IL MATTINO
Forever
25.06.2017 - 09:17
In attesa di ulteriori studi sperimentali in vivo e considerata l’evidenza circa l'effetto protettivo della soia sull'incidenza e la ricorrenza del cancro al seno, il suo consumo moderato sembra essere sicuro e forse benefico per la maggior parte delle donne.
“Grande è la confusione sotto il cielo. La situazione è eccellente”. La frase attribuita a Mao Tse-tung si presta anche per scrivere della soia in riferimento al cancro mammario, un argomento controverso, ma di grande interesse. Intanto perchè, mentre crolla il consumo di latte vaccino e aumenta quello delle bevande vegetali, soia in testa [1], la Corte di giustizia dell’Unione Europea, in una recente sentenza, afferma che la denominazione di “latte”, “yogurt” o “formaggio” deve essere riservata ai prodotti di origine animale e non a quelli vegetali (Corte di giustizia dell’Unione europea, comunicato stampa n. 63/17 Lussemburgo, 14 giugno 2017, https://curia.europa.eu/). Se, però, andate a leggere le confezioni del presunto “latte di soia” non troverete la dicitura “latte”, bensì di “bevanda a base di soia”, così è anche per il presunto “yogurt”, “formaggi”, ecc.
La situazione diventa ancora più confusa se dobbiamo consigliare di evitare gli alimenti contenenti soia alle donne colpite da cancro mammario, ed in particolare a quelle che assumono alcuni farmaci antitumorali, come ad esempio il Tamoxifene. Ciò in considerazione dell’ipotesi che i fitoestrogeni presenti nella soia possano interferire con i recettori degli estrogeni e quindi vanificare la terapia. Quando la confusione è grande, la situazione è favorevole per un tuffo nella letteratura scientifica per evitare di prendere cantonate. E dalle evidenze scientifiche emerge sempre più importante il ruolo dell’approccio nutrizionale e dietetico per la riduzione del rischio di sviluppare il cancro al seno o sue recidive [2,3]. Lo studio Women’s Healthy Eating and Living (WHEL), condotto su donne malate di cancro alla mammella, ha trovato che una dieta ad alto contenuto di frutta e verdura, fibra alimentare e basso contenuto di grassi saturi ha ridotto il rischio di recidiva del 31% rispetto al gruppo di controllo [4], e che l'assunzione più alta di verdura, in particolare delle crucifere, potenzia l'effetto del tamoxifene, con una riduzione di rischio di recidiva del 44% [5]. Se dimostrate efficaci, queste e altre strategie nutrizionali sono importanti per ridurre il rischio di incidenza del cancro mammario e della sua ricomparsa (recidiva) in chi ne è già stato colpito, e di potenziare gli effetti delle terapie oncologiche sulla neoplasia.
La soia è emersa come un alimento specifico che può ridurre il rischio di cancro al seno [6] ed è uno degli integratori più comunemente usati dalle pazienti affette da cancro al seno per ridurre il rischio di recidiva [7,8]. Rimane però una considerevole controversia per quanto riguarda la sua sicurezza, in particolare nei sopravvissuti, contro il cancro al seno a causa di effetti estrogenici [9]. La soia, nota anche come Glycine max, contiene la classe dei fitoestrogeni conosciuti come isoflavoni, in particolare genisteina, daidzeina, gliciteina, biochimina A e formononetina [9]. Gli isoflavoni assomigliano alla struttura dei recettori per gli estrogeni e sono in grado di legarsi al recettore specifico per gli estrogeni (ER) in vitro [10], comportandosi come un modulatore selettivo di tali recettori [9]. Per esempio, si è scoperto che gli isoflavoni di soia esercitano un'azione parziale ER agonista e antagonista a seconda delle concentrazioni locali di estrogeni, con proprietà antagoniste in concentrazioni simili ai livelli premenopausali e proprietà agoniste con livelli postmenopausali [9,11-13]. Gran parte del presente dibattito intorno alla soia deriva da evidenti conflitti tra ricerche in vitro e quelle su animali di laboratorio. Infatti, alcuni studi suggeriscono che gli isoflavoni di soia possano aumentare la proliferazione delle cellule tumorali [14], mentre altri mostrano il contrario [15-18]. A causa della cascata dei metaboliti dei