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I pensieri dell'Altrove

E se prendessi la vita nelle tue mani?

Strozzeranno i pensieri molesti, toglieranno aria al dolore, stringeranno alleanze con una forma possibile di respiro quieto. Costruiranno case dove far riposare la rabbia, toccheranno il pianto, metteranno a dormire quello che resta dei pezzi caduti.

E se prendessi la vita nelle tue mani?

I feltrini sotto la sedia si sono assottigliati, quando la si sposta si sente quello striscio simile ad un graffio aspro che arriva dritto dal pavimento. È meno acuto del gessetto sulla lavagna, è però più sgradevole perché più ripetuto. La mela lasciata a metà sulla tavola va tolta, fra poco diventerà scura e si sentirà il suo odore. In televisione c'è quel programma di medicina che oggi parla di cataratte e di disturbi legati alla primavera. Che paradosso, esiste tutta una letteratura sentimentale che accelera e fortifica le aspettative meteorologiche rispetto a questa stagione e poi ti sgonfiano impudentemente la nuvoletta rosa con le rondini e gli alberi in fiore sparandoti in faccia la notizia che in primavera, per esempio, aumentano le depressioni ed i suicidi. E non solo, si dorme di meno, ci si gratta di più, gli occhi bruciano, il naso gocciola, arrivano ansie ed emicranie. Ognuno, a questo punto, si prenda il diritto di non essere stagionalmente felice o forzatamente vivace. Ognuno resti quello che é, fuori e dentro questa primavera. Mi concentro su queste trasgressive informazioni mediche, così per un po' mi distanzio dalle informazioni mie. Capita di focalizzare l'attenzione su cose evidentemente stolte per diluire pensieri oppressivamente pesanti. Quelli che ti si mettono addosso come il sudore acre dei giorni dell'afa. Che si appoggiano in modo ambiguo, con l'insolenza irritante delle cose non desiderate. Approfittano di un giorno qualunque, l'ordinarietà fatica ad essere sempre così vigile o tempestiva. Mettono in circolo disordinatamente tutti i veicoli dell'ansia che per definizione non rispondono a nessuna precedenza, uno scompiglio senza indicazioni nè direzioni, un viaggio che parte con le domande semplici e primarie e poi diventa inquietudine complessa. I pensieri cattivi sono privi di cortesia basica, arrivano sollecitati da tensioni pregresse, si avvitano su se stessi fino a diventare un monumento strutturato di sfortunate percezioni. Sono colpi bassi imparabili perché precisi, chirurgici, aggressivi. La lucidità spinge verso le soluzioni, ma ci si ritrova appesi ad una nota stridula di dolore che contagia come un morbo tutto il sistema immunitario del cuore. Non c'è medicina, la cura a volte é un grande bluff, la terapia è polvere che nasconde. Non danno pause, vivono in un tempo continuo e denso come lava, corrodono le resistenze, danneggiano le risicate stabilità utili almeno ad una anoressica sopravvivenza. Le mani. Saranno le mani a scavare nello sbaglio, nell'errore, nei "non so'. Strozzeranno i pensieri molesti, toglieranno aria al dolore, stringeranno alleanze con una forma possibile di respiro quieto. Costruiranno case dove far riposare la rabbia, toccheranno il pianto, metteranno a dormire quello che resta dei pezzi caduti. Aiuteranno ad accogliere le paure, le ostinazioni cocciute della vita, spingeranno in avanti le spalle per farci camminare. Ci ridaranno il sangue che abbiamo perso, entreranno piano nel cuore con la nostra storia e le nostre canzoni. Ci diranno come si può fare per rimediare le crepe e difendere i confini del sopportabile. Io mi metto nelle mie mani, mi affido al flusso che non posso fermare ma che voglio sapere, mi affido al senso, al tempo che fa invecchiare anche le stanchezze. Mi affido al filo teso e invisibile di quella preghiera timida persa tempo fa ad uno spigolo di strada piena di buche. Da ritrovare.

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Mariantonietta Ippolito

Mariantonietta Ippolito

Il pensiero è la forma più inviolabile e libera che un individuo possa avere. Il pensiero è espressione di verità, di crudezza, di amore. Quando il pensiero diventa parola il rischio della contaminazione della sua autenticità è alto. La scrittura, invece, lo assottiglia, ma non lo violenta. Io amo la scrittura, quella asciutta, un po’ spigolosa, quella che va per sottrazioni e non per addizioni. Quella che mi rappresenta e mi assomiglia, quella che proverò a proporre qui. Dal mondo di “Kabul” al vasto mondo dei pensieri dell’”altrove”.

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