IL MATTINO
IL PIANETA VEGA
01.01.2017 - 16:06
Ci siamo svegliati con una brutta notizia: un altro attentato terroristico, questa volta a Istanbul. Così è incominciato il 2017, macchiato di nuovo sangue e segnato da nuove urla di dolore.
Ma in realtà è davvero accaduto questo?
Le immagini della notte appena trascorsa in Turchia scorrevano sui nostri schermi televisivi mentre la maggior parte di noi sorseggiava il caffè, alcuni ancora stanchi per via delle ore piccole e dei bagordi, altri già attivi e pronti per il pranzo del primo dell'anno. Nessuno, o quasi, si è sentito Istanbul così come non si sente Aleppo o Ankara eccetera. Inutile rimarcare che non è forse possibile fare sempre il #jesuis di qualcuno; laddove molti si scandalizzano per queste stragi dimenticate, si contrappone la fredda logica dei criteri di notiziabilità secondo i quali ogni santo giorno ci si dimentica di qualche strage, di qualche morto, di qualche catastrofe che avrebbero pur diritto di cronaca. In realtà sta accadendo qualcos'altro che sembra poi la grande vittoria del terrorismo: quel mix di assuefazione e paura con il quale l'Occidente sta imparando a vivere, giorno dopo giorno. Forse è una necessità dell'uomo, quella di imparare a rassegnarsi alla realtà; potremmo anche chiamarlo spirito di adattamento. Resilienza.
Il problema nasce nel momento in cui l'adattamento diventa accettazione dell'esistenza così com'è senza fare nulla per cambiarne i connotati più brutti. Se spegniamo la TV sembrano quasi non esistere.
Accettiamo un po' di tutto, anche perché fermarsi a riflettere, e poi anche se si riflette passare all'azione, è sempre più complicato con i ritmi che le società contemporanee impongono. Stragi quotidiane e silenziose ci passano ogni giorno sotto gli occhi, e non ce ne avvediamo, a partire da quella degli animali macellati e serviti in tavola.
Certo, che cosa può fare la forza del singolo, o di un piccolo gruppo, contro il terrorismo? Quale soluzione si può trovare a una situazione mondiale estremamente intricata, quando sembra che l'unica sia un reset, un azzeramento per ripartire da capo?
Empatia e compassione sono le due parole chiave che possono davvero cambiare il mondo. Se aspettiamo che la soluzione venga dall'alto, dalla politica, dall'economia, non otterremo mai nulla. E non perché non siano queste validi strumenti per avere un mondo più giusto: non sono valide le persone che li gestiscono. Non sono valide non perché non siano nate tali, ma perché il mondo le ha rese totalmente inefficienti e disfunzionali ai fini di un ristabilimento della pace e della giustizia a tutte le latitudini. Spesso per arrivare al potere bisogna scendere a compromessi; educare i bambini di oggi, che saranno gli adulti, e forse anche i potenti di domani, secondo queste due linee guida, può fare molto più di quel che si pensi. Forse tanti politici non sono stati educati a questo; o forse nel loro cammino hanno incontrato un sistema che costringe a piegarsi per poter raggiungere un obiettivo e, se non si è veramente forti nelle proprie convinzioni etiche, vacillare è un attimo. Non si può pretendere che le cose cambino all'anello finale della catena: devono farlo a monte. E il tesoro su cui investire sono i bambini e i giovanissimi; questo non esclude anche i giovani adulti e i meno giovani, i primi spesso disillusi nelle loro grandi speranze, i secondi necessari a imprimere quella svolta educativa senza la quale non si va da nessuna parte.
Etica è l'altra bella parola che speriamo possa accompagnare questo 2017. Basta un piccolo esercizio per sviluppare queste tre indispensabili dimensioni umane: darsi come obiettivo una giornata in cui sperimentarle ed esercitarle in ogni momento. Può essere stupefacente scoprire in quante situazioni potremmo metterle in pratica nell'arco delle 24 ore: soffermarsi nel leggere un'etichetta, scegliere un programma televisivo piuttosto che un altro, acquistare un capo di abbigliamento o un alimento invece di altri, persino il linguaggio che adottiamo. Siamo oltre 7 miliardi di individui nel mondo, di questi l'80% muore di fame (dato che ha il solo scopo di compendiare le varie statistiche sull'uso delle risorse), e le nostre scelte consumistiche vengono guidate da poche centinaia di persone o aziende. Quale incantesimo è mai questo? Il nostro potere di scelta è enorme e pressoché illimitato. Se imparassimo a metterlo in pratica davvero, quante cose inizierebbero a girare per il verso giusto. Certo, in qualche modo lo si esercita sempre: scegliere male, scegliere in maniera indotta, o anche non scegliere costituiscono comunque una scelta. Scegliere in modo consapevole, secondo queste sole tre direttrici (etica, empatia, compassione), dà alla vita tutto un altro sapore. Nuovo, vergine e libero, per quanto possibile ad oggi, da quel retrogusto qualunquista e mortifero di tante cose che facciamo.
24 ore. Provare per credere.
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