micronutrienti, gli effetti degli isoflavoni negli esseri umani sono altrettanto complessi [19] e non ancora tutto è chiaro. Ad esempio, in circa il 30% della popolazione, la daidzeina, uno dei fitoestrogeni della soia, può essere ulteriormente metabolizzata nell'intestino in S-equol, un metabolita con più affinità per ER-beta [20-22]. Altra complicazione è che, oltre all'attività mediata da ER, la soia esercita effetti indipendenti da ER, inclusa l'inibizione del fattore di crescita endoteliale vascolare (VEGF) e gli effetti pro-apoptotici (cioè inducono la morte delle cellule neoplastiche). In particolare, la genisteina inibisce la tirosina chinasi e induce la proteina del soppressore tumorale detta PTEN (Phosphatase and tensin homolog) [23-25]. I risultati della revisione sistematica pubblicata su “PLoS One” di Fritz H et Al. [Soy, red clover, and isoflavones and breast cancer: a systematic review. PLoS One. 2013 Nov 28;8(11):e81968.], una rivista scientifica ad alto impatto, dimostrano che non vi è una ragionevole certezza che la soia aumenti il rischio di cancro al seno o di una sua recidiva. Questa è un’evidenza importante data la controversia esistente sulla relazione tra soia e cancro al seno. La revisione su Plos One [Fritz H et Al, Plos One. 2013] suggerisce che il consumo di soia può proteggere contro lo sviluppo del cancro della mammella, ma non riduce significativamente il rischio di recidiva del cancro al seno e della mortalità; tuttavia, questi risultati si basano prevalentemente su dati osservazionali. Sono necessari ulteriori trial a lungo termine per definire meglio questi effetti. In particolare, la ricerca deve individuare più chiaramente i possibili sottogruppi di donne che possono beneficiare della soia, basandosi sullo stato del recettore e/o sull'uso della terapia anti-estrogenica. La revisione sistematica di Plos One, suggerisce che, nel frattempo si disponga di ulteriori studi sperimentali in vivo e poiché l'effetto complessivo della soia sembra essere protettivo per l'incidenza e la ricorrenza del cancro al seno, il consumo moderato di soia sembra essere sicuro e forse benefico per la maggior parte delle donne. Molti fattori, tuttavia, influenzano l'attività biologica degli isoflavoni di soia. In primo luogo, gli isoflavoni di soia mostrano una selettività verso ER-beta piuttosto che su quello ER-alfa [26-33]. Questo è importante perché ER-beta sembra essere associato con effetti antiproliferativi e anti-carcinogenici, mentre ER-alfa con la promozione della cancerogenesi, e quest’ultimo è la forma clinicamente misurata nel trattamento delle pazienti affette da cancro al seno [34-35]. Nel seno, il recettore ER-beta si trova nelle cellule epiteliali duttali e lobulari e nelle cellule stromali, mentre quello ER-alfa si trova solo nelle cellule epiteliali e non nello stroma del seno [35]. Inoltre, ER-alfa è il recettore usato per classificare il cancro al seno ER ed è quello attraverso il quale il tamoxifene esercita i suoi effetti antiproliferativi [34,36]. Alcuni Autori hanno suggerito che ER-beta funziona come un possibile soppressore del gene tumorale, evidenziando che ER-beta possa controllare la proliferazione indotta da ER-alfa e che l’espressione di ER-beta è persa in molti tumori del seno [35,37-38]. Se la soia è preferenzialmente attiva su ER-beta, ciò potrebbe spiegare i suoi effetti chemiopreventivi. In secondo luogo, le evidenze precliniche hanno dimostrato che in condizioni di elevata concentrazione di estrogeni simili ai livelli premenopausali, gli isoflavoni di soia agiscono come ER antagonisti; mentre in condizioni di bassi livelli di estrogeni, paragonabile ai livelli post-menopausali, sono ER agonisti [12,39-40]. Particolare preoccupazione è l'uso di soia tra le donne che ricevono terapia antiestrogenica, come ad esempio l’uso di Tamoxifene. Questo farmaco agisce principalmente attraverso l'ER-alfa, mentre la soia è preferenziale verso ER-beta, il che suggerisce teoricamente un rischio minimo di interazione basato sul legame vincolante del recettore, tuttavia ciò non è ancora stato testato