IL MATTINO
I pensieri dell'altrove
25.02.2018 - 11:53
La mattina va via sempre veloce, anche se l’indolenza di certi gesti o di certi pensieri possono far incespicare alcuni passaggi. Ma vado in automatico, in un susseguirsi di movimenti consueti e noti, perché sono una abitudinaria e perché, in fondo, la mia attitudine ad essere una persona organizzata mi consente una certa fluidità nelle operazioni. Quando sono a casa, a volume basso, mi piace sentire la radio, mi fa una compagnia meno ansiogena della televisione, non vedi immagini, non sei costretto a stare fermo, ma sei comunque informato. Lunedì scorso lavavo le tazzine del caffè e mi auguravo che la nebbia si alzasse, pensavo alla spesa, alla mia nipotina a scuola e alla visita giornaliera al mio papà. Ero modestamente tranquilla, cioè normale. Poi sento la notizia, alzo il volume della radio, mi irrigidisco. Una bimba di nove anni ceduta dai genitori a due vecchi bavosi per cinque, venticinque euro. Dipendeva dalla prestazione, e dalla qualità della prestazione stessa. La madre qualche volta la accompagnava, qualche volta assisteva. Mi prende un mal di stomaco che parte dalla base del cuore e si estende fino all’addome, mi viene un senso di nausea, di sbigottimento, di sordo ma potente sentimento di ribrezzo verso questa “madre”, di odio per il mondo in cui ci troviamo, di dolore acutissimo verso questa creatura forzatamente violentata nella sua primaria innocenza e nella sua infantile ignoranza. Mi immagino la sua faccina imprigionata in una bolla di sporcizia adulta e perversa, i suoi occhi che hanno già visto il peccato del desiderio cattivo, il desiderio malato, viziato, violento. Senza pietà per la sua piccola anima, le sue manine con le dita corte, i suoi capelli sottili, il suo respiro leggero. Mi sono chiesta quali fossero i suoi sogni, i suoi giochi e i suoi pensieri. Che cosa facesse in casa con sua madre, se suo padre l’avesse mai presa per mano, se avesse male da qualche parte del corpo e se, in qualche miserabile misura, fosse curata. Nove anni. E chissà quanti altri per recuperare, per rinascere e continuare a crescere. Il mal di stomaco ha avuto ragione su tutto, la giornata era segnata ed io mi sono sentita in colpa per tutto. Per il vuoto di bene che abbiamo intorno, per le sopraffazioni nascoste, per la sofferenza dei corpi, per la mutilazione delle anime deboli, per la nebbia fitta e criminale che avvita la morale necessaria alla salvaguardia dei fondamentali valori umani. Ho spento la radio, ho chiamato un’amica lontana, le ho detto che le volevo bene. E che qui da me c’era la nebbia. Quella sana, meteorologica e inoffensiva nebbia del cielo di febbraio. Che, con un cambio di venti, poi lascia guardare il cielo pulito.
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