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I pensieri dell'Altrove

Anche oggi è Sant'Antonio. E se Dio vorrà...

Oggi il mio paese è in festa. Le porte chiuse schiaffeggiate dai venti sono sempre più vicine una alle altre. Noi ci ritroviamo collettività pacifica dietro ad un corteo di funerale

Anche oggi è Sant'Antonio. E se Dio vorra...

La festa di S. Antonio a Rocchetta (Ph. Giuseppe Palladino)

Oggi il mio paese è in festa. In realtà da ieri, Sant'Antonio Abate da noi gode di festeggiamenti prolungati. Una festa che unisce l'aspetto religioso a quello amministrativo, una fotografia di un paese che si muove nel freddo della sera di gennaio fra le vie antiche e i riti tramandati. Succede che, al tempo dei social e delle comunicazioni veloci, con la rete piene di foto e di commenti per i compaesani lontani, ti ritrovi in un'atmosfera quasi d'altri tempi, in quel ripetersi di gesti e consuetudini che danno identità ad un luogo e senso di appartenenza ad i suoi abitanti. Le cose conosciute rassicurano, la continuità diluisce le angosce del momento, ci appartiamo in un angolo sicuro, quello di una condivisione collettiva di un bene comune, dei ricordi, della storia di un posto. Si scelgono i sindaci, si succedono i preti, si cambiano le facce delle case o delle piazze, si rinnova l'umanità locale, ma il corteo con le torce, i pasticcini offerti dall'amministrazione, la banda e la gente che va a casa del sindaco e poi al municipio, la gara dei falò restano lì, intatti come monumenti sacri. È la festa del paese, è la celebrazione di un carattere che come le impronte digitali appartiene solo a quel luogo ed a quella gente, è un ritrovarsi ed un riconoscersi. Siamo sempre di meno, le porte chiuse schiaffeggiate dai venti sono sempre più vicine una alle altre, le inquietudini moderne ci rimandano ad un ottimismo risicato, l'aria non è poi così stabilmente salubre (vale anche come metafora). Ma l'humus di un paese è innervato di intrecci emotivi potenti, è pieno di livore casereccio e di scontenti, di liti e di lacerazioni, perché quanto più si è in pochi tanto più si pratica la passione senza guinzaglio. Ci siamo abituati. E sembrerebbe quasi disdicevole comportarsi diversamente, avere il 'contro' o il contrario ci aiuta ad essere vivi, frequentare la pace forse ci farebbe male o ci potremmo addirittura ammalare, anche di noia. E comunque, per quanto la pace la si invochi, di fatto non la desideriamo. Siamo selvatici, siamo carnivori, siamo sanguigni, forse qualcuno pure cannibale. Noi ci ritroviamo collettività pacifica dietro ad un corteo di funerale, ad agosto sotto al palco del cantante quasi sempre ex giovane e spesso ex famoso, poi ci raccogliamo, fedelissimi, dietro alla processione della Madonna del pozzo ed appunto ai falò di Sant'Antonio. Qualche altra volta ci siamo ritrovati contenti sotto la neve, tutti in piazza spinti dalla voglia di stare insieme come i bambini, e ci abbracciamo tanto a Natale e a Pasqua perché, sorprendentemente, ci piace assai farci gli auguri. I paesi piccoli sono come le famiglie, non ti puoi salvare dal parente rompipalle, ma nonostante tutto accetti con misericordia il dna comune. Ricordo un sedici gennaio del 1993: quell'anno la casa che ospitò la banda, la tantissima gente, i pasticcini, i vigili e molte altre belle emozioni era la mia. Sembravamo tutti felici, tutti tanto uguali e tutti tanto amici. Poi, arrivò la storia. Che confermò la sua natura, la sua voracità e il suo procedere verso la vita. Anche di quella inaspettata e durissima e di cui non hai sufficienti strumenti per poterla umanamente contrastare. Ma oggi è Sant'Antonio Abate, patrono del paese mio, fra un po' suoneranno felici le campane. Da domani decadrà anche la particolare deroga, tutta nostra, di tenere ancora accese le luci di Natale. Sarà tutto, all'improvviso, meno illuminato. E di Sant'Antonio ed i suoi festeggiamenti polemici ne riparleremo l'anno prossimo. Se Dio vorrà, come dice mio padre.

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Mariantonietta Ippolito

Mariantonietta Ippolito

Il pensiero è la forma più inviolabile e libera che un individuo possa avere. Il pensiero è espressione di verità, di crudezza, di amore. Quando il pensiero diventa parola il rischio della contaminazione della sua autenticità è alto. La scrittura, invece, lo assottiglia, ma non lo violenta. Io amo la scrittura, quella asciutta, un po’ spigolosa, quella che va per sottrazioni e non per addizioni. Quella che mi rappresenta e mi assomiglia, quella che proverò a proporre qui. Dal mondo di “Kabul” al vasto mondo dei pensieri dell’”altrove”.

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