Nelle case si nascondono i segreti. Fra le pentole, le sedie, le lenzuola e gli spigoli portiamo la nostra spogliata e smarrita identità, i nostri premi, le nostre colpe. Le manie, le parole insanguinate, i dialoghi spezzati. Lavato il fondotinta e tolte le cravatte, slacciate le scarpe, privi dei vestiti, ci congediamo dalle convenzioni comportamentali e torniamo noi col noi. Finalmente coerenti, senza censure per i pensieri, per qualche gesto senza senso, per una ruvida imprecazione ad alta voce, tanto non ci vede nessuno. Così, se per caso in radio trasmettono quella canzone piena di ritmo che ci piace tanto non resistiamo a qualche momento privato di danza, o a cantare un motivo, magari in un inglese tutto nostro, tanto non ci sente nessuno. Ognuno ha i suoi frammenti da accoppiare, nelle case, ognuno uno spazio, un angolo che sente più suo, che evoca ricordi. Ci sono investimenti affettivi, comodità familiari, ci si affeziona a degli oggetti, ci facciamo appartenere da odori, da luci e da rumori che rappresentano la nostra certezza quotidiana. Io ho una lampada importante, perchè appartenuta alla mia nonna materna e poi regalatami da mia madre, è molto antica, credo abbia assorbito nella sua porcellana nera con i fili dorati decine di voci e di umori, forse ha assistito a delle situazioni particolari, come delle liti o dei momenti di intimità; forse voleva rimanere lì, a Venosa, su quel cassettone dell'Ottocento dove fu posata per la prima volta e dove io la vedevo da bambina, forse ha dei segreti appoggiati fra i fiori disegnati sul vetro bianco opaco e scheggiato e forse, quando la tocco, capisce che non la tocco con naturalezza e leggerezza, ma con un senso di disturbante disagio. Io lo so, che nasconde delle notizie, delle immagini, so che sa che non amo le cose antiche perchè sono appartenute a facce, a mani, a vite e a vissuti che non sono più, e questo mi sgomenta un po' perchè mi pare di abbracciare un immenso e ignoto vuoto mortifero. Così come il pensare che fra le pieghe di un pizzo di un lenzuolo pregiato forse non c'è stato solo l'amore, la stretta delle spalle in un bacio profondo, l'incrocio caldo delle ginocchia, ma anche l'indifferenza, la prepotenza, la stupidità o la malvagità di segreti. Noi, forse, ad un certo punto crolliamo dinanzi al peso di una storia che non sopportiamo più di tenere soffocata sotto le vene, disposti a pagare un pegno o una condanna, ma gli oggetti sono uno sfregio tenace al pentimento: loro non cedono mai, non tradiscono, dinanzi al tempo o ai luoghi eterni. Nelle case si attaccano le vite, ne sono impregnati i muri ed i mattoni, nelle case le vite sono piene di pensieri e di segreti, nelle stanze delle case si vanno a sposare i respiri dei vivi, e sempre lì, fra i segreti dei fiori delle lampade, si andranno a nascondere per sempre quelli dei morti.
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Mariantonietta Ippolito
Il pensiero è la forma più inviolabile e libera che un individuo possa avere. Il pensiero è espressione di verità, di crudezza, di amore. Quando il pensiero diventa parola il rischio della contaminazione della sua autenticità è alto. La scrittura, invece, lo assottiglia, ma non lo violenta. Io amo la scrittura, quella asciutta, un po’ spigolosa, quella che va per sottrazioni e non per addizioni. Quella che mi rappresenta e mi assomiglia, quella che proverò a proporre qui. Dal mondo di “Kabul” al vasto mondo dei pensieri dell’”altrove”.