IL MATTINO
I pensieri dell'Altrove
04.09.2016 - 10:45
Dal punto di vista dei sepolti vivi vedersi affilati come le sfoglie di pasta per una lasagna deve essere stato insopportabile. Perché è vero che erano stratificati, ma fra una trave sbriciolata sulle ginocchia e un termosifone sullo sterno, con la polvere nei polmoni ed il buio dell'inferno in testa. Dice: ma questa è la satira. La satira come espressione urticante e fastidiosa uguale al gessetto che stride sulla lavagna, come un sapore acido che ti incastra la lingua sotto al palato, come l'insieme irriverente delle parole che più sono ustionanti più risultano efficaci. Ma facciamola pure la satira, ci fa capire che siamo liberi, a volte con una vignetta o con un dialogo breve siamo riusciti a decodificare concetti che sembravano i misteri di Fatima o siamo stati in grado di capire elementi che nel linguaggio ambiguo della politica erano ben mimetizzati o finemente criptati. Facciamola, divertiamoci o arrabbiamoci a seconda dello schieramento cui siamo affezionati, indigniamoci o eleggiamola a forma illuminata e colta della libertà di pensiero, usiamola come metafora scandalosa e sottile, approfittiamo della larghezza di spazio che si prende per dissacrare chiunque, ma, ad un certo punto, non si può pretendere di farla capire a tutti quando apparecchia morti di un terremoto in una teglia macabra che ancora oggi puzza di dolore e di sgomento. Io non ho sentito il bisogno di dire che ero diventata Charlie, ma di fronte alla morte ingiusta, qualsiasi morte ingiusta, mi viene immediato un senso di paralisi ossequiosa e colma di riverenza. Faccio dieci passi indietro e quando la morte oltre che ingiusta è incomprensibile io mi faccio piccola piccola e rifletto. Ora, se pure le vittime di un terremoto diventano, senza neppure poterlo saperlo, strumento politico internazionale per ricordare al mondo le contaminazioni con la mafia, il malcostume tutto italiano, il malaffare, dico che a Parigi la testata di questo giornale non deve passare momenti di glorioso recupero o devo pensare che per rilanciare l'idea di una satira che non teme le sanzioni di niente e di nessuno, ci si può prendere anche l'arbitrario lusso di affittare dei morti e di mascherarli da rigatoni, penne e lasagnette tutto made in Italy. Mi sembra speculativo, in questo momento. Certo, ora ci saranno le prese di distanza, le scuse e staremo a rimpolpare quel vecchio attrito che caratterizza la scarsa simpatia con i nostri cugini d'oltralpe. La rivista avrà fatto parlare di sé, noi avremo altri venti giorni di dibattiti feroci e ci applicheremo a capire meglio cosa si intenda per satira, quanto si debba ridere, quanto ci si possa sentire offesi, quanto bisogna aggiungere e quanto va ridimensionato o assorbito. Poi, però, andiamo avanti. Qui abbiamo altro da fare e da pensare. Qui non abbiamo vignette da disegnare, ma abbiamo lutti da elaborare, conti da pareggiare e case solide da ricostruire. A prova di satira, ma soprattutto di terremoti.
edizione digitale
Il Mattino di foggia