IL MATTINO
AntichiRitorni
19.02.2017 - 00:04
Si narra che la ninfa Lara avesse sorpreso Giove (sempre lui!) ad ‘amoreggiare’ con sua sorella Giuturna e avesse riferito la cosa alla legittima consorte Giunone; per punire la ‘pettegola’ ninfa, il padre degli dèi ordinò che le fosse tagliata la lingua e dispose che Mercurio dovesse condurla negli Inferi, dove sarebbe rimasta confinata.
Nel nostro precedente articolo abbiamo parlato dei Lari, ovvero delle anime degli antenati defunti che vegliavano sul focolare domestico, ai quali proprio in questi giorni di febbraio si dovevano delle offerte. Un mito racconta che il nome di Lari, fosse ereditato dalla ninfa Lara, chiamata anche Tacita (poiché era muta), di cui apprendiamo dal libro II dei “Fasti” del poeta latino Ovidio. Si narra che la ninfa Lara avesse sorpreso Giove (sempre lui!) ad ‘amoreggiare’ con sua sorella Giuturna e avesse riferito la cosa alla legittima consorte Giunone; per punire la ‘pettegola’ ninfa, il padre degli dèi ordinò che le fosse tagliata la lingua e dispose che Mercurio dovesse condurla negli Inferi, dove sarebbe rimasta confinata. Tuttavia il buon Mercurio nell’accompagnare Lara nell’Ade, approfittando dell’occasione, le usò violenza; dallo stupro nacquero due gemelli: i “Lares compitales”, ai quali era affidato il compito di vigilare sulle strade della città. Si narra, inoltre, che il rito in onore di Lara/Tacita prevedeva che una vecchia, circondata da fanciulle, ponesse tre chicchi di incenso sotto la porta, poi, dopo aver legato tre fili ad un fuso scuro e si mettesse in bocca sette fave nere. Successivamente, doveva procurarsi un pesce (animale ‘muto’ per antonomasia), arrostirne nel vino la testa cosparsa di pece, per poi bere insieme alle ragazze la bevanda che ne derivava, non senza prima però aver inserito nella bocca del pesce un amo di rame e averla cucita. Il tutto stava a simboleggiare che bisognava essere “mute”, non spettegolare e non diffondere maldicenze, come aveva fatto la ninfa punita. Lara fu associata presto con le festività dei morti, forse perché, essendo muta, rappresentava il silenzio delle anime trapassate. E voi, avete mai usato le parole a sproposito per poi pentirvene amaramente? Del resto, come recita un noto proverbio, la parola è d’argento, il silenzio spesso è oro!
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