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Aria di Olimpiadi... quando le donne non potevano partecipare

Eppure il mito narra di una fanciulla che nella corsa aveva le capacità da velocista di un uomo, anzi, più di qualunque uomo: il suo nome era Atalanta

Aria di Olimpiadi... quando le donne non potevano partecipare

Mentre a Pyeongchang, nella Corea del Sud, si disputano i XXIII Giochi olimpici invernali, il pensiero non può che correre ad Olimpia (nell'antica Elide), patria delle competizioni più importanti del mondo antico, al punto che quando si gareggiava ogni battaglia, ogni guerra, ogni qualsivoglia conflitto era sospeso: nulla poteva far sì che le Olimpiadi non si disputassero; così importanti al punto che i Greci contavano gli anni a partire dalla prima Olimpiade (776 a.C.). All'epoca i giochi non erano tantissimi: per lo più le discipline del pentathlon (salto in lungo, corsa, lancio del disco, lancio del giavellotto, lotta), la corsa, il pugilato e la corsa di cavalli. Certamente le regole erano ben diverse (si pensi che molti perdevano anche la vita durante le dispute) e sicuramente non erano ammesse le donne. Eppure il mito narra di una fanciulla che nella corsa aveva le capacità da velocista di un uomo, anzi, più di qualunque uomo: il suo nome era Atalanta; la sua storia l'ho già raccontata in questo blog domenicale ma sono felice di riproporla. Quella di Atalanta è la solita vecchia storia che ha accompagnato molte eroine del passato: “suo padre voleva un maschietto e invece…”, motivo per cui il re dell’Arcadia decise di abbandonare la bambina ancora in fasce. Tuttavia, una volta cresciuta, Atalanta – forse per uno scherzo del destino – manifestò di possedere capacità simili, se non addirittura superiori, a quelle di un uomo in molti campi, primo fra tutti quello della caccia; da abile cacciatrice qual era riuscì nell’impresa di ferire per prima il feroce cinghiale calidonio, notizia che si divulgò in tutta la Grecia, così che il padre decise di riconoscerla. A questo punto il re impose ad Atalanta di prendere marito, ma lei – sia perché seguace di Artemide/Diana sia perché un oracolo le aveva predetto che avrebbe perso le sue abilità una volta sposata – mise in atto uno stratagemma: avrebbe sposato solo colui che l’avesse battuta nella corsa, disciplina in cui la fanciulla eccelleva; chi non ci fosse riuscito, avrebbe pagato con la vita l’averla sfidata. Vincere o morire, dunque… Capite bene che dopo un po’ i pretendenti cominciarono a scarseggiare, tuttavia Melanione (o Ippomane), innamoratissimo di lei, chiese aiuto alla dea dell’amore Afrodite (e chi se no?), che gli affidò tre mele d’oro del Giardino delle Esperidi da lasciar scivolare durante la corsa. Orbene, dato che è vero che Atalanta aveva tutte le virtù di uomo ma nell’animo era ‘donna’, ogni volta che vedeva un pomo, attratta, si fermava a raccoglierlo, perdendo così terreno e decretando, infine, la vittoria di Melanione. Così i due convolarono a nozze ma per i greci, e per i latini poi (tanto che del mito ci parla il nostro Ovidio nelle “Metamorfosi”), Atalanta rimase sempre simbolo della corsa per eccellenza.

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Alba Subrizio

Alba Subrizio

«E quel giorno che ha potere solo sul mio corpo e su null’altro, ponga pure fine, quando vorrà, alla mia vita. Con la miglior parte di me volerò eterno al di sopra degli astri e il mio nome non si potrà cancellare, fin dove arriva il potere di Roma sui popoli soggiogati, là gli uomini mi leggeranno, e per tutti i secoli vivrò della mia fama…». Così Publio Ovidio Nasone conclude il suo capolavoro “Le Metamorfosi”; sulla scia del grande Sulmonese. E, allora, eccomi qui a raccontarvi di miti, eziologie e pratiche del mondo antico… che fanno bene anche oggi.

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