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I pensieri dell'Altrove

Io penso da femmina. E quindi...

Da sempre il femminile ha dovuto, come le mosche, avere occhi non solo frontali, ha dovuto, per difesa e per cultura, adottare movimenti psicologici circolari per poter vedere anche quello che ci è stato nascosto o derubato.

Io penso da femmina. E quindi...

Io di notte penso. Il corpo è orizzontale, ma la testa in piedi, verticale verso le idee. Il silenzio fa ascoltare meglio le parole mute, fa coagulare i punti dell'attenzione, fa memorizzare meglio. Le pensate sono lunghe perché comprendono le cose appena trascorse e quelle che saranno, le occupazioni e le preoccupazioni, i nodi da risolvere e le questioni da capire, la pazienza da rinforzare e la forza da incoraggiare. Tutto spinto verso un orientamento pratico ma sentimentale, cioè  non togliendo alla concretezza del fare i tessuti nervosi dell'emotività. E questo perché io penso da femmina, do al sistema rigido della  'ragione' la liquidità calda delle sensazioni, delle intuizioni, delle percezioni. Io, da femmina, di ogni occasione umana ne faccio uno studio, uno scavo, una possibilità, non solo uno schema utilitaristico o produttivo. Di ogni situazione ne valuto le consistenze  e le profondità, non solo i perimetri. E questo  perché secondo il mio punto di vista da sempre il femminile ha dovuto, come le mosche, avere occhi non solo frontali, ha dovuto, per  difesa e per cultura, adottare movimenti psicologici circolari per poter vedere anche quello che ci è stato nascosto o derubato. D'altra parte, siamo chiamate da sempre ad assumere ruoli e funzioni lontani e diversi fra loro, e senza nessun supporto da parte di una società indifferente e presuntuosa ci mutiamo in elastici umani portatori di energie e capacità. Capacità di cambiare le lenzuola ed essere bravi medici, politici, docenti; fare le polpette ed occuparsi, come una grande quercia accogliente, contemporaneamente di lavoro, genitori, figli, cani, gatti, amici e nipoti. Avere la febbre ma essere ugualmente presenti, operative, lucide. Abbiamo una interiorità concettuale polifunzionale, un nostro abbraccio ha le mani aperte sulle spalle, fa sentire contento il fegato e fa l'occhiolino al cuore. Sempre. Sarà per questi nostri densi significati che il dialogo con i maschi a volte è un po' stentato, pregiudizievole, non convinto. Ci sono sicuramente responsabilità storiche e culturali, ma non si può negare che, nel nostro tempo post moderno, si individuano ancora pesanti responsabilità individuali. È biologico sostenere le diversità psicologiche, servono alla causa della storia della vita, ma sarebbe utile pensare a delle aspettative di maggiore avvicinamento alla introspezione ed alla tenerezza, alle analisi scomode, a delle convergenze più strette che dilazionino la consapevolezza che, un attimo prima della passione e un transitorio tempo dopo l'amore, si corra quasi sempre il rischio di farsi male sbattendo contro lo spigolo della incomunicabilità. E noi  spesso ce ne accorgiamo, in anticipo. Allenate dal dolore e dalla sensibilità, dal senso dell'inizio e della fine, dalla significativa parentela stretta col sangue, che è ferita e relazione intima. In anticipo, e così tanto allenate che nei nostri vissuti ci succede di avere anche la capacità di capire che stavamo, per qualcosa o per qualcuno, già soffrendo prima ancora di soffrire. Irrimediabilmente in anticipo.

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Mariantonietta Ippolito

Mariantonietta Ippolito

Il pensiero è la forma più inviolabile e libera che un individuo possa avere. Il pensiero è espressione di verità, di crudezza, di amore. Quando il pensiero diventa parola il rischio della contaminazione della sua autenticità è alto. La scrittura, invece, lo assottiglia, ma non lo violenta. Io amo la scrittura, quella asciutta, un po’ spigolosa, quella che va per sottrazioni e non per addizioni. Quella che mi rappresenta e mi assomiglia, quella che proverò a proporre qui. Dal mondo di “Kabul” al vasto mondo dei pensieri dell’”altrove”.

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