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L’isteria. Un ‘disturbo femminile’?

Il termine deriva da ‘utero’. La lunga storia di un pregiudizio attraverso i secoli

L’isteria. Una malattia ‘femminile’?

Mi piace oggi parlare di una malattia (se così si può chiamare) tutta al femminile. Dato che ho terminato da poco il mio mandato come commissario esterno agli esami di Stato, mi è venuta in mente una ragazza che nel suo percorso sul “Pregiudizio” ha fatto riferimento all’isteria come forma di malattia ‘prettamente femminile’, nel senso che per secoli si è creduto che questo tipo di disturbo fosse proprio della natura muliebre, come se solo le donne potessero essere ‘isteriche’. Difatti, a ben guardare, l’etimologia del termine è da ricondurre al greco  ὑστέρα = hystéra, ossia “utero”. Eh già, perché per la medicina dell’epoca l’isteria era un’affezione causata da uno spostamento dell’utero all’interno del corpo della donna, che le procurava reazioni psicosomatiche; questo accadeva per lo più – stando ai racconti - in donne che non avevano avuto gravidanze e, di conseguenza, figli. I sintomi descritti nel “Corpus Hippocraticum” sono più o meno gli stessi di quelli attuali: una nevrosi con instabilità emotiva, talvolta accompagnata da disturbi motori, palpitazioni, sudorazione, fino a un vero e proprio stato di trance da cui alla fine la paziente si riaveva, come se fosse un vero e proprio risveglio. Tra i rimedi proposti da quasi tutti i medici dell’antichità ci sono fumigazioni o massaggi al ventre (atti a far tornare l’utero nella posizione giusta). Il primo a rigettare la teoria di un utero ‘errante’ per il corpo fu il medico greco Galeno di Pergamo (II sec. d.C.), che comunque attribuiva l’origine dalla malattia agli “umori” (malinconico, collerico, sanguigno e flemmatico), per cui la ritenzione delle secrezioni dell’utero avrebbe avuto ripercussioni sul sangue, portando a questo tipo di comportamento nevrotico. Inoltre, Galeno fu il primo ad affermare che questa malattia riguardava anche gli uomini, cosa che non fu più presa in considerazione per secoli, dato che dal Medioevo e per tutta l’età moderna donne che avevano disturbi di questo genere venivano scambiate per ‘possedute’ o streghe. Solo con l’avvento dell’Illuminismo (nel XVIII secolo) e successivamente della psicanalisi (‘900) si riuscì a studiare meglio il fenomeno, afferente alla psicosi. A lungo dunque le donne, represse nei secoli nelle loro aspirazioni e nei loro sentimenti, sono state bollate come ‘isteriche’, delle volte anche schernite per questo, senza tuttavia essere curate. Ecco perché è bene far luce sulla storia di un comunissimo vocabolo, che - a mio avviso - rappresenta tutt’oggi una forma di grave offesa rivolta al genere femminile…

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Alba Subrizio

Alba Subrizio

«E quel giorno che ha potere solo sul mio corpo e su null’altro, ponga pure fine, quando vorrà, alla mia vita. Con la miglior parte di me volerò eterno al di sopra degli astri e il mio nome non si potrà cancellare, fin dove arriva il potere di Roma sui popoli soggiogati, là gli uomini mi leggeranno, e per tutti i secoli vivrò della mia fama…». Così Publio Ovidio Nasone conclude il suo capolavoro “Le Metamorfosi”; sulla scia del grande Sulmonese. E, allora, eccomi qui a raccontarvi di miti, eziologie e pratiche del mondo antico… che fanno bene anche oggi.

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