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La politica che non c'è

La politica che non c'è

Scendendo in strada, riuscireste a distinguere un fascista da un comunista? Un tempo si. Ma adesso il fascista, il comunista, ma anche il liberale e il democristiano sono etichette senza senso. Come siamo arrivati a questo? In realtà siamo disorientati perché la maggior parte di noi, io per primo, ha sempre identificato la "politica" con le ideologie che è sempre stata abituata a frequentare e a conoscere. Ma adesso che non ci sono più, questo vuol dire che la politica non esiste? In realtà, quale che sia l'ideologia sottesa ad una parte politica in Italia -intesa questa come una serie di valori e di principi che ne guidino le scelte- il venire meno dei valori tradizionali non è la causa di questa situazione ma solo l’effetto di un attacco portato da un nemico interno e da un avversario esterno. Il primo è il comune sentire della cittadinanza, troppo schizofrenico per non pensare che non sia una operazione di propaganda, come vedremo. Il secondo: la politica europea inaugurata dopo la guerra mondiale.

L'idea generale diffusa ormai nel Paese è che il politico è un privilegiato, ad essere buoni, e un ladro, ancora a voler essere buoni. Non vi dico qual è l'idea a voler essere cattivi perché non sono portato al turpiloquio. Inutile dire quanto questa idea sia esagerata, ma esiste. Il politico gestisce un potere: risorse, uomini, mezzi; se ben amministrate il mondo a lui affidato funziona. Altrimenti implode, e viene distrutto. Ma la buona gestione è propria anche di un condominio, o di una azienda, piccola o grande che sia. Quello che distingue l'uomo politico dall'uomo di potere è proprio la presenza di un particolare e condiviso modo di concepire la società. Che però non troviamo più in nessuno. Di qui la reazione del cittadino, che non vede più, ai posti di comando, qualcuno con cui essere d'accordo o meno, ma solo chi si arricchisce a suo danno. Perché gli è rimasto "soltanto" il potere. Questo è ormai la Politica in Italia: solo potere. Per gestire e, volendo, gestire bene. Tutto qui. Questa separazione tra ideale e forza non è la conseguenza di una scelta perversa, ma una necessità, perché non ci è rimasta più alcuna visione del mondo.

E qui l’avversario esterno compare. A torto o a ragione è stato più forte, ha montato il cittadino trasformandolo, ne sono convinto, nel nemico descritto prima ed ha sottratto, rubato, traslato e messo in vetrina –come le spoglie di un santo– tutte le idee alle quali eravamo abituati: l'ideologia appunto. Che si è spostata a Bruxelles, dove il cambiamento del mondo intero è stato concepito ed attuato, superando le vecchie concezioni del proprio cortile. Giusto o sbagliato che sia, qualcun altro sta facendo politica al nostro posto. In Italia sono rimasti solo amministratori, che litigano tra di loro per gestire questo enorme condominio/nazione, vantando di essere i migliori. Ma non c'è ideologia nella efficienza: solo potere. E ancora stiamo qui a cantarci la storia delle primarie, per vedere chi è più comunista, mentre in quel simulacro di destra che ormai non riconosce più nemmeno se stessa, si usa ancora la forza per imporre le proprie scelte (non certo idee). Ma il vuoto che c'è dietro queste contese urla. E invoca il ritorno di un confronto politico che non tornerà, perché qui non c'è ne è più bisogno. È  invece a Bruxelles che bisogna guardare. Non troveremo comunisti né fascisti, ma certo riusciremo a distinguere i rappresentanti delle nuove idee che governano il potere distribuito qui in periferia. È lì che dobbiamo guardare per difendere il nostro mondo e i nostri valori. Per tornare a fare Politica.

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Marco Scillitani

Marco Scillitani

È nato nel 1967, il 23 novembre, giorno che gli ha consentito di festeggiare un compleanno indimenticabile con il terremoto del 1980. Fa l'avvocato non per vivere, ma perché lo trova interessante e, non avendo mai saputo usare le mani gli è parso il metodo più efficace per raddrizzare le cose storte. Insegna Magia e Formule all'Università, ma di nascosto. Chi lo ascolta crede che parli di Procedura penale. Solo il titolare della cattedra se ne è accorto ma fa finta di niente. Da piccolo ha cominciato a osservare quello che gli accadeva intorno, collezionando storie e territori immaginari. Quando qualcuno glielo chiede, le restituisce. Ma non si assume responsabilità.

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