IL MATTINO
AntichiRitorni
18.11.2018 - 02:52
Era un eroe di particolare bellezza e muscolatura che sposò la figlia di Eretteo, famoso re dell’Attica, ossia Procri. Innamoratissimo e gelosissimo della sua sposa
Da dove ha origine l’isola di Cefalonia? La più grande delle isole Ionie, secondo il mito rientrava tra i possedimenti di Ulisse, e addirittura recenti scavi archeologici fanno supporre che la città su cui regnava l’eroe greco non fosse l’attuale Itaca bensì proprio Cefalonia**. Infatti, i poemi omerici parlano di un’isola prevalentemente pianeggiante, cosa che l'attuale Itaca non è; i ricercatori sono giunti alla conclusione che l’odierna Itaca corrisponda all'antica Dulichio e che, invece, la Itaca omerica sia la penisola di Paliki, che fa parte di Cefalonia. Il nome di quest’isola, tuttavia, è legato ad un altro mito quello di Cefalo. Quest’ultimo era un eroe di particolare bellezza e muscolatura che sposò la figlia di Eretteo, famoso re dell’Attica, ossia Procri. Innamoratissimo e gelosissimo della sua sposa, Cefalo un giorno fu visto da Eos (dea dell’aurora) che si innamorò perdutamente di lui e cercò di rapirlo ma invano. Per vendetta, conoscendo la gelosia dell’uomo, insinuò nella sua mente l’idea che la moglie gli fosse infedele e che lo tradisse con chiunque le avesse portato doni. Così Cefalo fingendosi un altro cominciò ad insidiare con avances e regali la sua stessa consorte, finché Procri non cedette alle lusinghe; solo allora svelò la sua identità e la donna fuggì. Successivamente i due si riconciliarono ma il fato volle che in una battuta di caccia, credendo di aver dinanzi un cerbiatto, Cefalo uccise involontariamente la sposa; per questo motivo fu costretto ad andare in esilio e fu accolto a Tebe dal re Anfitrione (padre putativo di Ercole, ma questo è un altro mito), che per averlo aiutato in un’impresa gli fece dono di un’isola che da lui fu poi chiamata Cefalonia.
** https://www.corriere.it/Primo_Piano/Cronache/2006/10_Ottobre/13/domenici.shtml
http://ricerca.gelocal.it/tribunatreviso/archivio/tribunatreviso/2007/01/11/VT1TC_VT102.html
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