IL MATTINO
I pensieri dell'Altrove
27.11.2016 - 10:58
Il tutorial della tv marocchina che spiega come coprire i lividi con il trucco
La mistificazione che diventa insegnamento di cosmesi, la sepoltura definitiva della considerazione di un essere umano di genere femminile maltrattato, il sostegno ad una tesi violenta e raccapricciante truccata (è proprio il caso) da piacevole intrattenimento mattutino di fronte ad uno specchio e ad una telecamera. Succede in Marocco...
Il primo piano televisivo è chiaro ed inquietante: una donna bella, occhi scuri, capelli neri, il viso tumefatto. Lo zigomo viola, un occhio gonfio e semi chiuso. Insomma una donna bella, una bella faccia ma con i segni eloquenti di un pestaggio in piena regola. Niente paura però, signore e signori, la speaker fra poco ci insegnerà una magia moderna e molto furba: come truccare e rendere meno visibile un atto di violenza usando solo qualche sapiente accorgimento cosmetico e tanta, immagino, gioia di vivere. Quindi, una matita nera qui, un ombretto scuro e una buona quantità di colore lì e il gioco è fatto. Effetto chiaro-scuro perfetto, quell'ombra di 'smokey' tanto di tendenza intorno all'occhio, rossetto vivace, come certamente sarà la vita della 'modella' sulla poltrona. Deve essere una donna cazzuta, o così mortalmente infelice da avere tutta questa disperata voglia di provare un maquillage da teatro finto infilato in una vita da tragedia vera. Guardavo quel servizio e mi veniva da vomitare. La mistificazione che diventa insegnamento di cosmesi, la sepoltura definitiva della considerazione di un essere umano di genere femminile maltrattato, il sostegno ad una tesi violenta e raccapricciante truccata (è proprio il caso) da piacevole intrattenimento mattutino di fronte ad uno specchio e ad una telecamera. Succede in Marocco, ma anche lì, ne sono certissima, quando si hanno i pugni in faccia la botta fa male, i denti traballano, gli occhi si annebbiano e hai paura che puoi pure diventare cieca, esce sangue dal naso e dalle gengive spaccate. Anche lì la pelle si lacera, brucia e fai fatica a parlare o a sorridere, ammesso che si trovi un solo microscopico motivo per farlo. Anche lì la carne non è di plastica, le ferite le devi lavare, curare, vedere, nascondere, piangere. Poi sì, noi altri e nel mondo, celebriamo pure le giornate da passerella dell'otto marzo, del 25 novembre sul disgusto per le violenze, santifichiamole con le parole istituzionali e con le promesse politico- sociali- culturali, abbelliamole con gli slogan intorno alle fotografie sulla rete, profumiamole di odori tendenti alla compassione, facciamone baci e abbracci che ci scambiamo con la consapevolezza che il problema è, da sempre, di chi ce l'ha, cioé è il nostro. L'immagine l'ho tolta col telecomando con un gesto di insopportabile pena e orrore, ho fatto in fretta, mi sembrava che stesse ustionando una parte di me, una zona delicata fatta di equilibri sottili e pazienza, di saggezza femminile primitiva e di comprensione sfinita, di accoglienza tradita e di considerazione svalutata. Non c'è giustificazione, non esiste motivo al mondo per proporre un delitto etico così ripugnante, in qualunque parte del mondo possa accadere, tanto meno in un una televisione. Il trucco è stato fin'ora un mezzo per giocare amichevolmente con la nostra faccia, per farci una carezza, per dirci che quel velo di rossetto ci restituisce un momento di intimità con la nostra sicurezza, per guardarci con un mezzo grammo di autostima in più, per piacerci in una giornata in cui non ci piace neppure quell'ultimo capello che sta nascosto dietro la nuca. E, non ultimo, per stare meglio col mondo che incontriamo. Ma che non diventi mai una lezione di 'bellezza' per sminuire, o peggio ancora, per legittimare la schifezza. Non diventi una omissione, un fuoco d'artificio finto e bugiardo, un nascondiglio. Perchè anche senza cipria o matite, noi restiamo Noi: generosamente capienti, biologicamente profonde, nude e bellissime. Anche se oscenamente deturpate.
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