IL MATTINO
AntichiRitorni
07.08.2016 - 00:19
Pigmalione e la fanciulla d'avorio
Pigmalione trascorreva i giorni a baciare e adornare la ragazza d’avorio, trattandola come se fosse viva, credendo quasi che lo fosse per alcuni istanti, tanta era la suggestione creata dal sua desiderio
In questi ultimi mesi sempre più si sente parlare nel mondo della scuola, e non solo, di didattica inclusiva, di insegnamento attivo etc., e sempre più vivace è il dibattito tra pedagogisti e psicologi da una parte e docenti dall’altra, sempre più delicata è la linea di demarcazione per non invadere ciascuno il campo dell’altro. Ma lungi da me l’aggiungere un’ulteriore discussione a quelle già in corso, mi ha colpito sentir parlare di “effetto Pigmalione”. Di cosa si tratta? Si tratta di una sorta di ‘profezia autoavverante’, ossia «una forma di suggestione psicologica per cui le persone tendono a conformarsi all’immagine che altri individui hanno di loro, sia essa un’immagine positiva che negativa». Purtroppo di questo ‘effetto’ sono vittima molti insegnanti (e lo dico da docente rammaricata), e di conseguenza molti discenti (bambini o ragazzi che siano), i quali vengono ‘bollati’ dall’insegnante di turno quasi con un ‘marchio’ (quello del fannullone, del disadattato, del “sei bravo ma non troppo”, del combinaguai o disturbatore, ad es.), per cui, a furia di essere trattato come tale, il ragazzo si adeguerà all’immagine che gli altri hanno di lui, divenendo, nei fatti, davvero come il docente lo aveva immaginato. A parlare per la prima volta di “effetto Pigmalione” e delle sue ripercussioni sull’apprendimento è stato Robert Rosenthal, uno psicologo tedesco che escogitò un esperimento per cui, sottoponendo gli alunni di una scuola ad un test, ne selezionò a caso alcuni dicendo che erano stati più intelligenti di altri; sulla base di questa ‘suggestione’ le insegnanti trattarono in maniera tale questi ragazzi da influenzarli positivamente con il loro atteggiamento, così che nel giro di un anno Rosenthal constatò che effettivamente il rendimento scolastico di questi ultimi era nettamente migliorato, perché si era creduto in loro. Il motivo per cui vi ho parlato di questa storia è per riportarvi all’antico mito da cui questo “effetto” prende il nome, ovvero quello di Pigmalione. Come racconta Ovidio (nel X libro delle “Metamorfosi”), questo giovane scultore di Cipro, indignato e disgustato dal comportamento del genere femminile, dai difetti legati alla natura delle donne, decise di vivere da celibe, fino a quando un giorno scolpì una statua d’avorio, ritraente una fanciulla di bellezza superiore a qualsiasi donna vivente, al puntò che fu preso da passione ardente per la sua opera. Pigmalione trascorreva i giorni a baciare e adornare la ragazza d’avorio, trattandola come se fosse viva, credendo quasi che lo fosse per alcuni istanti, tanta era la suggestione creata dal sua desiderio; fu così che durante le feste dedicate a Venere, la dea esaudì il giovane, rendendo di carne e ossa la fanciulla. Il mito può apparire ben lontano da quello che si intende per “effetto Pigmalione” oggi, tuttavia fornisce un punto di riflessione che gli antichi Greci avevano individuato prima di noi: se immagini che una cosa sia tale, nella tua mente diverrà reale. Ben lo aveva compreso George Bernard Shaw che nel 1938 mise in scena la commedia “Pygmalion”, ispirata al mito antico, ma che trattava dell’esperimento di trasformare una popolana dai modi sgradevoli in una signora di gran classe insegnandole la fonetica e l’etichetta; da qui il celebre musical del 1964 con Audrey Hepburn e Rex Harrison, “My fair lady”, che tutti conosciamo.
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