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L’Acquario, ovvero Ganimede e l’amore omoerotico

Orbene, se siete del segno dell’acquario ricordate che in voi c’è in fondo un eterno giovinetto e, chissà… magari da qualche parte c’è una divinità che vi ama.

L’Acquario, ovvero Ganimede e l’amore omoerotico

Cratere con Zeus e Ganimede

Siamo ormai nella costellazione dell’acquario, che nella lingua latina (“aquarius”) indicava propriamente il “portatore d’acqua”; tale fu appunto Ganimede, che dalla sua brocca versava acqua e nettare agli dèi. La leggenda infatti vuole che Zeus rese immortale il suo pupillo ‘ponendolo tra le stelle’

C’era una volta un giovinetto, figlio di Troo (mitico fondatore di Troia) e della naiade Calliroe; il ragazzo si chiamava Ganimede e si racconta che fosse talmente bello, ma talmente bello, che tanti erano coloro che avevano letteralmente perso la testa, nella bramosia di possederlo, da Minosse (re di Creta) a Tantalo (re della Lidia), fino al grande e potente Zeus… ma anche Eos, dea dell’aurora (ebbene sì, anche una donna, strano ma vero!). Un giorno, mentre il bel giovinetto era sul monte Ida, il buon Zeus, tramutatosi in aquila, lo rapì e lo portò con sé sull’Olimpo, facendo di lui il coppiere degli dèi e – inutile dirlo – suscitando ancora una volta la gelosia della sua sposa Era, che si vedeva continuamente tradita ora con altre dee, ora con ninfe, ora con donne mortali e adesso finanche con un bel ragazzino dalle sembianze efebiche. Ma vi starete chiedendo perché vi raccontiamo proprio questa storia. Ebbene, siamo ormai nella costellazione dell’acquario, che nella lingua latina (“aquarius”) indicava propriamente il “portatore d’acqua”; tale fu appunto Ganimede, che dalla sua brocca versava acqua e nettare agli dèi. La leggenda infatti vuole che Zeus rese immortale il suo pupillo ‘ponendolo tra le stelle’; non è un caso che l’aquila che lo rapì è ricordata nella costellazione vicina, avvalorando tale identificazione. Inutile dire che la storia di Ganimede fu citata innumerevoli volte dai poeti antichi greci e latini, primo fra tutti Omero, che lo definisce «il più bello fra gli uomini mortali», poi Teognide che è il primo che cita questo mito come ‘exemplum’ a favore della pederastia: «È dolce amare i ragazzi, se una volta di Ganimede si innamorò anche il figlio di Crono, il re degli immortali», fino a Virgilio, Properzio, Ovidio e tanti altri, tra cui troviamo anche un autore cristiano come Sant’Agostino, che nel “De civitate Dei” così ne parla: «Egli [Zeus], intento a sedurre le donne, soltanto con Ganimede infamò il cielo». Orbene, se siete del segno dell’acquario ricordate che in voi c’è in fondo un eterno giovinetto e, chissà… magari da qualche parte c’è una divinità che vi ama.

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Alba Subrizio

Alba Subrizio

«E quel giorno che ha potere solo sul mio corpo e su null’altro, ponga pure fine, quando vorrà, alla mia vita. Con la miglior parte di me volerò eterno al di sopra degli astri e il mio nome non si potrà cancellare, fin dove arriva il potere di Roma sui popoli soggiogati, là gli uomini mi leggeranno, e per tutti i secoli vivrò della mia fama…». Così Publio Ovidio Nasone conclude il suo capolavoro “Le Metamorfosi”; sulla scia del grande Sulmonese. E, allora, eccomi qui a raccontarvi di miti, eziologie e pratiche del mondo antico… che fanno bene anche oggi.

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