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L’origine del mar Ionio. Perché la coda del pavone ha gli ‘occhi’?

Il mito di Io e le sue peripezie tra Argo e l’Egitto

L’origine del mar Ionio. Perché la coda del pavone ha gli ‘occhi’?

Correggio, Zeus possiede Io

Perché la coda del pavone sembra avere tanti “occhi”? E perché il mare che bagna alcune delle nostre coste si chiama Ionio? Apparentemente le due cose non potrebbero essere più distanti tra loro, ma in realtà sono legate allo stesso mito. I nostri antenati Greci ricorrevano spesso alla mitologia per spiegarsi il mondo reale e questa volta protagonista è Io, figlia del re di Argo. Io era una fanciulla bellissima e come tale non poteva passare inosservata a Zeus, che, pazzo d’amore (per l’ennesima volta!), decise di possederla. La ragazza tuttavia non voleva diventare l’amante di nessuno, foss’anche il re dell’Olimpo, il padre degli dèi in persona, e fuggì. Zeus, tuttavia, non era uno che si arrendeva facilmente (anzi forse i dinieghi lo eccitavano ancor più), per cui, trasformatosi in una nube (avete capito bene!), avvolse completamente la fanciulla e la possedette così. Nondimeno Era, accortasi dell’insolita nube e conoscendo bene tutti i travestimenti cui il marito era solito ricorrere per tradirla, intuì l’adulterio e sopraggiunse sul “luogo del misfatto”. Zeus, cercando di correre ai ripari, per non farsi scoprire, trasformò Io in una bianca giovenca, tuttavia Era chiese allo sposo di farle dono del candido animale: messo alle strette il dio non poté rifiutare. Era prese la giovenca/Io e la imprigionò ponendo a guardiano Argo, un mostro con cento occhi, che non dormiva mai (quando 50 dei suoi occhi riposavano, gli altri 50 erano desti, e viceversa). Zeus non sapeva cosa fare: era addolorato per aver gettato la povera fanciulla in tale situazione, così che inviò il buon Ermes/Mercurio da Argo. Il dio era noto per la sua funzione di messaggero degli dèi, nonché per la sua astuzia; pertanto, grazie alla sua musica ‘divina’, riuscì a far chiudere tutti gli occhi del mostro e ad ucciderlo, gettandolo da una rupe. Tuttavia Era, scoprì quanto accaduto e, da una parte, dispiaciuta per la fine di Argo, prese i suoi cento occhi e li collocò su un animale a lei sacro: il bellissimo pavone; dall’altra, ancora più adirata con la rivale, le gettò addosso il tafano. A questo punto la giovenca/Io si gettò in mare e dalla Grecia arrivò a nuoto in Egitto, dove finalmente, riprese le sue sembianze umane, generò Epafo (figlio avuto da Zeus), che divenne re di questo territorio. Per questo il poeta latino Ovidio racconta che il tratto di mare che Io attraversò a nuoto prese da lei il nome di Ionio. Vi è piaciuta questa leggenda?

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Alba Subrizio

Alba Subrizio

«E quel giorno che ha potere solo sul mio corpo e su null’altro, ponga pure fine, quando vorrà, alla mia vita. Con la miglior parte di me volerò eterno al di sopra degli astri e il mio nome non si potrà cancellare, fin dove arriva il potere di Roma sui popoli soggiogati, là gli uomini mi leggeranno, e per tutti i secoli vivrò della mia fama…». Così Publio Ovidio Nasone conclude il suo capolavoro “Le Metamorfosi”; sulla scia del grande Sulmonese. E, allora, eccomi qui a raccontarvi di miti, eziologie e pratiche del mondo antico… che fanno bene anche oggi.

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