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All’ombra del Cipresso… ecco perché è l'albero dei defunti

L’associazione di quest’albero con gli estinti, già sostenuta dai nostri antenati latini, ha tuttavia una spiegazione più antica, che affonda le sue radici nel mito.

All’ombra del Cipresso… ecco perché è l'albero dei defunti

metamorfosi di Ciparisso

Perché proprio il cipresso? Perché è questo l’albero deputato a fare ombra sulle tombe dei nostri defunti? Già Servio (grammatico latino del IV sec.) affermava che «il cipresso era una pianta consacrata agli Inferi; secondo l’usanza romana era posto dinanzi ad una casa ‘a lutto’, affinché il pontifex [sacerdote romano] non si ‘contaminasse’ entrando». L’associazione di quest’albero con gli estinti, già sostenuta dai nostri antenati latini, ha tuttavia una spiegazione più antica, che affonda le sue radici nel mito. Ciparisso era un bellissimo giovane di Ceo (secondo Ovidio, ma secondo Servio era di Creta, isola ricca di cipressi), seguace e pupillo del dio Apollo, che gli donò uno splendido cervo dalle corna d’oro. Il mansueto cervo era il migliore amico di Ciparisso, che non amava altri se non l’animale; ma un giorno, mentre il cervo riposava presso una fonte, il ragazzo cominciò a dare la caccia ad una volpe, correndo nel bosco con arco e frecce. Ad un certo punto vide qualcosa muoversi dietro un cespuglio e scagliò il dardo, ma immediatamente un sordo bramito gli gelò il cuore, avendo intuito che aveva ucciso proprio ciò che gli era più caro, il suo cervo. Da quel momento nulla poté consolare Ciparisso, chiuso in un pianto silenzioso e senza fine, al punto che il dio Apollo, mosso a pietà, chiese al giovane cosa potesse fare per consolarlo; lui rispose che la sua unica consolazione sarebbe stata quella di vivere in eterno per poter piangere il cervo che amava. Così le sue membra cominciarono a diventare verdi, le mani e i capelli si trasformarono in rami, fino a quando la metamorfosi non fu completa e Ciparisso divenne l’albero di cipresso che da lui prende il nome: «Io piangerò te, tu piangerai gli altri e sarai compagno a chi soffre» queste le parole che Ovidio - nel libro X delle “Metamorfosi” - attribuisce al dio Apollo. Per tale motivo – chiosa il ‘grammaticus’ Servio – il cipresso, albero sempreverde, è «destinato ai defunti».

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Alba Subrizio

Alba Subrizio

«E quel giorno che ha potere solo sul mio corpo e su null’altro, ponga pure fine, quando vorrà, alla mia vita. Con la miglior parte di me volerò eterno al di sopra degli astri e il mio nome non si potrà cancellare, fin dove arriva il potere di Roma sui popoli soggiogati, là gli uomini mi leggeranno, e per tutti i secoli vivrò della mia fama…». Così Publio Ovidio Nasone conclude il suo capolavoro “Le Metamorfosi”; sulla scia del grande Sulmonese. E, allora, eccomi qui a raccontarvi di miti, eziologie e pratiche del mondo antico… che fanno bene anche oggi.

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