clinicamente [34,36]. Alcune prove preliminari indicano che gli isoflavoni possono avere effetti sinergici con il tamoxifene nei modelli di cancro e, quindi, ridurre lo sviluppo della resistenza al tamoxifene [41-42]. L'attività di legame genisteina, daidzeina, equo e dei loro metaboliti in vitro è di circa il 3% o meno dell'estradiolo per ER-alfa e del 18% o meno per ER-beta [43], mentre l'attività di transattivazione* di questi isoflavoni varia dal 55% all'84% relativamente all'estradiolo, rispetto al 43-55% per il tamoxifene per ER-alfa e ER-beta [43].Tuttavia, occorre prestare attenzione all’integrazione con fitoestrogeni di soia se assunti in presenza del tamoxifene fino a quando non ci sono dati clinici che ne dimostrino la sicurezza con sufficiente ragionevolezza. La revisione citata [Fritz H et Al, Plos One. 2013] non ha rivelato alcuna chiara modifica dell'effetto della soia (come alimento) basato sullo stato menopausale o sullo stato di ER +/- nei pazienti affetti da tumore al seno in grandi studi osservazionali. Tuttavia, ha trovato variazioni in base alla localizzazione geografica.Gli studi condotti nei paesi asiatici, ad esempio, hanno riportato effetti chemiopreventivi rispetto agli studi nei paesi occidentali, i quali hanno più frequentemente trovato risultati nulli. Ciò può essere attribuito alla differenza nei consumi di soia tra queste aree. La dieta tradizionale giapponese, infatti, contiene 6-11g di proteine di soia e 25-50 mg di isoflavoni; i percentili più alti di assunzione di soia negli studi asiatici arrivano fino a 20 g di proteine di soia o 100 mg di isoflavoni al giorno [188]; mentre, tra le popolazioni occidentali è nell'ordine di poche centinaia di microgrammi (mcg) al giorno [29]. Pertanto, è possibile che l'effetto della soia dipenda dalle variazioni genetiche presenti nelle popolazioni asiatiche. Nechuta et al hanno condotto un'analisi dell'effetto della soia nella recidiva del cancro al seno, esaminando anche le variazioni etniche [44]. Ebbene, anche dopo aver escluso le donne di origine asiatico-americana dalle elaborazioni statistiche, restava l'associazione inversa tra consumo di soia e recidiva di cancro mammario, minando il suggerimento che l'effetto della soia dipenda dalla differenza genetica tra etnie [44].La già citata revisione pubblicata su Plos One conclude affermando che: “La soia non sembra influenzare i livelli di estrogeni circolanti o esercitare effetti estrogeni simili ai tessuti bersaglio. Le prove sono insufficienti nel dimostrare chiari effetti del consumo di soia, o di integrazione, sulla riduzione delle caldane nei pazienti affetti da cancro al seno. I dati osservazionali suggeriscono che l'assunzione più elevata di soia, coerente con quella di una dieta tradizionale giapponese, può essere protettiva contro lo sviluppo del cancro della mammella, nonché la ricorrenza e la mortalità del cancro al seno, anche se vi è la necessità di studi clinici per confermare questa relazione. Fino a quando non ci sono ulteriori dati che ne supportano la sicurezza, si raccomanda attenzione nell’avvalersi di integratori ad alta dose di isoflavoni nei pazienti con cancro al seno”.Per un uso moderato della soia, così come suggerisce la revisione di Plos One, si può prendere in considerazione la concentrazione degli isoflavoni negli alimenti e bevande da questa derivati. Ed il contenuto di isoflavoni varia notevolmente per 100 grammi di prodotto: si va dalla farina (Kinako) con 199 mg al Miso con 43 mg/100 g; dal Tofu con 28 mg alla bevanda di soia 9 mg e dai Burger di soia con 3 mg all’olio di soia con 0,0 mg (USDA Database for Isoflavone Content of Selected Foods, 2001). Pertanto, in conclusione, per un uso moderato di soia, sarà meglio orientarsi verso quei prodotti con un basso contenuto di fitoestrogeni.
* Con il processo di transattivazione le proteine regolative aumentano la capacità di trascrizione della RNA-polimerasi e dei fattori generali di trascrizione (da Enciclopedia online Treccani, disponibile al sito http://www.treccani.it/)
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