IL MATTINO
I pensieri dell'Altrove
11.05.2014 - 11:05
C'era una stufa marrone, di quelle con il tubo che andava verso l'alto della cucina, c'era una griglietta sulla stufa marrone e c'erano delle bucce di mandarino sulla griglia affumicata della stufa marrone. Le bucce di quei mandarini che profumavano di dolce e di acre, che rendevano accogliente come le braccia di una mamma un luogo, un silenzio, una favola, una sera. Il profumo che un po' stordiva, che assaggiavi come caramelle di aria candita e ti riempiva la gola di sapori di casa. Seduti attorno a quel tepore, i racconti dei grandi diventavano voci rassicuranti e presenze protettive, le vesti lunghe e scure delle nonne erano approdi ancorati alla terra, le mani erano calde, tutto intorno il buio della sera non faceva paura, ma era confidenzialmente intimo. Le piastrelle color avorio pulite e lucide, l'odore dei dolci fritti per Natale diventava un membro della famiglia, i parenti che andavano e tornavano, i regali nascosti negli armadi per non farli vedere, i vestiti nuovi per la festa comprati dai nonni, la strenna pronta nelle buste, il futuro era questione lontana e senza domande. Non ricordo sensazioni di appartenenza più forti di questa, non ricordo sapori più intimamente dolci di questi, non posso non pensare che certe atmosfere resteranno dei fermo-immagine non più riproducibili. Come la neve nei bicchieri con un dito di vincotto, o l'uovo sbattuto con il Marsala e un goccio, solo un goccio, di caffè che ci preparava mia madre quando le sembravamo in crisi di energie. E nel mese di maggio, quando nel nostro giardino fiorivano rose di tutti i colori, la campana che al tramonto ricordava alle famiglie di buona volontà e di fede semplice che era l'ora di recitare il Rosario. Le nonne con 'lu maccatur', cioè quel foulard che a pensarci adesso mi fa ricordare i timbri cromatici della Caucasia, le gonne lunghe, le mani avvizzite e i denti invecchiati, gli occhi diventati piccoli, il corpo inconsapevolmente antico ed accogliente, la luce del cielo attraversata e penetrata dalle rondini, le prime fragole che sapevano di fragole, le foglie impertinenti e giovani sui rami. La preghiera come terapia di gruppo, come un rito aggregante e verbale al posto dei "socials", come antidoto alle paure della notte e allo scontroso mistero del futuro. Il racconto dei giorni, delle densità dei ricordi, vite uguali nelle preghiere e tanto diverse nei singoli itinerari, sguardi segreti nel petto, dolori silenziosi, ma tutto sembrava perfetto, nei contorni e nei respiri. Tutto circolare e inquieto, provvisorio ed eterno, nuovo e ripetuto. Le campane al tramonto di maggio ora non le sento più, le fragole sono quasi sempre marce, le rondini sembrano meno numerose e più stanche. E' restata l'inquietudine appuntita, senza la circolarità. Io sto al computer, al telefono, scrivo post. Sono diventata una nonna, ma non ho gonne lunghe scure, noi guardiamo in tv cartoni animati che parlano in inglese, facciamo punti sul tablet con giochi dannatamente complicati, abbiamo telecomadi per gli "inverter" e se dico "stufa" mi pare di parlare paleolitico. Sono rimasti i baci, quelli si, sono rimasti i gesti pieni di accudimento e cura, tenerezza e protezione. E le carezze. Che vorrei (tanto) fra trenta o quarant'anni mia nipote ricordasse di me.
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