IL MATTINO
IL PIANETA VEGA
30.10.2016 - 18:30
Fucacoste e cocce priatorjie a Orsara di Puglia (FG)
Lo dico: a me la festa di Halloween non piace. Ma non per questioni religiose - visto che l'unica presa di posizione veramente forte contro questa colonizzazione culturale l'ha presa la Chiesa - quanto per una serie di altri motivi.
Viviamo in un mondo globalizzato dove tutto è uguale a sé stesso. Non più di 15 anni fa era bello andare in un'altra città e comprare un vestito, saresti stato il solo ad averlo nella tua. Adesso è tutto un pullulare di catene e marchi tutti uguali, ovunque. E così siamo entrati anche nell'era del franchising delle tradizioni. Eppure qui in Italia siamo pieni di tradizioni relative a questi due giorni in cui si ricorda che esiste una Vita oltre la vita. E anche se non esistesse (ché non la pensiamo mica tutti uguale) è comunque un momento importante quello di fermarsi per ricordare chi non c'è più. Giusto per restare nel foggiano, la mia zona d'origine, zucche e candele le conosciamo benissimo (fucacoste e cocce priatorije sono anche una attrazione turistica che forse andrebbe esportata, se proprio vogliamo fare di ogni tradizione un'attrazione, piuttosto che farla fagocitare dai vari Jack-o'-lantern) e di dolcetto-o-scherzetto non abbiamo bisogno considerato che avevamo già i nostri dolcetti nella calza dei morti. Sicuramente in tutto il Belpaese (oggi così martoriato dal terremoto che forse Halloween passerà in secondo piano) ci sono tradizioni simili, perché il culto dei morti probabilmente si somiglia un po' ovunque in Occidente. Quello che non mi piace di Halloween è che con esso la morte si riduce a una carnascialata per tenere contenti soprattutto i bambini, ma a quei bambini poi difficilmente si spiega il vero senso di quello che qui fra l'altro non è il 31 ottobre, ma il 2 novembre. E anche qualora lo si facesse, con quale schizofrenia si può collegare la mascherata al grande mistero della morte? Certo, l'esorcizzare la morte è qualcosa che fa parte dell'uomo e questo esiste sin dalla notte dei tempi. Però siamo così sicuri che la morte vada esorcizzata? A me piace pensare al giorno dei morti come una memoria serena, non come a un giorno triste. Si ricorda chi si è amato, chi non è più con noi fisicamente, ma forse dovrebbe smettere di essere un giorno per piangere, dovrebbe essere un giorno di Vita e di Luce, un giorno in cui è bello credere che chi non c'è più forse sta meglio di come si sta qui, senza per questo denigrare questa vita. Qui, in questa dimensione terrena e materiale, abbiamo incombenze, compiti, forse ciascuno una missione personale. Lì, come dire, si va in ferie dopo un lavoro durato una vita. E non a caso proprio la tradizione cristiana mette il giorno dei defunti dopo quello di Ognissanti, a collegare la morte con la vera vita.
Abbiamo desacralizzato ogni cosa, compresa la vita. Si può nascere in provetta, da uteri in affitto, si nasce senza mistero. Si è scollegato l'atto della procreazione dal suo significato profondo, si vede e si vende sesso a tutte le ore e ovunque non solo senza amore, ma soprattutto senza ricordare che ad esso è collegato il grande dono e la grande responsabilità di dare la vita. La morte è forse l'unico, vero grande mistero che ci è rimasto e non è qualcosa che si può ridurre a una mascherata, a dei trucchi o a dei dolcetti. Nella tradizione della calza dei morti i dolci, poi, li portano i defunti; in questa americanata i bambini li chiedono ai vivi. E allora, dov'è il ricordo, dove la memoria? Non sto dicendo che Halloween sia in toto una pagliacciata, l'ho chiamato americanata perché lo diventa nel momento in cui lo importiamo qui senza nemmeno sapere di che cosa si tratti, mentre nel suo contesto originale va bene, anche perché poi ciascun popolo ha la propria sensibilità, la propria cultura e ciascuno si approccia alla vita a suo modo. Non mi piace nel momento in cui noi stessi lo riduciamo a questo carnevale fuori stagione e basta.
Senza contare che la mamma degli imbecilli è sempre gravida, e così un sacco di idioti si mettono a giocare al piccolo satanista torturando gatti neri e bianchi. Quindi non è una festa da animalisti. Si parla tanto contro l'agnello pasquale, ma purtroppo anche tale fenomeno sta diventando importante. Abbiamo bisogno anche di questo?
Intendiamoci: una decina di anni fa, quando ero più ragazzina e quando Halloween non lo festeggiava quasi nessuno ed era solo un piccolo carnevale che si risolveva al massimo in qualche cappello da strega o decorazione da pub, il cappello da strega l'ho indossato anche io. Quindi sì, è anche a causa di queste piccole innocenze che si è aperto il varco a questa, lo ripeto, colonizzazione culturale così acriticamente subita. Mi consola solo sapere che, alla stessa maniera, abbiamo iniziato in pochi la rivoluzione cruelty free e un giorno saremo la maggioranza. Non mi torna solo una cosa: perché di fronte a ciò che è inutile (vedi l'accettazione di tutto ciò che arriva da oltre oceano), l'uomo si lascia trasportare e sedurre, mentre davanti a quello che è necessario (come, appunto, il non uccidere vite innocenti) si oppone tanta resistenza?
Non comprendo nemmeno la soluzione alternativa di mascherare i bambini da santini, alla fine si tratta della stessa cosa, uguale e contraria. Parliamo piuttosto ai bambini di che cosa è la vita, e di che cosa è - o potrebbe essere - la morte. Cerchiamo di dar loro un senso dell'esistenza, perché già viviamo in un mondo sempre più superficiale, in cui la vita vale sempre meno e lo vediamo nella facilità con cui si uccide e si torturano altri esseri viventi o anche persone.
Quest'anno - complice anche un po' la mia antisocialità che non mi fa amare molto i bambini sconosciuti del vicinato che suonano continuamente il campanello - metterò un cartello dietro la porta: "Qui non festeggiamo Halloween. Inutile suonare". Che dite, troppo crudele per una che si professa cruelty free? ;)
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