piccoli fiori in oro giallo antico, sono lì. Sistemati con ordine, puliti, erano presenti per me perché mi aspettavano. Quindi mi dico che finalmente posso finire di apparecchiare. Sento intorno a me un accenno di risata di una bambina, guardo la tavola lunga con la tovaglia ricamata di lino bianco, le posate con delle incisioni sui manici, i bicchieri alti e fragili. Mi sento stretta, ho una linea di ansia che correggo con il senso del dovere, mi chiedo perché sono sola nonostante abbia tutta quella gente intorno. Ma durante la domanda mi sveglio. Da subito, la cosa che mi arriva come un fulmine è che i tre piatti erano di un “servizio” di mia nonna, mai più incontrati nella mia vita, mai più più rivisti, mai più usati se non quando ero bambina in occasione di eventi importanti, mai più andati a cercare, mai pensati, ma soprattutto mai più ricordati, anzi completamente e ragionevolmente dimenticati . E invece, invece erano ancora qui in fondo ai miei occhi. Dati in prestito al tessuto vivo della memoria. Qui, dentro ad un sogno che era dentro al cuore che era dentro ad una testa bambina che era dentro alla casa del più profondo luogo dell’anima: il pozzo prezioso dell’inconscio. Spregiudicato e necessario, come un attimo di follia buona che non danneggia la ragione, come una fuga o una separazione, una preghiera al sole. Come un ritorno sacro alle origini del pianto.
edizione digitale
Il Mattino di foggia