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I pensieri dell'Altrove

Quando la politica è femmina, ci mette l'anima

Sarà la grande flessibilità del cuore, la resistenza, o l’inesauribile capienza emotiva, ma spesso mi viene da pensare che siamo come una solida terra calda.

Quando la politica è femmina, ci mette l'anima

C’è voluta una indicazione forte, per accettare o convincersi che anche alle donne piace la politica. Piace farla da protagoniste, da competitor adeguati, da professioniste. Così, dal Consiglio europeo, sono state regalate le quote rosa, strumento elegante per ricordarsi che una percentuale di presenze nelle liste elettorali dovevano portare nomi femminili. Io però ho sempre pensato che questa cosa, in fondo in fondo, irriti abbastanza l’apparato rigido e blindato di una certa cultura maschile che vede questa partecipazione come una prevaricazione di ruoli. Come se parlare di politica, o peggio ancora fare politica, fosse appannaggio esclusivo degli uomini, come se le investiture siano oggetto di una appartenenza unilaterale al linguaggio o alla competenza maschile. Le quote rosa ristabiliscono una forma di regolare diritto alla partecipazione attiva, alla discussione, anche a degli incarichi importanti, seppure con stitica elargizione. Io stimo e sostengo tutte quelle donne che in questi giorni sono alle prese con la campagna elettorale, sono donne che, di piazza in piazza, macinano chilometri con il costante senso di colpa per aver lasciato a casa un bambino con la diarrea o una bambina da portare a lezione di danza. Per non riuscire ad andare ai colloqui a scuola o non essere presente in un pomeriggio di crisi adolescenziale. Non occorre pensare ad una rivoluzione sanguinosa per cambiare alcuni atteggiamenti di una  società ancora poco “condividente” nei nostri confronti, basterebbe una maggiore partecipazione familiare, un supporto al ruolo materno, un sostegno pratico e generoso da parte dell’altro genitore. Le madri, esattamente come i padri, hanno aspirazioni e progetti, ambizioni e capacità. Ma la cosa più significativa è che, qualunque cosa facciano o dovunque esse si trovino, non scordano MAI di essere madri. Quindi di essere attente, accudenti, lucide e operative. In un esercizio emotivo senza pause e senza sconti, in uno stato permanente di ascolto e ricerca, di tenerezza e di autorevolezza. Io non ho ancora visto nessun padre che abbia ceduto volontariamente una porzione del proprio status professionale o politico o sociale a beneficio di una richiesta della propria famiglia, né essere vittima di sensi di colpa pesanti. E questo è un fatto culturalmente accettato. Per le madri è un moltiplicarsi di funzioni e di incarichi, di incastri magici e di pluralità di risposte. Senza superflue recriminazioni, senza troppe lagnanze. Sarà la grande flessibilità del cuore, la resistenza, o l’inesauribile capienza emotiva, ma spesso mi viene da pensare che siamo come una solida terra calda. Terra che protegge i semi, che si sgretola con l’arsura, ma che continua ad offrire ai viaggiatori del mondo la sua antica accoglienza e quella comprensione che diventa una solida stabilità.

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Mariantonietta Ippolito

Mariantonietta Ippolito

Il pensiero è la forma più inviolabile e libera che un individuo possa avere. Il pensiero è espressione di verità, di crudezza, di amore. Quando il pensiero diventa parola il rischio della contaminazione della sua autenticità è alto. La scrittura, invece, lo assottiglia, ma non lo violenta. Io amo la scrittura, quella asciutta, un po’ spigolosa, quella che va per sottrazioni e non per addizioni. Quella che mi rappresenta e mi assomiglia, quella che proverò a proporre qui. Dal mondo di “Kabul” al vasto mondo dei pensieri dell’”altrove”.

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