IL MATTINO
Forever
28.01.2024 - 10:37
Le campagne di alfabetizzazione mediatica dovrebbero essere più pratiche e i motori di ricerca dovrebbero integrare metodi automatizzati con contributi umani per combattere la disinformazione. In conclusione, la lotta contro la disinformazione richiede un'azione concertata da parte di diversi attori, tra cui fornitori di motori di ricerca, istituzioni educative, media e società civile.
Il 2024 si annuncia come un anno cruciale per la democrazia globale. Con elezioni in paesi che rappresentano circa la metà della popolazione mondiale, gli esperti lanciano l'allarme sulla diffusione senza precedenti di informazioni ingannevoli e disinformazione. Questa sfida impone una riflessione profonda sul ruolo dei motori di ricerca e dei social media nel plasmare l'opinione pubblica. Il dibattito politico è fondamentale nelle società democratiche. I partiti politici competono per l'approvazione degli elettori, sottoponendo le loro politiche al giudizio pubblico. Tuttavia, l'avvento di Internet e dei social media ha modificato radicalmente il panorama, permettendo una diffusione quasi illimitata di affermazioni e contro-affermazioni.
Un recente studio pubblicato su Nature sottolinea un aspetto spesso trascurato di questo fenomeno: le cosiddette "data voids" o spazi informativi vuoti. [1] Questi sono spazi nei quali le informazioni mancano o sono insufficienti, e dove chi cerca di verificare la veridicità di argomenti controversi può facilmente cadere. Il lavoro suggerisce che le campagne di alfabetizzazione mediatica debbano evolversi oltre il semplice "fare una ricerca online".
La diffusione di informazioni errate o ingannevoli è un tema di ricerca attivo da tempo. Secondo l'effetto della "verità illusoria", le persone tendono a credere a qualcosa quanto più spesso vi sono esposte, indipendentemente dalla sua veridicità. Kevin Aslett e colleghi hanno dimostrato che l'uso di Google Search per valutare l'accuratezza delle notizie porta spesso a un maggiore affidamento su storie inaccurate. Google, contattata da Nature, ha spiegato come i suoi algoritmi classifichino gli articoli di notizie basandosi su varie misure di qualità, come l'allineamento con il consenso delle fonti esperte. Tuttavia, questo approccio non è sufficiente per evitare che le persone cadano nelle "data voids" di disinformazione. Si discute quindi dell'importanza di un'integrazione tra metodi automatizzati e contributi umani, soprattutto su argomenti per cui mancano informazioni affidabili. Mike Caulfield dell'Università di Washington e Paul Crawshaw dell'Università di Teesside suggeriscono un approccio più pratico nell'insegnamento dei metodi di ricerca, proponendo di iniziare con influencer e persone in posizioni di rilievo, per poi estendere l'alfabetizzazione mediatica alle loro reti.
In conclusione, la lotta contro la disinformazione richiede un'azione concertata. Non è solo compito dei fornitori di motori di ricerca, ma anche di istituzioni educative, media, e riviste scientifiche come Nature. Con l'ascesa dell'intelligenza artificiale e dei grandi modelli linguistici, il bisogno di agire è urgente. Nel super anno elettorale del 2024, è essenziale fornire agli elettori gli strumenti per riconoscere e ignorare le notizie provenienti da fonti inaffidabili.
Bibliografia
1 . How online misinformation exploits 'information voids' - and what to do about it. Nature. 2024 Jan;625(7994):215-216. doi: 10.1038/d41586-024-00030-x. PMID: 38195876.
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