IL MATTINO
Forever
17.08.2019 - 23:49
Il dimagrimento è associato ad un netto miglioramento dei biomarcatori della funzionalità del fegato nei pazienti con la steatosi epatica non alcolica. Poiché non esiste una terapia farmacologica autorizzata, le linee guida raccomandano genericamente di perdere peso attraverso la dieta e l'esercizio fisico
La steatosi epatica non alcolica, conosciuta con l’acronimo NAFLD (Non Alcoholic Fatty Liver Disease), è una malattia che interessa una parte importante della popolazione dei paesi industrializzati. Si stima che in Italia il 25% delle persone soffre di steatosi epatica non alcolica.* Percentuale che cresce con l'età, con il sovrappeso, il diabete e l’obesità, fino ad interessare oltre il 65% degli adulti obesi. Ebbene, il dimagrimento è associato ad un netto miglioramento dei biomarcatori della funzionalità del fegato nei pazienti con la steatosi epatica non alcolica (NAFLD). [1] Poiché non esiste una terapia farmacologica autorizzata per il trattamento della steatosi epatica non alcolica (NAFLD), le linee guida raccomandano genericamente di perdere peso attraverso la dieta e l'esercizio fisico. [1]
Ma quale programma di dimagrimento è efficace per perdere peso e migliorare la “salute” del fegato? E a questa domanda le linee guida non sono in grado di suggerire un intervento specifico per dimagrire, restando, pertanto, nel vago. A questa indeterminatezza ha cercato di rispondere una “revisione sistematica e meta-analisi” di studi sperimentali randomizzati e controllati, nella quale i ricercatori hanno valutato l'impatto degli interventi per dimagrire sui biomarcatori (di laboratorio, radiologici e istologici) della funzionalità del fegato. A tal fine, sono stati inclusi ventidue studi, che hanno considerato gli interventi comportamentali (15 studi), la terapia farmacologica (6 studi) e la chirurgia (1 studio) su 2588 partecipanti totali (età media, 45 anni; 66% uomini). La durata mediana degli interventi è stata di 6 mesi.
I ricercatori hanno valutato l'intensità degli interventi in base al grado di supporto comportamentale, al deficit energetico prescritto o alla dose farmacologica. I programmi intensivi di dimagrimento, rispetto a nessun programma o a programmi blandi, sono stati significativamente associati ad una maggiore riduzione di peso (-3,61 kg), ad un livello inferiore della transaminasi (ALT) alanina aminotransferasi (-9,8 UI/L), ad una maggiore riduzione della steatosi epatica misurata sia istologicamente che radiologicamente, ad un punteggio inferiore per la NAFLD e ad una ridotta presenza di steatoepatite non alcolica. Tuttavia, il dimagrimento non ha ridotto la fibrosi epatica. Nell'analisi dei sottogruppi, gli interventi comportamentali hanno ridotto la steatosi epatica, mentre la terapia farmacologica è stata inefficace. Le stime statistiche trovate sono risultate in gran parte inalterate nelle analisi dei sottogruppi, se si escludono 12 studi ad alto rischio di distorsione e 7 con un rischio non chiaro.
In conclusione, dalla metanalisi e revisione sistematica di studi controllati e randomizzati (i famosi RCT) emerge che i programmi comportamentali intensivi per il dimagrimento sono in grado di migliorare i biomarcatori nei pazienti con steatosi epatica non alcolica (NAFLD). La sola farmacoterapia non ha avuto alcun impatto sulla steatosi epatica, il che è in linea con le evidenze attuali che indicano che nessuna terapia farmacologica sembra essere efficace nel NAFLD. Sfortunatamente, la fibrosi epatica non è migliorata, ma questo non è sorprendente data la breve durata dei lavori esaminati. Gli Autori dell’editoriale a commento dello studio sostengono che i risultati della metanalisi e revisione sistematica dovrebbero incoraggiare i medici a suggerire ai pazienti gli interventi comportamentali intensivi per il dimagrimento nel trattamento della steatosi epatica non alcolica (NAFLD). [1]
Note
La Steatoepatite Non Alcolica: cos'è e come si cura. Epidemiologia. Quotidianosanità.it “...La steatosi epatica non alcolica riguarda almeno il 25% degli italiani, cioè almeno un italiano su quattro ha il fegato grasso. Questa percentuale aumenta con l'età e soprattutto aumenta tra le persone in sovrappeso e diabetiche, per arrivare al 50% (una su due) nelle persone obese. Anche le persone normopeso, comunque, possono essere a rischio. In questo caso, la circonferenza vita è un indicatore di obesità viscerale più accurato dell’indice di massa corporea. Data la crescente percentuale di persone obese in Italia, tra cui anche bambini, anche la prevalenza della steatosi e della steatoepatite non alcolica sta crescendo e, dal punto di vista delle patologie del fegato, rappresenteranno un'emergenza in futuro. Si stima che nel 2030, circa il 30% degli italiani avrà il fegato grasso. Per quanto riguarda la NASH, la prevalenza è stimata intorno al 4,4% e si pensa che supererà il 6% nel 2030. Infatti, se è vero che oggi controlliamo bene le epatiti causate dai fattori virali, è altresì vero che stanno aumentano i casi e le complicanze legate alla NASH, come l'epatocarcinoma. Per aumentare la consapevolezza dei rischi della NASH, lo scorso 12 giugno è stato istituito il primo International NASH Day.”. (http://www.quotidianosanita.it/; pubblicato il 24 ottobre 2018)
Bibliografia
1 . Adler E, Brandman D. Treatment of Fatty Liver Disease-Time to Implement Common Sense Measures. JAMA Intern Med. 2019 Jul 1. doi: 10.1001/jamainternmed.2019.2244.
2 . Koutoukidis DA, Astbury NM, Tudor KE, Morris E, Henry JA, Noreik M, Jebb SA, Aveyard P. Association of Weight Loss Interventions With Changes in Biomarkers of Nonalcoholic Fatty Liver Disease: A Systematic Review and Meta-analysis. JAMA Intern Med. 2019 Jul 1. doi: 10.1001/jamainternmed.2019.2248.
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