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Quando i baci non erano quelli Perugina, ecco il vocabolario latino dei baci

E poi c'era il diritto, tutto romano, di baciare sulle labbra la parente donna, per controllare che questa non avesse bevuto vino, bevanda interdetta ad una matrona che si rispetti, che, se scoperta, poteva essere severamente punita, finanche con la morte.

Quando i baci non erano quelli Perugina, ecco il vocabolario latino dei baci

Affresco da Pompei

E, comunque, ci sono baci e baci: «Mentre il basium è proprio del coniuge, gli oscula si danno agli amici e i piacevoli sauia sono scambiati con piccole labbra lascive»

“Dammi un bacio”, “Mi dai un bacetto?”, quante sfumature possiamo attribuire a queste frasi? Certamente più di una, a seconda della persona che lo chiede o di quella a cui lo chiediamo, del contesto… e così via; non a caso, in questo, la lingua italiana si presta bene a ‘giocare’ sui doppi sensi ma non era così per la lingua latina, che possedeva invece un preciso ‘lessico dei baci’. In latino abbiamo tre vocaboli per indicare il bacio: osculum, savium e basium. Non è un caso che il nostro “bacio” derivi proprio da quest’ultimo che era il termine ‘popolare’, ossia del linguaggio appartenente al volgo, mentre i primi due (termini della lingua ufficiale e letteraria) si sono persi nel graduale passaggio dal latino al volgare italiano. Orbene, così scriveva Isidoro, vescovo di Siviglia e autore del VII sec. d.C., «diciamo di dare un osculum ai figli, un basium alla moglie, un sauium alla prostituta. Così pure l’osculum indica l’amore, il basium l’affetto, il sauium il piacere. È quanto un tale ha ben distinto con questi versi: “Mentre il basium è proprio del coniuge, gli oscula si danno agli amici e i piacevoli sauia sono scambiati con piccole labbra lascive”». Capiamo bene che l’osculum era il bacio utilizzato in contesto familiare o sociale, mentre savium e basium erano i termini indicanti un tipo di bacio più erotico, solo che il secondo ha una sfumatura più affettuosa e meno lasciva rispetto al primo. Non a caso, in campo letterario, è osculum il termine più attestato, così come di “osculum pacis” (bacio della pace) si parla nel cristianesimo. Si tratta di una pratica diffusa nei primi secoli d’età cristiana, per cui si usava scambiarsi la pace con dei baci casti sulle labbra, in segno di fratellanza; la consuetudine non è così nuova, dato che già lo storiografo greco Erodoto attestava che presso i Persiani ci si salutava con un bacio sulle labbra tra coloro che appartenevano allo stesso ceto sociale, mentre sulla mano per i subalterni. Tuttavia ben presto tale pratica tra i cristiani fu giudicata inappropriata e dunque l’“osculum pacis” era consentito solo tra membri dello stesso sesso, fino poi, col tempo, a ridursi ad una semplice stretta di mano, come nella liturgia attuale, quando ci si scambia la pace prima dell’eucarestia. Concludiamo con una pratica tutta romana: il “ius osculi”, ovvero i membri di una stessa famiglia avevano il diritto di baciare sulle labbra la parente donna, per controllare che questa non avesse bevuto vino, bevanda interdetta ad una matrona che si rispetti, che, se scoperta, poteva essere severamente punita, finanche con la morte. Alle nostre lettrici e ai nostri lettori non posso che augurare di ricevere tanti ‘baci’, come quelli di catulliana memoria:

 

Vivamus, mea Lesbia, atque amemus,

rumoresque senum severiorum

omnes unius aestimemus assis.

Soles occidere et redire possunt:

nobis cum semel occidit brevis lux,

nox est perpetua una dormienda.

Da mi basia mille, deinde centum,

dein mille altera, dein secunda centum,

deinde usque altera mille, deinde centum,

Dein, cum milia multa fecerimus,

conturbabimus illa, ne sciamus,

aut ne quis malus invidere possit,

cum tantum sciat esse basiorum.

(Catullus, carm. V)

 

Viviamo, mia Lesbia, ed amiamo,

e ogni mormorio perfido dei vecchi

valga per noi la più vile moneta.

Il giorno può morire e poi risorgere,

ma quando muore il nostro breve giorno,

una notte infinita dormiremo.

Tu dammi mille baci, e quindi cento,

poi dammene altri mille, e quindi cento,

quindi mille continui, e quindi cento.

E quando poi saranno mille e mille,

nasconderemo il loro vero numero,

che non getti il malocchio l’invidioso

per un numero di baci così alto.

(traduzione di Salvatore Quasimodo)

https://www.youtube.com/watch?v=r6G_TOaHdU8

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Alba Subrizio

Alba Subrizio

«E quel giorno che ha potere solo sul mio corpo e su null’altro, ponga pure fine, quando vorrà, alla mia vita. Con la miglior parte di me volerò eterno al di sopra degli astri e il mio nome non si potrà cancellare, fin dove arriva il potere di Roma sui popoli soggiogati, là gli uomini mi leggeranno, e per tutti i secoli vivrò della mia fama…». Così Publio Ovidio Nasone conclude il suo capolavoro “Le Metamorfosi”; sulla scia del grande Sulmonese. E, allora, eccomi qui a raccontarvi di miti, eziologie e pratiche del mondo antico… che fanno bene anche oggi.

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