IL MATTINO
AntichiRitorni
26.07.2015 - 02:46
J.W. Waterhouse, Ulisse e le Sirene
Il tragediografo Euripide (V sec. a.C.) le definisce «vergini piumate», mentre Apollonio Rodio (libro IV delle “Argonautiche”) narra che «apparivano in parte simili a fanciulle e in parte ad uccelli» e ci informa che, prima di Ulisse, le aveva ‘affrontate’ il mitico cantore Orfeo, battendole nel canto.
Ammaliatrice, bellissima, sovrannaturale creatura, così viene considerata nella ‘communis opinio’ la sirena; eppure la tradizionale immagine di una creatura metà pesce e metà donna è assai più recente di quanto si pensi. La prima volta che si sente parlare di sirene è nell’“Odissea”, chi di noi non ricorda – vuoi per averlo letto a scuola, vuoi per aver visto una delle trasposizioni cinematografiche – l’episodio di Odisseo che, pur messo in guardia sul potere nefasto della ‘voce’ delle sirene, decide di sentire comunque il ‘canto ammaliatore’, grazie all’escamotage di farsi legare all’albero della nave? Certamente ne abbiamo tutti memoria, ma se ben ricordate le sirene non si vedono, Omero non le descrive; questo perché ad essere incantatore e maliardo non era l’aspetto delle sirene ma il loro canto, un canto di morte. Nella mitologia antica le sirene erano, in realtà, creature ibride sì ma metà uccello e metà donna, secondo alcune fonti addirittura mostruose, in virtù del fatto di essere entità legate al mondo degli Inferi. Il tragediografo Euripide (V sec. a.C.) le definisce «vergini piumate», mentre Apollonio Rodio (libro IV delle “Argonautiche”) narra che «apparivano in parte simili a fanciulle e in parte ad uccelli» e ci informa che, prima di Ulisse, le aveva ‘affrontate’ il mitico cantore Orfeo, battendole nel canto. Più diffusamente il poeta latino Ovidio narra che in origine le sirene erano fanciulle, amiche di Persefone; quando questa fu rapita da Ade (il dio degli Inferi), per il dolore chiesero agli dèi di potersi fermare sulle onde col remeggio delle ali, affinché il mare sentisse la loro pena, tuttavia «perché il vostro canto, nato a blandire le orecchie, e il tesoro della vostra bocca non perdesse l'uso della lingua, vi restò volto di vergini e voce umana» spiega Ovidio. A ben guardare, infatti, compito delle sirene era essere al servizio di Persefone (dea degli Inferi e dunque essa stessa Morte), ossia procacciare anime al regno di Ade, e se la loro funzione mortifera falliva, allora erano loro a morire (come avviene nell’episodio omerico). È il Medioevo a decretare, nell’immaginario collettivo, il passaggio di tali creature da esseri ornitomorfi a ittiomorfi. Ovvero è nei libri di ‘bestiari’ medievali che il mito della sirena classica si fonde con quello di altre creature mitologiche, semidivinità marine per lo più (come le Ondine), generando l’immagine delle sirena oggi cara a tutti, che, passando tra le varie leggende dell’Europa, ha finito per essere legittimata nell’età moderna dalla penna del danese Andersen. Tuttavia, mentre la lingua italiana ha sovrapposto (in un unico termine) questi due tipi di creature ibride (ma quanto mai differenti tra loro per funzioni e status), nei Paesi di lingua anglofona, invece, si conserva la distinzione, così che “Siren” indica la creatura mitologica classica (simile alle arpie), mentre “Mermaid” è la bellissima donna con la coda di pesce. Si badi, nondimeno, che il termine ha svariate etimologie che vanno dal verbo greco “syrízo” (sibilare, suonare), a “seirάo” (irretire, tirare con la fune), oppure al semitico “sir” (cantare); da questi vocaboli deriva l’italiano ‘siringa’ (lo strumento musicale) ma anche ‘sirena’, intesa come apparecchio che produce segnali acustici, il cui termine – veniamo a scoprire – non ha nulla a che fare con la bella fanciulla descritta da Andersen, bensì deriva il suo nome dal canto delle mitiche creature mortifere. E voi, d’ora in poi, a quale ‘sirena’ penserete?
edizione digitale
Il Mattino di foggia