IL MATTINO
AntichiRitorni
19.04.2015 - 10:46
A differenza di quanto accade oggi, per cui ‘adulterio’ è sinonimo di ‘tradimento’ o di violazione della fedeltà coniugale, ben diversa e complessa era la sua concezione nel mondo romano; per capirlo è utile risalire all’etimologia del termine, derivante dal latino “adulterare”, ossia “mescolare, contaminare” [il sangue]
La Lex Iulia de adulteriis coercendis, emanata da Augusto nel 18 a.C., puniva severamente i reati di adulterio, lenocinio e stupro. In particolar modo ad essere avvertito come ‘crimine’ dannoso non solo per il singolo ma per l’intera comunità era l’adulterio. A differenza di quanto accade oggi, per cui ‘adulterio’ è sinonimo di ‘tradimento’ o di violazione della fedeltà coniugale, ben diversa e complessa era la sua concezione nel mondo romano; per capirlo è utile risalire all’etimologia del termine, derivante dal latino “adulterare”, ossia “mescolare, contaminare” [il sangue]. Cicerone parla di “turbatio sanguinis”, dal momento che tale reato generava una ‘confusione di sangue’ nella discendenza. In virtù di ciò, l' "adulterium" era sicuramente considerato tra i crimini più empi e nocivi per la “civitas romana”, dal momento che colei che intraprende una relazione al di fuori delle “iustae nuptiae”, contamina irrimediabilmente il sangue della “familia”, compromettendo la genuinità della stirpe e la sua continuazione; del resto, questo reato non era avvertito solo come ‘danno verso il singolo’, bensì rientrava nella tipologia dei crimini ritenuti lesivi per l'intera comunità, in quanto capace di turbare i fondamenti stessi su cui poggiavano la “res publica” e il diritto romano. Ma perché, secondo i nostri antenati romani l’adulterio contaminava il sangue, provocando di conseguenza la generazione di una ‘prole confusa’? Nell’immaginario antico era il padre a generare il “semen” da cui ha origine la vita, mentre la donna era considerata semplice ‘contenitore’; in virtù di ciò, capiamo bene, che la conseguenza di un atto adulterino era, per il mondo antico, la mescolanza di due semi maschili (quello del legittimo consorte e quello dell’amante), in cui la donna fungerebbe solo da ‘medium’: di qui la contaminazione della stirpe. Per quanto ciò appaia assurdo per la scienza moderna, tale spiegazione fa luce su un adulterio mitico, quello di Pasifae, moglie del re di Creta Minosse. L’adulterio di Pasifae va oltre i limiti dell’immaginario antico, dato che il partner/amante è in questo caso un toro; difatti, il mito racconta che, spinta da irrefrenabile passione per l’animale, la regina si unì spudoratamente e illecitamente a lui, generando quel ‘mostro’ mitico che tutti conoscono come Minotauro, metà uomo, metà toro, poi rinchiuso nel labirinto di Cnosso. Contrariamente all’opinione comune che considera la creatura come ibrido, frutto di una relazione tra una donna umana e un animale, il Minotauro va considerato, alla luce di quanto detto, come frutto della fusione del ‘sangue’ di due padri (il re Minosse e il toro), di cui è visibile la traccia anche nel nome: Minos + tauros.
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